Gennaio 2021: The Hollies – BUTTERFLY (1967)
Data di pubblicazione: Novembre 1967
Registrato a: Abbey Road Studios (Londra)
Produttore: Ron Richards
Formazione: Allan Clarke (voce, armonica), Tony Hicks (chitarra, sitar, table, voce), Graham Nash (chitarra ritmica, voce), Bobby Elliott (batteria), Bernie Clavert (basso)
Lato A
Dear Eloise
Away, away, away
Maker
Pegasus
Would you believe
Wish you a wish
Lato B
Postcard
Charlie and Fred
Try it
Elevated observations
Step inside
Butterfly
“Io mio primo amore è la musica acustica”
(Graham Nash)
Gli Hollies furono i Beatles se non ci fossero stati i Beatles. Esponenti di un pop colto, che nasceva dal beat e dalla musica pop dei primi anni ’60, con marcata ispirazione dal rock’n’roll anni ’50, gli Hollies seppero fondere elementi del rock psichedelico, del folk e del pop e unirli in uno stile univoco, aggiungendoci strumenti di estrazione ben lontana da quella canonica del rock. Solo che gli Hollies ebbero un successo che però si è rintanato nell’arco temporale della loro epoca d’oro, e cioè gli anni ’60, mentre per i Beatles questo ha creato l’alone di un mito che non morirà mai
Nel 1967, lo stesso anno di Sgt. Pepper’s lonely hearts club band, gli Hollies, con ancora in formazione Graham Nash, dettero alle stampe quello che viene considerato il loro capolavoro: Butterfly. L’album in questione è particolarmente attraversato dalle sonorità psichedeliche, perlopiù ammantate di una sorta di classicismo pop, che in un certo senso fa in modo che si incrocino tanto i Beach Boys con i Beatles, e questi con i Walker Brothers.
L’album si apre con i colori tenui di Dear Eloise, che attinge a sonorità folk d’altri tempi, imbastendo una sorta di ballata british colorandosi poi di una serie di sonorità beat tanto care ai Kinks. Segue la briosità leggera di Away, away, away, anch’essa poggiandosi su un beat soave e frizzantino. Maker invece dal canto suo ci introduce in un mondo orientale, fatto di sitar e tabla, e raggiungendo con le sonorità i Beatles “indiani” del Maharishi Manesh Yogi. Pegasus invece aleggia in un mondo fatato, quasi favolistico, su sonorità che richiamano i Byrds e i primi Kinks. E a proposito di Ray Davies, le chitarre e le armonie vocali di Would you believe non fanno pensare a Delicated follower of fashion? La chiusura del lato A comunque è affidata alla saltellante e british Wish you a wish, arricchita di qualche spruzzata jazz.
Il lato B si apre con la sentimentale Postcard, che ricorda nelle armonie vocali e negli arrangiamenti sinfonici il romanticismo dei Moody Blues. Charlie and Fred giunge invece col suo valzer pop arricchito da un arrangiamento sinfonico e un tantino barocco. Try it invece tenta la strada del rock sperimentale, soprattutto delle bordate sonore interstellari dei primi Pink Floyd, cercando astrazioni musicali innovative. Anche Elevated observations cerca un approccio sperimentale, richiamando anch’essa da vicino l’arte visionaria di Syd Barrett, ma procedendo con una struttura più legata alla forma canzone, senza disdegnare la propensione melodica alla Paul McCartney. Step inside invece pare presa dal repertorio dei Beatles della prima ora, mentre la chiusura del disco è affidata al romanticismo barocco di una struggente e fantasmagorica title-track.
Butterfly è un album che all’epoca non ebbe molto successo, ma col tempo ha saputo conservare un candore e una bellezza unica al mondo. Sempre nel 1967 gli Hollies si fecero vedere in Italia partecipando al Festival di Sanremo in compagnia di Mino Reitano con la canzone Non prego per me.
Dopo queste cose Graham Nash deciderà di abbandonare il gruppo e di trasferirsi negli Stati Uniti per avviare una promettente e fruttuosa carriera da solista, e si unirà anche a David Crosby, Stephen Nash e Neil Young per il famoso supergruppo Crosby, Stills, Nash & Young. Da allora in poi niente per lui sarà lo stesso. E anche per noi. Ma il prima non si dimentica! E di tanto in tanto occorre tornarci!