Gennaio 2018: Antony & The Johnsons – ANTONY & THE JOHNSONS (2000)

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Data di pubblicazione: 2000
Registrato a: New York
Produttore: Antony Hegarty
Formazione: Antony Hegarty (voce, piano), François Gehin (basso), Vicky Leavitt (violoncello), William Basinski (clarinetto), Barb Morrison (clarinetto, sassofono), Todd Cohen (batteria), Mariana Davenport (flauto), Charles Neiland (chitarre), Baby Dee (arpa), Cady Finlayson (violino), Liz Maranville (violino)

 

Tracklist

 

                        Twilight
                        Cripple and the starfish
                        Hitler in my heart
                        Atrocities
                        River of sorrow
                        Rapture
                        Deeper than love
                        Divine
                        Blue angel

 

 

Un po’ Brian Ferry, un po’ Kate Bush, Antony è un cantastorie
dalle sfumature gender con una voce vibrante e inquietante
(da Rolling Stone)

La cosa più squisita che ascolterete in tutta la vostra vita”
(Laurie Anderson)

 

Lou Reed è un personaggio a cui resteremo eternamente grati, per la sua poesia ai margini del borderline, per il suo incedere dalla parte sbagliata, per il decadentismo rock, perché era una leggenda, ma anche perché è grazie a lui se un personaggio istrionico e particolare come Antony ha ottenuto la più che meritata attenzione nel mondo del pop. Si ricordino ad esempio la partecipazione di Antony nell’album progetto dedicato alla poesia di Edgar Allan Poe, The raven, dove reinterpretò magnificamente Perfect day, donandole un vestito del tutto etereo e ieratico. Si ricordi anche la sua partecipazione ai live di Reed in cui riproponeva tutto il capolavoro Berlin, e nei bis Antony ci deliziava interpretando il classico Candy says…
Antony è un personaggio del tutto atipico, per certi aspetti vicino al glamour patinato di Boy George, ma con una personalità del tutto incisiva ma nello stesso tempo sfuggente, volutamente femminea, naturalista, politeista, improntata su una religiosità pagana e arcaica.
Nativo inglese, ma trasferitosi negli Stati Uniti, dopo una formazione cattolica, i suoi primi passi sono legati all’ambiente universitario, dove mette in scena i suoi primi spettacoli, ispirandosi alle idee di John Waters. La sua “patria ideale” diventa New York, quella della Pop Art di Andy Warhol, degli artisti di strada, della “confusione” di genere. E infatti uno dei suoi primi personaggi sarà appunto una drag queen, avendo in mente artisti come Diamanda Galas, e la dimensione del teatro sperimentale. Nello stesso tempo Antony poteva contare su particolare timbro vocale, e un tono baritonale meraviglioso.
Il suo primo passo discografico saranno due canzoni, Blue angel e Cripple and the starfish, quest’ultima riferentesi al rapporto sadomasochista. Queste attireranno le attenzioni di David Tibet, leader dei Current 93, che subito metterà sotto contratto Antony e i Johnsons e li lancerà per l’epocale debutto, che però otterrà successo solo più tardi.
Il primo album di Antony, che può contare su un lavoro di registrazione lungo e meticoloso, è qualcosa di veramente nuovo nell’ambito del pop colto, e difatti si rivela come un ponte meraviglioso per l’arte sonora del nuovo millennio, facendone di questo geniale artista una delle icone più apprezzate e indiscutibili.
Antony & The Johnsons è un disco solenne, carnale eppure così stupendamente ieratico e trascendente. Le trame sonore e i testi ruotano attorno alla personalità androgina di Antony e ad una profondità emotiva che solo pochi possono permettersi.
Apre le danze la ballata dolceamara di Twilight, con un pathos incline all’animo tormentato e drammatico di Nick Cave. Antony canta con un fare lamentoso e nello stesso tempo solenne, passando dal recitativo all’incursione emotiva, quasi come un atto teatrale di drammatica intensità. La già citata Cripple and the starfish è un instant classic di magnifica bellezza, dominato da un cadenzare pianistico e un intreccio di violini che ne delineano una stupenda fragilità umana fatta di sensibilità e sentimento peccaminoso. L’intro pianistico impazzito di Hitler in my heart lascia ricordare Franco Battiato, e nello stesso tempo esprime tutta la drammaticità della vita, l’angosciosa follia in un canto che si erge ieratico e solenne nel suo crescere. Atrocities invece è un laconico pianto di fronte agli orrori della storia. Antony si immedesima in Dio e piange sul destino dei suoi figli, nonostante sul finale voglia vincere il senso della speranza. River of sorrow si fa strada con dolcezza e delicatezza, facendo pensare a Nina Simone. Rapture invece è una triste litania, dove flauto e arpa disegnano i lineamenti di un volto rigato dalle lacrime. Deeper than love prosegue sulla stessa falsariga. Divine, dedicata ad Harris Glenn Milstead, è una ballata da un afflato di orgoglio, voglia di essere. Chiude la già citata Blue angel.
Il disco si staglia su un chamber pop di altissimo livello, facendo leva su un romanticismo non stucchevole, lirico e carico di pathos, divenendo una delle opere cardine del pop del nuovo millennio. Il viaggio proseguirà con l’altrettanto meraviglioso I am a bird now del 2005, vincitore tra le altre cose del Mercury Prize come miglior disco dell’anno. Da lì in poi sarà celebrazione autentica, e si apriranno per lui una valanga di collaborazioni eccellenti, tra le quali vale la pena citare quelle con Lou Reed, Björk, Joan As Police Woman, Andrew Butler (con cui darà avvio al progetto disco-revival Hercules & Love Affair), Franco Battiato (con cui è stato pubblicato nel 2013 un album dal vivo registrato all’Arena di Verona con il contributo della Filarmonica Arturo Toscanini e Alice, Del suo veloce volo), e persino Elisa, sempre senza mai rinnegare la sua vulnerabilità d’animo e la sua tenacia, elementi che ben rappresentano, in fondo, la nostra epoca.

Gennaio 2018: Antony & The Johnsons – ANTONY & THE JOHNSONS (2000)ultima modifica: 2018-01-08T08:55:42+01:00da pierrovox

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