Maggio 2018: Pink Floyd – THE PIPER AT THE GATES OF DAWN (1967)

pink

 

Data di pubblicazione: 5 agosto 1967
Registrato a: EMI Studios (Londra)
Produttore: Norman Smith
Formazione: Syd Barrett (voce, chitarre), Roger Waters (voce, basso), Richard Wright (organo, piano, tastiere, cori), Nick Mason (batteria, percussioni)

 

Lato A

 

                        Astronomy Domine
                        Lucifer Sam
                        Matilda mother
                        Flaming
                        Pow. R. Toc H.
                        Take up thy stethoscope and walk

 

Lato B

 

                        Interstellar overdrive
                        The gnome
                        Chapter 24
                        The scarecrow
                        Bike

 

Remember when you were young
you shone like the sun
shine on you crazy diamond

 

Hanno tre vite i Pink Floyd, e di queste altrettanti artefici o figure di riferimento. Per la prima, la fase psichedelica, abbiamo il genio folle e visionario di Syd Barrett. Per la seconda, quella che incontrava il progressive e il classic rock, prende il posto lo scontroso Roger Waters. Per la terza, quella dell’accomodamento sugli stilemi più standardizzati della band inglese, emerge il talentuoso e virtuoso chitarrista David Gilmour. Questa in sommi capi è la stretta sintesi del percorso artistico di una delle band più influenti e nello stesso tempo celebrate di tutta la storia del rock. Fare quindi un discorso unitario su di loro risulterebbe quindi estremamente livellatore di tutta una serie di sfumature che invece è bene che siano ben messe in luce.
I Pink Floyd si formano nel 1965 ad opera di un genietto di nome Roger Keith Barrett, detto Syd, che pensa bene di sostituire un cantante di nome Chris Dennis in un gruppetto di studenti appassionati di musica della Facoltà di Architettura di Londra, dal nome The Tea Set. Una piccola band dell’underground che riscuoteva il suo discreto successo. Ben presto per evitare problemi di omonimia, Syd Barrett propone un cambiamento del nome del gruppo indicandolo in “Pink Floyd”, prendendo spunto dall’unione di due grandi artisti blues: Pink Anderson e Floyd Dipper Boy Council.
I primi passi saranno perlopiù incentrati sull’esplorazione delle nuove frontiere lisergiche e psichedeliche del rock, imponendosi come una delle band manifesto del genere. Infatti i loro primi spettacoli vedevano anche l’uso della proiezione delle immagini, diapositive e luci a dare efficacia ad una musica che fluttuava nell’aria minacciosa e sospesa. Prima prova di questo possiamo ravvederlo nei primi singoli, Arnold Layne e See Emily play. Qualcuno la definisce “musica a colori” e non ha torto, considerato l’alto tasso immaginifico che emerge da questa musica.
Ma la prova maggiore è il primo disco, The piper at the gates of dawn, considerato unanimemente come una pietra miliare, grazie soprattutto ad un suono particolarmente innovativo, testi divisi tra divagazioni oniriche e ballate spaziali, e filastrocche fiabesche.
Apre una stellare Astronomy Domine, nata dai cosiddetti “viaggi stellari” a colpi di LSD di Syd Barrett, vagante in un panorama cosmico e oscuro, su un basso pulsante e la connessione radio e una chitarra maestosa e solenne, su un canto tra il sussurrato e lo spaesato, incasellato su una inusuale sequenza di accordi. Il testo si sofferma sulle teorie di un certo manuale di astonomia di un certo Dan Dare. Segue la divagazione beat di Lucifer Sam, aperta da un riff incalzante e ossessivo, sul tema di un gatto siamese dai comportamenti strani. La sospesa e affascinante Matilda mother invece ci introduce nel mondo delle favole, e dell’incanto del racconto. Dopo questa, si inseriscono i frammenti sonori e sognanti di Flaming, facendo riferimento agli effetti dell’LSD. La strumentale Pow R. Touch H. ci introduce in un’atmosfera molto noir, scandita da una linea di basso girata all’infinto, le urla e solenni aperture d’organo. Chiude il primo lato Take  up thy stetoscope and walk, dove Water si cimenta nel ruolo del descrittore dell’ossessione (ruolo che incarnerà con molta passione nel corso della sua carriera).
Il secondo lato è aperto dalla lunga cavalcata sonora e lisergica di Interstellar overdrive, basata sull’idea di una cronaca di un viaggio nell’universo, portando l’ascoltatore nei luoghi più bui e remoti di questo. Riff discendenti, organo, piano, e ritmica ossessiva, portano verso delle improvvisazioni, rumorismi e assortiti effetti sonori, che danno al pezzo un’aura sinistra, quasi spettrale, per poi concludere come una furia sul tema del riff dominante. A seguire vi abbiamo la ballata fiabesca di The gnome che narra le vicende di un individuo piccolo (Grimble Gromble). Chapter 24 invece si sofferma sul misticismo dell’I-Ching. The scarecrow invece vede Waters imbattersi nelle figure degli spaventapasseri osservati con fare infantile e stralunato. Chiude una bislacca Bike, come una gag comica, freak, quasi beat. Il tempo di tornare a terra è arrivato, ma nello stesso tempo vi è la certezza che certi spazi inconquistabili siano avvicinabili tramite una musica sfuggente e di particolare fascino come quella contenuta in questo immortale disco d’esordio.
Dopo questo lavoro, l’arrivo del successo, l’uso delle droghe chimiche, in particolare dell’LSD, porteranno ad un sempre minor equilibro della salute psichica di Syd Barrett, che si vedrà costretto ad abbandonare la band a favore dell’amico e chitarrista talentuoso David Gilmour.
Il resto è storia, ed è fatto dai numeri milionari dei capolavori Dark side of the moon e The wall, oltre che da dischi immortali come Wish you were here (dedicato appunto al “diamante grezzo” che era Syd Barrett). Poi il sempre più crescente e smisurato egocentrismo scontroso di Roger Water porterà prima all’allontanamento di Richard Wright durante le registrazioni di The wall, poi al suo abbandono dopo le registrazioni di The final cut. Quello che resterà dei Pink Floyd tenterà sotto la guida di David Gilmour di tenere in piedi la baracca, ma non basteranno i numeri milionari a mantenere viva la scintilla della buona ispriazione, putroppo. Intanto  Syd Barrett ci lascerà il 7 luglio 2006, dopo aver intrapreso una carriera solistica dai tempi allungati, ma che ha riservato i suoi capolavori in Barrett e The madcap laughs, e il 15 settembre 2008 ci lascerà Richard Wright, dopo una fugace reunion dei Nostri in occasione del Live 8. Quello che resta è un mito senza tempo!

 

I Pink Floyd sono la band inglese per eccellenza. Nessun altro è in grado di visualizzare in musica e di riassumere con intelligenza quel senso di mediocrità dilagante, condannandolo, insita nella prospettiva attuale di questo Paese
(Nick Kent)

Maggio 2018: Pink Floyd – THE PIPER AT THE GATES OF DAWN (1967)ultima modifica: 2018-05-07T09:03:53+02:00da pierrovox

Potrebbero interessarti anche...