Maggio 2019: Love – FOREVER CHANGES (1967)

Forever changes

 

Data di pubblicazione: Novembre 1967
Registrato a: Sunset Sound Recorders (Hollywood)
Produttore: Bruce Botnick & Arthur Lee
Formazione: Arthur Lee (voce, chitarra), Johnny Echols (chitarra), Bryan McLean (chitarra ritmica, cori), Ken Forssi (basso), Michael Stuart (batteria, percussioni)

 

Lato A

 

                        Alone again or
                        A house is not a motel
                        Andmoreagain
                        The daily planet
                        Old man
                        The red telephone

 

Lato B

 

                        Maybe the people would be the times or beetween Clark and Hilldale
                        Live and let live
                        The good humor man he sees everything like this
                        Bummer in the summer
                        You set the scene

 

Le ultime cose che avrei detto a questo pianeta
(Arthur Lee)

 

Jim Morrison aveva un’autentica venerazione per Arthur Lee, tanto da ritenere i Love non solo una delle sue band preferite, ma una vera e propria fonte di ispirazione. Lo stesso Bruce Botnick, che in seguito si troverà a produrre L.A. Woman dei Doors, ricorderà come per il Re Lucertola Arthur Lee rappresentasse una specie di punto di riferimento costante e di come costui fosse un ottimo cantante, capace di toccare corde profonde.
Per certi versi i Love non hanno avuto grande fortuna, soprattutto dal punto di vista popolare e commerciale, tanto che Forever changes, il loro capolavoro, e pietra miliare del rock psichedelico statunitense anni ’60, ricevette un’accoglienza piuttosto tiepidina da parte del pubblico, mentre venne osannato dalla critica, anche e soprattutto in Europa. Questo a conferma che la popolarità è sempre un fattore molto relativo per indicare la grandezza e l’importanza di un fenomeno artistico.
La formula del Love era semplice e molto efficace: combinare beat e flamenco in un particolare suono fluttuante, denso di umori neri eppur così splendidamente luminoso nel scintillio delle trame melodiche. Forever changes poi è il terzo e definitivo album, che segue l’esordio omonimo e Da capo, e che trova una dimensione di maturità estetica oltre che di intrecci sonori molti più elaborati. Ma nello stesso tempo Forever changes è stato concepito e registrato in uno dei momenti più delicati dell’intera storia della band californiana, sempre più persa dietro alla tossicodipendenza, a tal punto che Arthur Lee col tempo sosterrà che “pensava di morire sul serio, mentre registrava quell’album”. Sentimenti contrastanti quindi, umori alternati e una situazione di dolore che appena trapela tra le trame ingannevolmente luminose del disco. Non a caso la morte è uno sfondo tetro molto presente nel disco, oltre che nella dimensione di perenne cambiamento, come una specie di “Panta rei” aggiornato, come dei nuovi Eraclito in ambito rock e acido.
L’album si apre con il flamenco di Alone again or, che nel suo crescendo si concede un colorito assolo di tromba a conferirgli un’aura western, epica, eroica. Segue l’esuberante A house is not a motel, arpeggiata, ritmata, e chiusa da un assolo acido, distorto delle chitarre. A questa segue la languida Andmoreagain, un pezzo bellissimo dove Neil Young e Donovan, parafrasando Venditti, si danno la mano. The daily planet invece richiama alla memoria gli Who mod dei primi tempi. Old man invece prepara a passaggi bucolici suggestivi e incantati tanto da ravvisarvi una certa familiarità con i primi Genesis. Chiude il primo lato la barrettiana The red telephone, dove clavicembalo, archi, cori concedono una sghemba visionarietà.
Apre il secondo lato il country psichedelico di Maybe the people would be the times between Clark and Hilldale, incrociando tanto i Walker Brothers quanto Caetano Veloso. Live and let live incede con fluttuante animosità fino all’esplosione dell’acido assolo chitarristico che squarcia l’atmosfera del brano. The good humor man he sees everything like this è una dolcissima canzone che tanto aprirà strade interessanti per il mondo del pop delicato e sofisticato (si ascoltino i Belle & Sebastian per individuarne l’eredità). Bummer in the summer presenta fascinazioni country ed r’n’b, che di tanto in tanto affascinavano persino i Doors. Chiude You set the scene con i suoi umori alterni, i suoi momenti tanto diversi quanto accomunati da una melodia irresistibile.
Forever changes è l’espressione quindi del modo di fare musica intelligente e affascinante, sognante e nello stesso tempo così drammaticamente terrena. In poche parole: un vero e proprio capolavoro!
I Love continueranno la loro carriera, senza però ripetersi a questi livelli eccellenti. La tossicodipendenza sarà un problema tanto drammatico quanto impedente per i Love, poiché pur di evitare di trovarsi in astinenza Arthur Lee evitava volentieri di uscire dalla scena di Los Angeles, dove aveva i suoi buoni agganci con i pusher. Nello stesso tempo Arthur Lee sarà artefice di buone prove da solista, fino alla sua morte, giunta il 3 agosto del 2006.
Non avranno avuto la popolarità dei Doors, ma quello che è certo che l’arte in continuo movimento, in “cambiamento perenne” ha trovato in loro uno dei fulcri centrali della propria trasformazione. E anche della nostra!

 

Forever changes è un ardito susseguirsi di incanti melodico-abrasivi, di equilibri quasi impossibili, di preziosi intarsi orchestrali sul corpo del rock fantasioso, onirico e avvolgente
(Eddy Cilìa)

Maggio 2019: Love – FOREVER CHANGES (1967)ultima modifica: 2019-05-27T11:45:35+02:00da pierrovox

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