Dicembre 2019: Mike Oldfield – TUBULAR BELLS (1973)

Tubular bells

Data di pubblicazione: 25 maggio 1973
Registrato a: The Manor (Oxford)
Produttore: Tom Newman, Simon Heyworth & Mike Oldfield
Formazione: Mike Oldfield (pianoforte, glockenspiel, organo, basso, chitarra elettrica, speed guitar, madolino, fuzz guitar, percussioni, chitarra acustica, flagioletto, honky-tonk, campane tubolari), Jon Field (flauti), Lindsay L. Cooper (contrabbasso), Nasal Chior (coro nasale), Mundy Ellis, Sally Oldfield (cori femminili), Steve Broughton (batteria), Manor Choir (coro bootleg)

 

Lato A

 

                           Part One
           

Lato B

 

                          Part Two
 

Qualcuno che suona uno strumento,
con amore, con dedizione assoluta e
attenzione per quello che sta facendo, ha tutto
(Mike Oldfield)

 

C’è chi lo considera un genio, chi invece un conclamato onanista. C’è chi pensa che si tratti di roba unica mai partorita nel corso di tutta la storia del rock, chi invece pensa che si tratti solo di cacate disumane spacciate per musica colta e avanguardistica. In un modo o nell’altro comunque bisogna riconoscere un certo coraggio creativo a Mike Oldfield, piccolo genietto inglese, che ebbe in non trascurabile merito di aver coniugato la musica elettronica col progressive, in un periodo in cui la musica stava prendendo piede e coniugando dei generi importanti, salvo poi essere spazzata via dalla furia iconoclasta del punk.
Tubular bells in questo è un album complesso e iconico, importante e rappresentativo di tutta una generazione, che vide Mike Oldfield cimentarsi con un concetto musicale innovativo e coraggioso, quello cioè di partire dalle campane tubolari, e da lì immergersi in una dimensione sonora straniante e fluttuante, con vari cambiamenti di ritmo, di distensioni e di accelerazioni. In disco si deve intendere come un’opera unica, divisa in due parti, talmente stranianti che un famosissimo estratto della part one fu utilizzata da William Friedkin come corredo sonoro del celeberrimo capolavoro horror L’esorcista, che tra le altre cose fece ottenere una grande popolarità al disco.
Moltissimi critici e addetti ai lavori ad ogni modo ritengono Tubular bells come uno dei punti cardine del rock progressivo, che vede il suo creatore all’opera con una vasta moltitudine di strumenti, assorto dalla musica. E si può ritenere senza dubbio come l’opera principale di Oldfield, tanto che col tempo non è riuscito più a liberarsene, facendogli seguire dei sequel alquanto discutibilissimi: da Tubular bells II (1992) a Tubular bells III (1998) per finire con un The millennium bells (1999). Laddove c’era l’innovazione e l’idea, lì si cadde nella stucchevolezza dell’autocitazione e dell’autocelebrazione. Peccato! Comunque si può sempre citare album come Crises (con la celeberrima pop song Moonlight shadow cantata da Maggie Reilly) come altro esempio di creatività interessante e coraggiosa. Mike Oldfield quindi è da ritenere un artista di tutto rispetto, e se qualcuno non è d’accordo, beh, sappia che non sempre la vox populi è vox Dei!

 

Dicembre 2019: Mike Oldfield – TUBULAR BELLS (1973)ultima modifica: 2019-12-23T13:49:49+01:00da pierrovox

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