Novembre 2018: Litfiba – 17 RE (1986)

17 Re

 

Data di pubblicazione: Dicembre 1986
Registrato a: G.A.S. (Firenze), Studio Emme (Calenzano)
Produttore: Alberto Pirelli
Formazione: Piero Pelù (voce), Ghigo Renzulli (chitarra), Gianni Maroccolo (basso, tastiere, chitarra ritmica), Antonio Aiazzi (tastiere, fisarmonica), Ringo De Palma (batteria, tamburello)

 

Tracklist

 

                        Resta
                        Re del silenzio
                        Café, Mexcal e Rosita
                        Vendette
                        Pierrot e la luna
                        Tango
                        Come un dio
                        Febbre
                        Apapaia
                        Univers
                        Sulla terra
                        Ballata
                        Gira nel mio cerchio
                        Cane
                        Oro nero
                        Ferito

 

Io sono libero, e voi fate come cazzo volete
nelle vostre gabbie
(Piero Pelù)

 

Nella Firenze degli anni ’80… Mentre imperversava ancora la new wave, e il punk aveva sconfinato oltre le sacre sponde britanniche e americane, proprio mentre nei paesi nativi aveva raggiunto ormai la sua crisi, e la realtà musicale cominciava ad interessarsi sempre più al synth pop e ad approcci elettronici, Firenze dava vita a qualcosa di inaspettatamente nuovo per il panorama rock italiano. Qualcuno la chiamerà “new wave italiana”, quasi minimizzando la portata rivoluzionaria, ma Firenze fermentava di qualcosa di veramente spettacolare, energico e vitale. Non c’erano le grige atmosfere plumbee industriali della Manchester dei Joy Division, ma neppure la solarità mediterranea della canzone italiana. Si respirava aria di nebbia e fumo di sottani, scantinati e tanta umidità… Tutto questo diede vita al famoso filone fiorentino, che vide tra i principali artefici i Diaframma (di cui abbiamo già avuto modo di parlare in questa sede) e i più celebri Litfiba. Questi ultimi in particolare si erano distinti per un approccio stilistico decisamente variegato, cercando di fondere atmosfere esotiche, suoni psichedelici e attitudine punk, in una miscela esplosiva e dal malsano fermento, divenendo una delle espressioni rock più importanti di sempre in Italia.
I Litfiba prendono l’avvio agli inizi degli anni ’80. Un giovane chitarrista, Federico Renzulli, proveniente da Avellino, e con un’importante esperienza vissuta a Londra, dove ha potuto sviluppare la sua anima dark e punk allo stesso tempo, si trasferisce a Firenze, e qui è desideroso di creare qualcosa che smuovesse un po’ l’ambiente, e desse la carica giusta. L’idea è quella di mettere su un gruppo rock, che sapesse soprattutto sfruttare le intuizioni che provenivano da altri mondi che non fossero ammantati dal provincialismo italiano. Il tutto cominciò in una cantina di Via de’ Bardi, dove viveva Renzulli. Qui si presentarono un giovane bassista di Grosseto, tale Gianni Maroccolo, un talentuoso tastierista, tale Antonio Aiazzi, e poi Francesco Calamai, che si sarebbe occupato della batteria (ben presto sostituito da Ringo De Palma, nel 1984), e un giovanotto particolarmente eccentrico, tale Piero Pelù, del gruppo il più giovane. Questi formano i Litfiba (nome preso dai vari elementi che li vedono coinvolti: L come Località, IT come Italia, FI come Firenze, e BA come Via de’ Bardi).
Il gruppo inizia un percorso evolutivo fatto di concerti in giro per i locali fiorentini, spesso condivisi con gli amici Diaframma (con i quali collaboreranno per la loro Amsterdam), e altri talentuosi gruppi della zona. Il loro primissimo passo fu un omonimo ep pubblicato nel 1982, e una importante vittoria alla seconda edizione del Rock Festival Italiano, il cui premio prevedeva la pubblicazione di un intero lp. L’anno successivo pubblicheranno un importante lp, ma ancora acerbo dal punto di vista squisitamente sonoro: la colonna sonora dello spettacolo teatrale Eneide di Krypton. L’amalgama è quella di un rock tetro e nichilista, le cui sonorità sono spesso attraversate dalla luminosità psichedelica.
Il successo di Siberia dei Diaframma, pubblicato nel 1984, proietterà questo fenomeno musicale su un quadro più ampio, aprendo prospettive importanti anche per i Litfiba e il nuovo corso del rock italiano. E questo porterà alla fondazione della Ira di Alberto Pirelli, che si prenderà l’onore e l’onere di promuovere questa nuova musica.
I Litfiba si presentano all’appuntamento del loro disco d’esordio vero e proprio con Desaparecido, un imponente album dal suono grigio, tragico, rabbioso e schiumante di suoni derivanti dalla new wave sia britannica che teutonica, senza rinunciare a qualche alambicco etnico. Un album splendido che non si fa fatica a ritenere importantissimo per il rock italiano, esattamente come lo era Siberia per i Diaframma. Ma non è che la prima mossa…
Per il secondo disco i Litfiba pensano a qualcosa di ancora più grande, e ossia un disco monumentale, doppio lp (anche se alle origini non c’era questo disegno) legato dalle varie tematiche (le famose trilogie che segneranno i loro percorsi artistici e che legano gli album in un particolare filo rosso interpretativo), in questo caso quella del “potere”, e dall’anima sonora variegata ed eclettica. Ed è così che giunge 17 re, reso celebre dalla copertina che ritrae il Cuore di Cristo, conferendo al disco un sinistro presagio religioso, e che si è dimostrato sin da subito come una delle pietre miliari del rock italiano di tutti i tempi. Sono tantissimi gli artisti italiani che riconoscono a 17 re un’importanza immensa sia per la loro stessa formazione, che per la cultura rock.
17 re doveva comporsi di 17 canzoni, purtroppo non giunto alla fase completa, poiché la title-track non fu finita in tempo, ed è sempre rimasto nei cassetti. Ma il resto è da storia vera e propria, esattamente a cominciare dal pezzo apripista: l’assalto nichilista (“Resta quella parte di me più vicina al nulla”) di Resta, sostenuta dai riff distorti di Renzulli e dai tappeti sonori operati dalle tastiere sintetiche di Maroccolo. Le fa eco Re del silenzio, altro pezzo indispensabile per chi vorrebbe farsi una cultura rock italiana. Il pezzo si regge su delle robuste linee di basso e decisi tocchi tastieristici, sui quali Pelù urla in un climax desolato “non so più amare”. Café, Mexcal e Rosita lancia uno sguardo ad una tradizione più latina, mescolando tematiche come morte, tradimento, guerra e sacrificio. L’esiziale acustica di Vendette si poggia su una sonorità più dilatata verso una new wave più tarda e più speranzosa, inclinandosi verso un Dio buono che darà sostegno e senso a tutto quanto. A questa segue una gemma vera e propria come Pierrot e la luna, estatica e meditabonda, sensuale ed eterea nello stesso tempo. Un pezzo che fa splendere la luce lunare nelle oscurità della propria anima. La tradizione italiana fa capolino con Tango, mescolando tanto il punk con Casadei in una fusione bizzarra e stralunata, e Come un dio è un altro pezzo forte del lungo programma in scaletta, esercitandosi in un misticismo nichilista e superomista. Febbre si bagna di atmosfere plumbee, rese ancora più dense dal suono bellissimo del pianoforte. Altro pezzo forte è Apapaia, indiscutibilmente uno dei pezzi rock più belli di tutto il rock italiano, idealistico e bellissimo (“E’ più difficile cambiare un’idea”). Univers esprime una sorta di viaggio di Ulisse oltre le colonne d’Ercole, verso sentieri sconosciuti, oltre tutti i confini. Sulla terra invece musicalmente si rivolge ai Pretenders e a tutto un fenomeno new wave più melodico. Segue la bellissima Ballata, stupenda e trascinante nel suo irresistibile fascino esercitato dalla chitarra ritmica e da un testo fantasmagorico (“Venderò l’anima… ridono delle mie ali di cera”). Gira nel mio cerchio trae ispirazione da Bukowski e si erge apocalittica e minacciosa. Mentre un senso di insana tenerezza proviene dalla nevrotica Cane (“tutti noi abbiamo bisogno di cane carezze” sostiene Pelù, presentandola dal vivo). Oro nero si sofferma sulle politiche petrolifere occidentali, e chiude il pacifismo nevrotico di Ferito, che poi farà da ideale collegamento con Tex del disco successivo.
I Litfiba qui si presentano al massimo splendore, lasciando una vera e propria pietra miliare del rock italiano. Seguirà il bellissimo live Aprite i vostri occhi registrato al Tenax di Firenze e Litfiba 3. Dopo quest’ultimo disco tutto cambierà: Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi lasceranno il gruppo per dedicarsi ad altri progetti. Ringo De Palma cadrà vittima della dipendenza dall’eroina (a lui sarà dedicata Il volo), e la band resta nelle mani del duo Pelù/Renzulli, che le porterà un successo strepitoso, ma un verticale calo di ispirazione e vero e proprio interesse, nonostante le esuberanze animalesche di Pelù sul palco (ricordando Iggy Pop) e i virtuosismi di Renzulli. Verranno fuori album mediocri come El diablo, baciato da un’incredibile fortuna, dischi interessanti e impegnati come Terremoto, qualche leggero esperimento esotico in Spirito, e poi il disastro vero e proprio con Mondi sommersi e Infinito. Quest’ultimo concepito e realizzato da separati in casa. Il fatto che ad oggi risulta il loro disco più venduto la dice lunga su come il pubblico generalista viva il rock… Dopodiché nel 1999 i Litfiba si dicono addio in malo modo. Pelù porta avanti una misera carriera da solista, con dischi spesso e volentieri al di sotto della soglia della mediocrità. Meglio non va a Renzulli che tiene il nome del gruppo, ma qui fortunatamente i dischi si perdono nell’oblio del tempo. Tornano insieme (spronati anche da un pezzo di Elio e Le Storie Tese del 2003) nel 2010, promettendo di non fare più la cazzata di separarsi, rinverdendo lo splendore di una forma fisica eccezionale, ma di una salute creativa incerta che produce Grande nazione. Insomma, loro ci sono ancora, e tra talent show e concerti tengono botta… Anche se l’epoca dei re non è stata certo quella del successo planetario, ma delle anime ferite e del perdersi in una poesia buia e ribelle.

 

17 re è stato la massima espressione ibera dei Litfiba, nel senso che tutti e cinque siamo riusciti a inserirci ciò che volevamo: per noi questa cosa, che non è mai successa né prima né dopo, era il vero punto di forza del disco
(Gianni Maroccolo)

Novembre 2018: Litfiba – 17 RE (1986)ultima modifica: 2018-11-19T11:50:31+01:00da pierrovox

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