Marzo 2020: Slint – SPIDERLAND (1991)

Spiderland

 

Data di pubblicazione: 27 marzo 1991
Registrato a: River North Records (Chicago)
Produttore: Brian Paulson
Formazione: Brian McMahan (voce, chitarre), David Pajo (chitarre), Todd Brashear (basso, cori), Britt Walford (batteria, chitarre, cori)

 

 

Tracklist

 

                        Breadcrumb trail
                        Nosferatu man
                        Don, Aman
                        Washer
                        For dinner…
                        Good morning, captain

 

 

Sfortunantamente Spiderland è il canto del cigno degli Slint, che come tanti gruppi non hanno saputo resistere alle pressioni interne tipiche di ogni band. Ma è un disco fantastico, che chiunque sappia ancora farsi coinvolgere dalla musica rock non dovrebbe perdere. Tra dieci anni sarà una pietra miliare e bisognerà fare a botte per comprarne una copia. Battete tutti sul tempo!
(Steve Albini)

 

Queste le parole del guru Steve Albini, storico leader di band come i Big Black, Rapeman e soprattutto Shellac, e importante produttore della scena alternativa americana (si contano tra le sue produzioni gente come Nirvana, PJ Harvey, Sonic Youth, Jesus Lizard, Pixies, e anche gli Slits con Tweez), scritte sul Melody Maker ai tempi dell’uscita di Spirderland. All’epoca non furono in pochi coloro che lo ritennero quasi un pazzo, ma il tempo gli ha dato ragione: Spiderland è davvero una pietra miliare della storia del rock. Si può in un certo qual modo affermare che questo disco si pone come antesignano e progenitore del filone del Post Rock (termine coniato dal celebre critico Simon Reynolds per la storica rivista The Wire).
Gli Slint appartengono a quella categoria di band a cui non è servita una carriera lunga per entrare nella leggenda. Come i My Bloody Valentine o gli Stone Roses nell’ambito del rock anglosassone, loro sono l’espressione di quel rock alternativo statunitense capace di coniare un nuovo linguaggio e insegnarlo alle generazioni future. Forse band come Mogwai o Explosions in The Sky non avrebbero avuto la stessa vita se non ci fossero stati loro.
Secondo le teorie di Reynolds il Post Rock si impostava sulla “prevalenza di timbro, tessitura, cromatismo rispetto a riff e sezione ritmica”, e anche sull’idea di “usare strumenti rock per scopi non rock: la chitarra ad esempio, come fonte di timbri più che di riff e power chords”. E gli Slits si posero come ideatori di una musica che voleva in un certo qual modo conservare le frenetiche tensioni dell’hardcore, ma senza le tipiche logiche narrative che lo caratterizzavano. Gli Slint erano appunto un gruppo rock non suonava come un gruppo rock: voce che recita più che cantare, musica lenta talvolta fin quasi alla catatonia, accordi ripetuti su pochi cambi, diffuso sentore di una psichedelia raggelante, quasi come un senso di perdita che si aggira tra i solchi delle canzoni/non canzoni.
Nati nella metà degli anni ’80 nel circuito alternativo di Lousville da una costola degli Squirrel Bait, gli Slint esordirono con le eccentriche distorsioni di Tweez, registrato con Steve Albini, che tra derivazioni hardcore, strutture ritmiche fratturate, accenni funk e psichedelici, poneva le basi per qualcosa che non seguisse il nuovo filone alternativo di Seattle, ma proponesse qualcosa di diverso.
Ed è qui che arriva Spiderland, che mette a maggior fuoco le geniali intuizioni precedenti con una ricerca sonora ancor più raffinata, si direbbe quasi trascendente. I brani paiono essere più narrazioni che canzoni, su un sound ancora più tetro e più asettico rispetto a Tweez. La costruzione di questi poggia su continui cambi di ritmo, dissonanze, arpeggi sinistri, ritmica poco lineare, e violente scariche elettriche. Partendo dal bluesy di Beadcrumb trail, uno dei brani più originali del nuovo rock: arpeggio di chitarra, pizzicate di armonici, voce recitante e un astratto controtempo. Segue la “disturbata” Nosferatu man, dove l’esplosione elettrica divampa in una deflagrazione sonica frastornante e impazzita. Stessa esangue tensione si respira in Don, Aman: due accordi che allentano la presa solo per pochi attimi per poi dirompersi in una pur breve scarica elettrica. Washer accenna ad una melodia splendida per poi annegarla nel mare del suono. For dinner… è, se possibile, ancora più narcotizzante, abulico. Chiude Good morning, captain con un refrain di stampo arabeggiante.
Spiderland si rivelò come un disco alieno, astratto e distante, che contrapponeva all’urlo del grunge l’alienazione di una musica che ancora ha tanto da insegnare. Dopo questo disco gli Slint si sciolsero, salvo qualche sporadica reunion negli ultimi anni per qualche concerto, lasciando però negli annali un’opera unica, seminale e assolutamente fuori da qualsiasi schema, stereotipo o canone prestabilito. Dio li abbia in gloria!

Marzo 2020: Slint – SPIDERLAND (1991)ultima modifica: 2020-03-09T10:36:44+01:00da pierrovox

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