Luglio 2018: Daft Punk – DISCOVERY (2001)

Discovery

 

Data di pubblicazione: 3 marzo 2001
Registrato a: Daft House (Parigi)
Produttore: Daft Punk
Formazione: Guy Manuel de Homem-Christo (voce, sintetizzatori, basso, chitarre, sampler, sequenze, drum machine), Thomas Bangalter (voce, sintetizzatori, chitarre, vocoders, piano elettrico, drum machine), Romanthony (voce in One more time), DJ Sneak (voce in Digital love), Todd Edwards (voce in Face to face)

 

Tracklist

 

                        One more time
                        Aerodynamic
                        Digital love
                        Harder, better, faster, stronger
                        Crescendolls
                        Nightvision
                        Superheroes
                        High life
                        Something about us
                        Voyager
                        Veridis quo
                        Short circuit
                        Face to face
                        Too long

 

We’re human, after all

 

Un gruppo di “stupidi teppisti” (“a bunch of daft punk”), così li aveva definiti la rivista britannica Melody Maker quando ancora i parigini Guy Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter si facevano chiamare Darlin’. I due ragazzi incassano, ma prendono nota, e così cambiano la loro sigla sociale in Daft Punk, a mo’ di sberleffo verso quegli stronzi che volevano liquidarli come una specie di fenomeno da baraccone della musica elettronica. E una volta tanto il Melody Maker dimostra scarsa capacità di leggere nella realtà, condita da un certo snobismo britannico, nel valutare il duo parigino, perché i Daft Punk si dimostreranno sin da subito come una delle realtà più importanti e influenti della musica elettronica degli ultimi anni, cercando di impersonare, anche nella loro stessa immagine di musicisti, l’aspetto robotico della realtà. Non a caso non mostrano mai i loro veri volti, semmai si presentano sempre al loro pubblico nascondendo la propria immagine sotto un caso argenteo. La loro musica poi spazia attraverso tutte le classificazioni che potremmo attribuire alla nuova musica elettronica: synth pop, dance, techno, house, assumendo anche sfumature tribali, altre più classicheggianti, altre cyber spaziali, senza mai sviare dal gusto retromane.
Thomas Bangalter e Guy Manuel de Homem-Christo si incontrano al Lycée Carnot di Parigi nel 1987, e una volta divenuti amici, decidono di intraprendere una carriera musicale ad inizio anni ’90. Il loro primo singolo The new wave gli permise di ottenere una certa visibilità e un discreto successo. Il momento di svolta verrà con Da funk, singolo pubblicato nel 1995, che in un certo senso condensava motivetti elettronici orecchiabili degli anni ’80 come Pop muzik e Pop corn, indicando nuove strade a venire per la musica elettronica francese. Questo sarà il trampolino di lancio per il loro album d’esordio, Homework, sorta di compendio della nuova musica elettronica, che faceva leva sul minimalismo esistenzialista dei suoni sintetici, cercando approcci con la melodia, prendendo alla bisogna spunto dalla lezione teutonica dei Kraftwerk negli anni ’70. La loro musica si compone di elementi mandati a ruota, cercando di arricchire il suono di nuovi spunti e un costante ritmo martellante, tipico della cultura techno. Tutto ha una funzione geniale di saper eternare una musica che, all’apparenza, sembra fatta per il facile consumo.
Trascorrono cinque anni prima che i Daft Punk pubblichino il suo successore, e quando questo arriva è una autentica rivoluzione. Discovery si presenta all’alba del nuovo millennio come un lavoro che fonde insieme innovazione e retromania. La fusione tra le nuove esigenze della musica elettronica e i rimandi alla musica del passato, in particolare il funky, il synth pop e la dance, creano qualcosa di irresistibile, un’autentica bomba sonora!
Il disco viene aperto dalle bordate sintetiche di One more time, che mette insieme una grande propensione per la melodia, sostenuta dalla reiterazione continua del motivo portante, e una giusta predisposizione al dancefloor. Alla voce è piazzato il produttore house Romanthony, filtrata dall’auto-tune. L’effetto che se ne ottiene è una irresistibile fusione tra luminosità pop e maestosità house. Le lugubri campane che aprono Aerodynamic introducono in una situazione in cui si fonde l’hard acido delle chitarre, un po’ alla Van Halen,  con l’avanguardia. Si giunge a Digital love, composta da DJ Sneak, è una delle cosiddette prove del “cantautorato house”. Un classico nel suo genere, retrò finché si vuole, ma spudoratamente spinto verso un mondo futuro, dove la canzone d’autore possa anche incontrare la cultura disco. Il funky di Harder, better, faster, stronger prosegue più o meno sulla stessa lunghezza d’onda, cercando di sostenere la melodia pop nella struttura disco, echeggiando alla bisogna la discomusic degli anni ’70. Fa da intermezzo il samba futuristico di Crescendolls, chiuso dalla distensione di Nightvision. Si riparte dunque con le frecciate killer di un brano come Superheroes, irresistibile nella reiterazione ossessiva del suo motivo, e nel luccichio dei suoni coperti da una calorosa coperta sintetica. High life invece è un riuscitissimo pezzo house, tutto ballo e sudore sul dancefloor.
Something about us invece abbassa un attimino i toni per portare l’ascoltatore in un ambiente lounge, vagamente jazzato, dove il canto pop torna di primario ordine. Segue il funky ammantato da alari aperture sintetiche di Voyager, mentre in Veridis quo si stravolge sia Giorgio Moroder che Marc Cerrone. Short circuit invece pare uscire diretta dalle classifiche synth pop anni ’80, con tutta la sua carica un tantino kitsch. Face to face ha un incedere che un tantino ricorda il primo Michael Jackson, mentre ci si congeda con i nove minuti di Too long, dove il dazio viene pagato stavolta a Prince.
Tutto questo ha fatto di Discovery un album geniale e unico del suo genere, perfetta sintesi delle dinamiche dance degli ultimi decenni, e prospettiva futura per tutto ciò che la musica può ancora riservare. Spensieratezza e criticità affiorano con grande disinvoltura. Discovery sarà anche il punto di contatto e di ispirazione per la realizzazione del film d’animazione giapponese Interstella 5555 di Leiji Matsumoto, basato unicamente sulle canzoni dei Daft Punk.
Dopo questo disco, i Daft Punk realizzeranno un meno a fuoco Human after all, e la colonna sonora di Tron: Legacy per la Disney, salvo poi tornare a sorprendere con l’autoreferenziale romanticismo di Random access memories, che ci si avvaleva, tra le altre cose di collaboratori illustri come Giorgio Moroder, Nile Rodgers, Paul Williams, Julian Casablancas e Panda Bear, dimostrando di poter ancora dire la loro nel mondo della musica moderna, con l’efficacia irresistibile di singoli come Get lucky. Retromania e innovazione che paiono ancora essere le cifre consistenti della loro portata rivoluzionaria!

 

Discovery ha molto a che fare con la nostra infanzia e i ricordi di quella fase della nostra vita. Quando sei un bambino non giudichi o analizzi i brani, li ascolti e basta, e non ti interessa sapere se è recente o vecchio. Quindi Discovery ha un aspetto giocoso, divertente, colorato, e soprattutto musicale. È l’idea di guardare qualcosa con la mente aperta, senza stare a farsi troppe domande
(Thomas Bangalter)

 

Luglio 2018: Daft Punk – DISCOVERY (2001)ultima modifica: 2018-07-05T07:41:43+02:00da pierrovox

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