Novembre 2020: New York Dolls – NEW YORK DOLLS (1973)

New York Dolls

 

Data di pubblicazione: 27 luglio 1973
Registrato a: The Record Plant (New York)
Produttore: Todd Rundgren
Formazione: David Johansen (voce, armonica, gong), Arthur Kane (basso), Jerry Nolan (batteria), Sylvain Sylvain (voce, pianoforte, chitarra ritmica), Johnny Thunders (chitarra, voce), Buddy Bowser (sassofono), Alex Spyropoulos (piano), Todd Rundgren (piano, sintetizzatori)

 

Lato A

 

                        Personality crisis
                        Looking for a kiss
                        Vietnamese baby
                        Lonely planet boy
                        Frankestein
Lato B

 

                        Trash
                        Bad girl
                        Subway train
                        Pills
                        Private world
                        Jet boy
 

Sembrava che là fuori non ci fosse niente di eccitante,
poi arrivarono i New York Dolls e niente fu come prima
(Dee Dee Ramone)

 

Ai loro tempi non ebbero molto successo, ma i New York Dolls si sono rivelati come uno dei fenomeni musicali tra i più importanti, influenti e innovativi di tutta la storia del rock. Già dalle primissime esibizioni, la band newyorkese cercava di fondere le più variegate influenze, attingendo dalla depravazione metropolitana dei Velvet Underground, la furia assassina degli Stooges e degli MC5, lo stile di vita sporco dei Rolling Stones del periodo Exile on Main Street, e soprattutto il glamour androgino dei vari David Bowie e Marc Bolan. Soprattutto quest’ultimo aspetto li renderà una delle espressioni più originali e trasgressive di tutta la storia del rock: trucchi pesanti, stivali col tacco alto, capigliature folte e cotonate, a tal punto da confondere la stessa identità sessuale dei componenti della band, tanto che a vederli impressi sulla copertina del loro leggendario album d’esordio (complice anche un rossetto che scrive il nome della band), si pensa immediatamente di avere a che fare con una band di eccentriche signorine. E invece si ha a che fare con una band, che sotto le mentite spoglie da drag queen, suona un rock’n’roll crudo e sanguigno, anticipando certe tendenze che verso la fine del decennio andranno a dare forma al punk rock. Non a caso Dee Dee Ramone ricorda che dopo averli visti dal vivo, disse tra sé e sé che se una cosa del genere potevano farla loro, anche lui poteva salire su un palco. Chiaro indizio quindi delle fonti musicali cui si ispireranno i Ramones e altri pionieri del punk rock.
L’album d’esordio si apre quindi con lo stonesiano blues sporco di Personality crisis, tiratissimo, urlato, scatenato, con tanto di perversa dichiarazione d’intenti e manifestazione di una labile stabilità psichica. Per certi aspetti un brano che anticipa il punk rock nella sua furibonda manifestazione sonora, e in un’estetica provocatrice e poco idealista. L’emulazione degli Stones continua nei riff micidiali che aprono la marziale Looking for a kiss, tanto da confondere a tratti David Johansen con Mick Jagger. Si continua con tensione violenta di Vietnamese baby, aperta da un clamoroso colpo di gong, e intrisa di invettive velenosissime. Lonely planet boy invece interrompe per un attimo la furia e la tensione del disco, adagiandosi su sonorità semi-acustiche e optando per un atteggiamento decisamente più compassato, con un sassofono formidabile a tesserne le trame. Rialza il tiro Frankestein, che chiude il primo lato.
Il secondo lato si apre col minimale r’n’r di Trash, energico e malsano, con tanto di coretti beat. Si procede con la scalmanata Bad girl, con tanto di accenti hard, depravata e avvincente. Si torna ad omaggiare Jagger nella strascicata e vertiginosa Subway train, con tanto di controcanto di Thunders. E a questo punto si piazza una infuocata versione di Pills di Bo Diddley, con Johansen alle prese con un’armonica a bocca, nel più classico stile stonesiano. Private boy si arricchisce di un fantasioso ritmo calypso, alternato a sonorità metalliche e pesanti. Chiude l’album l’hard rock di Jet boy, intriso di blues sporco e cattivo.
I New York Dolls erano truci e oltraggiosi, e furono capaci di descrivere alla perfezione il sottobosco delinquenziale della New York dei primi anni ’70, e nello stesso tempo di costruire un ponte tra l’hard rock e il punk, come forse nessuno è mai riuscito a fare. Purtroppo però lo scarso successo, e una considerazione altezzosa da parte di una critica cieca, li portò a chiudere tutto dopo la pubblicazione di Too much so soon. Ma non saranno pochi a rifarsi alla lezione dei New York Dolls, annoverando tra gli adepti gente come Dead Kennedys, Ramones, Sex Pistols, Kiss, Runaways, Jane’s Addiction, Guns ‘N Roses, e purtroppo anche quei fenomeni da baraccone come i Tokio Hotel (che hanno solo emulato l’estetica glamour della propria immagine androgina, non certo l’aspetto sonoro). Ma non si può certo pretendere tutto dalla vita…
I New York Dolls si riformeranno nel 2004, sostenuti anche dall’amico Morrissey, da sempre grande fan del gruppo. Alcuni membri fondatori non ci sono più, ma perlomeno il tempo ha reso loro giustizia!

 

La copertina dell’album colpisce con una foto in bianco e nero netto, titolo scarabocchiato con un rossetto rosso. I ragazzi vengono visualizzati seduti su un divano di raso bianco, con una strana combinazione di alta resistenza pop star e una spietata arroganza di strada. Rossetto, ombretto, stivali col tacco, e anche una scia piuttosto sinistra. Ricordate le prime foto promozionali degli Stones? Il look trasandato e trasgressivo colpiva allora, mentre oggi appare banale. Ma tra dieci anni questa foto sarà pittoresca? La verità è che i New York Dolls sono molto di più di un gruppo visivamente strano”
(Tony Glover)

Novembre 2020: New York Dolls – NEW YORK DOLLS (1973)ultima modifica: 2020-11-23T07:50:12+01:00da pierrovox

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