Gennaio 2018 – The Cure – PORNOGRAPHY (1982)

Pornography

 

Data di pubblicazione: 3 maggio 1982
Registrato a: RAK Studios (London)
Produttore: Phil Thornalley & The Cure
Formazione: Robert Smith (voce, chitarre, tastiere, violoncello), Simon Gallup (basso, tastiere), Lol Tolhurst (batteria, tastiere)

 

 

Lato A

 

                        One hundread years
                        A short term effect
                        The hanging garden
                        Siamese twins

 

Lato B

 

                        The figurehead
                        A strange day
                        Cold
                        Pornography

 

 

 

Ian Curtis, in confronto, era uno spasso
(il NME su Pornography)

 

Robert Smith è un’icona, l’espressione massima di un movimento che, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, prenderà il sopravvento nella popoular song degli anni ’80. Tanto iconica a tal punto che per dare un’immagine alla rockstar in decadenza, Paolo Sorrentino ricostruirà proprio la sua figura addosso a Sean Penn per Cheyenne in This must be the place.
L’associazione di idee tra il gothic, il dark e i Cure è tanto scontata, quanto del tutto appropriata per sottolineare un aspetto del rock, che con loro non sarà solo una questione di immagine.
Andando per ordine, i Cure sono formati da tre giovani di Crawley, che con la classica formazione, voce, chitarra, basso e batteria, reinventano un linguaggio, in seno al punk, contaminandolo con una poetica decadente e funerea e una formula che non disdegna la melodia e l’immediatezza. E se i Joy Division erano l’animo dark proveniente da Manchester, i Cure saranno il loro più efficace contraltare in terra patria. Affinità e divergenze che comunque produrranno qualcosa di incredibilmente indimenticabile. Attitudini del tutto particolari che affiorano nel singolo Boys don’t cry, e che troveranno maggiore espressione nell’indimenticabile disco d’esordio Three imaginary boys, dove bruciano gioiose ambizioni giovanili.
Ma il clima comincia a incupirsi inesorabilmente dal secondo disco Seventeen seconds, dove le esuberanze power-pop dei primi passi si stempera per navigare su mari di riverberi e dilatazione delle tracce proposte. I ritmi si rallentano, e la voce di Robert Smith a tratti diventa una sorta di lamento ultraterreno. E se il terzo album, Faith ha legami molto stretti e profondi con i Joy Division, è con il quarto album che per la band di Robert Smith arriva il definitivo capolavoro di una prima fase tutta dedita all’incupimento dei toni, ai testi funerei, all’assottigliamento delle zone d’ombra.
Pornography non è quindi solo uno dei dischi migliori dei Cure, ma rappresenta uno dei punti saldi della New Wave brittannica, soprattutto della Dark Wave. Le ansie, le paranoie, le ossessioni di Robert Smith si fondono facendo soccombere l’atmosfera in una sorta di tragedia esistenziale. Il mood sanguinante e violento che aleggia nei testi, nella musica, nelle interpretazioni, apre alla visione di un artista che declama e interpreta la sua arte come se fosse un condannato a morte in attesa di esecuzione.
Apre una robotica e ossessiva One hundread years, dove il tema della morte subito abbraccia l’ascoltatore in un rapporto estremo, lancinante, strenuamente depressivo. Rimpianto e sofferenze, perdite e utopie emergono come ferite ancora sanguinanti. E il clima non cambia nella febbre ritmica di A short therm effect, dove il suono e gli effetti delle chitarre paiono l’acqua oscura che bagna l’anima di pece nera. Il ritmo tribale e frenetico che apre The hanging garden pare venire direttamente da un cuore malato, mentre la danza ipnotica, all’insegna della rarefazione estrema, chiude il primo lato senza che vi siano stati sprazzi di luce.
The figurehead si riallaccia alle tracce sonore sporche lasciate da A short therm effect, mentre Robert Smith si lancia in modo ancora più stralunato e disperato su una A strange days languidamente malata. L’oscura psichedelia che anima Cold è una sorta di requiem solenne e afflitto, e chiude una title-track spettrale, tribale, apocalittica, mentre si dimenano stralunate distorsioni.
Pornography è un disco importante. Non solo rappresenta un genere, ma in un certo qual modo anticipa, per dinamiche e psicosi chitarristiche, qualcosa che prenderà corpo sul finire del decennio e che con i My Bloody Valentine chiameremo Shoegaze. Dopo questo disco avvertiranno il bisogno di “alleggerirsi” un po’ (anche perché più opprimente di così c’è solo la morte!), incidendo un paio di dischi di notevole caratura, arrivando a Disintegration, l’altro capolavoro del secondo periodo. Il resto sarà fatto da una sempre maggiore esposizione di Robert Smith a sfavore dei suoi compagni di viaggio, e altre storie. Ma Pornography comunque è l’album che li rappresenta, il disco dove hanno raggiunto il punto in cui (citando End) “mollare e continuare sono lo stesso vicolo cieco”.

 

 

Chissà cosa si cela dietro Robert Smith. E chissà se il suo estro e la sua genialità sono davvero, come da più parti si sostiene, il logico riflesso di una schizofrenia alla quale è impossibile porre rimedio!
(Federico Guglielmi)

Gennaio 2018 – The Cure – PORNOGRAPHY (1982)ultima modifica: 2018-01-04T08:53:18+01:00da pierrovox

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