In posa
Postato il 6 ottobre 2023 /
Sono poco le volte che esprimo opinioni sugli eventi di cronaca.
Ogni tanto, però, la scrivo la mia, per quel che vale.
Non ho un’ideologia di posizione, nel senso che, non sono né di destra, né di sinistra, seguo la logica dei contenuti.
Questo perché si rischia se no, di incatenarsi ad un’ideologia ed attaccare a prescindere, senza valutare la razionalità di un pensiero o la sua obiettività.
Nella quotidianità di tutti i giorni, certi argomenti, entrano nei discorsi in maniera a volte felpata.
La mattina sono io ad alzarmi per primo, Frida lo richiede e ne ha necessità. Ad un certo punto arriva sempre una richiesta, da una voce assonata e accondiscendente che domanda:
«Tesoro la prepari la colazione?»
Una volta seduti uno accanto a l’altra con in mano ognuno la sua delizia, mi capita di iniziare la discussione esclamando e chiedendo:
«Lo sai cos’è successo ieri?!»
Ed ecco che l’argomento s’intrufola tra le discussioni quotidiane per la spesa o la famiglia.
Cos’è successo ieri?
Di notizie, la cronaca ne sforna una al muniti, le scelte non mancano. Tra le tante notizie di cronaca nera trovi anche qualche notizie positiva, non riesce a rimanere in auge per molto, ma c’è.
Non tutte le notizie tragiche sono viste o lette, poi, con disapprovazione e riprovazione. Un umano che si fa ispirare da ideali di destra, magari si esalta per l’affondamento di una barca piena di migranti.
Facile descrivere quel che potrebbe dire e pensare: “Se non partivano, non affondavano.” o “Se la sono cercata.”
Frase quest’ultima usata, anche, dai maschi italiani, da qualche giornalista e ben pensante per etichettare e condannare le ragazze che vengono violentate e uccise.
“Se la sono cercata.”
Dubito che una donna si vada a cercare lo stupro.
Forse pecca di troppa fiducia, pensa che può provocare e giocare alla seduzione senza poi concedersi se non gli va. Si! Forse la donna, a volte, è imprudente e troppo volitiva nel giocare con certi uomini. Non si risolve il problema, però, togliendo libertà, non è infatti una soluzione allungare la gonna fino alla caviglia o costringerle ad uscire di casa solo all’ora del the, come gridano alcuni. E non è una colpa neanche decidere di non continuare il gioco, per lo meno una colpa tale da dover subire una punizione come lo stupro.
Quando vogliamo sappiamo non reagire alle provocazioni se ci conviene e rischiamo grosso, non è quindi un problema di controllo. Quanto di autodefinizione e autodeterminazione.
Il cliché della donna oggetto, della donna come esternazione della bellezza, donna = corpo: Tette, culo e cosce, è vivo e ben saldo nella cultura sociale, al di là delle tante conquista che essa (la donna) crede d’aver realizzato.
In posa!!!
Dalle passerelle delle sfilate, al palco di un programma televisivo, fino alle intime stanze di casa racchiuse nello schermo di un piccolo smartphone.
Scatti e selfie che sempre più sono la definizione etimologica del limite che separa la profondità dalla superficialità.
E non è il nudo il problema. In una calda giornata di Luglio, di corpi seminudi ne trovi quanti ne vuoi ai bordi di una spiaggia.
L’arte stessa volendo a saputo incorniciare il corpo umano, inserendo ai margini un sottotitolo che spesso sa essere, se l’artista è capace, poesia.
Édouard Manet – Olympia – Olio su tela
Che sottotitolo hanno le immagine di oggi?
Sapete cosa colgo da tutto questo?
Che l’arte tramanda, la rete consuma.
Si sono consumante le parole e con le parole i contenuti, l’istantanea immediatezza delle rete, ha reso istantanei anche i pensieri di oggi.
Un uomo guarda una donna seduta nella penombra di un sala brulicante di lustrini e reggicalze.
L’osserva con lo sguardo di chi vuole conquistare la vetta più alta. Spavaldo si avvicinata e con la fierezza di chi sa cosa vuole, esclama:
SEI, TROPPA!!! SPACCHI!!!!
TI VA SE FACCIAMO QUALCOSA INSIEME?
E dire che una volta:
CIRANO:
Lasciatemi coglier questo pretesto dell’occasione che qui ci offre il potersi parlare sì dolcemente, così.
ROSSANA:
Senza vedersi?
CIRANO:
Ma sì, è incantevole, ci indoviniamo appena. Voi sentite un mantello che del nero si svena, io intravedo un biancore di veste che vapòra. Io non sono che un’ombra, voi l’eco di un’aurora. E immagino di non avervi mai parlato avanti…
ROSSANA:
È vero, i vostri toni erano meno stimolanti.
CIRANO:
Sì, perché nel buio che mi va proteggendo io oso essere me stesso e oso… Stavo dicendo? Ah, non so, è così tutto… scusate l’emozione… così delizioso, così nuova occasione.
ROSSANA:
Così nuova?
CIRANO:
Sì, d’essere sincero. La paura di essere dileggiato contro di me congiura.
ROSSANA:
Dileggiato?
CIRANO:
Ma… per uno slancio. Sì, il mio cuore del mio spirito sempre si veste per pudore. Ah, lo spirito è inutile in amore! È da canaglia prolungare in amore l’inutile battaglia. Il momento poi viene, senza un ripensamento, e rimpiango coloro a cui non tocca un tal momento, quando sentiamo in noi che un amore nobile esiste e che anche un lieve cenno lo può rendere triste.
ROSSANA:
Sì, il momento è questo e ci offre ora il suo frutto.
Che cosa mi direte?
CIRANO:
Ma tutto, tutto, tutto, così come sarà darò ciuffo per ciuffo senza farvene un fascio. Vi amo, e mi ci tuffo, t’amo! Son pazzo, non ne posso più, è troppo! Ed il tuo nome in gola è un nodo, un cappio, un groppo. Di te io mi ricordo ogni fatto, tutto ho amato. Io so che un giorno, il dodici maggio l’anno passato, cambiasti, per uscire al mattin, pettinatura. Fu come un nuovo sole, la tua capigliatura. Ti è chiaro allora adesso? Infin lo vuoi capire? Senti l’anima mia nell’oscurità salire? Oh, è vero che stasera c’è un sogno intorno a noi. Io che vi dico questo, voi mi ascoltate, voi. Be’, è troppo. Nella speranza più modesta mai ho sperato tanto. Per questo non mi resta null’altro che morire. È per i miei sussurri ch’ella trema furtiva lassù, tra i rami azzurri? Scende il tremor bramato dalla tua mano insino all’ultimo dei fili di questo gelsomino.
ROSSANA:
Sì, io tremo, e io piango, e cedo alla tua corte, tu mi hai inebriata.
CIRANO:
Allor venga la morte… Quell’ebbrezza, è la mia, che ha espugnato la rocca. Io non domando altro che chiedervi…
CRISTIANO:
la bocca!
ROSSANA:
Eh? Cosa? Voi chiedete…?
CIRANO:
Sì, io… vai troppo in fretta!
CRISTIANO:
Visto che è tanto scossa, e diamoci una stretta!
CIRANO:
Sì, io ho chiesto, è vero… ma santo cielo!… però quello che dico non è sempre vangelo.
Il bacio… no!… fa niente, la richiesta è precoce.
CRISTIANO:
Perché?
CIRANO:
Crepa, Cristiano!
ROSSANA:
Che dite a bassa voce?
CIRANO:
Sono andato lontano, e non ho un’attenuante.
Io mi dicevo: “Taci Cristiano, un istante!”
CRISTIANO:
Ottienimi quel bacio!
CIRANO:
Aspetta!
ROSSANA:
Sono sola?
CIRANO:
Parlavamo di un bacio…
ROSSANA:
No…
CIRANO:
Sì, è dolce la parola.
ROSSANA:
Tacete.
CIRANO:
Un bacio… ma cos’è, così d’un tratto? Un giuramento reso tra sé e sé, un patto più stretto… È come un traguardo che insieme è un avvio, un punto rosa acceso sulla “i” di “amore mio”, un bisbiglìo alle labbra perché l’orecchio intenda, il brivido del miele di un’ape che sfaccenda, una comunione presa al petalo di un fiore, un modo lungo e lieve di respirarsi il cuore e di gustarsi in bocca l’anima poco a poco.
ROSSANA:
Tacetevi, vi prego.
CIRANO:
Sì, taccio o vado a fuoco!
Sali!
CRISTIANO:
Però adesso mi sembra che sia male…
ROSSANA:
Ci siete sempre?
CIRANO:
E monta, gran pezzo d’animale!
Oibò!!! Certo due spasimanti non declinavano l’amore in simili rime, ai tempi di Rossana, ma certo ispiravano i cuori e le menti degli innamorati.
Avete letto? Avete concesso alla vostra mente e alla vostra bocca il dono di pronunciare questo scambio di parole che sono eccitazione e spaventosa passione?
Perché oggi tutto quello che avete letto, si esprime con un singolo e unico carattere:
Simpatico certo, ma povero. Quanto è povero.
Povero come chi non conosce la differenza tra passione e depravazione, tra sesso e stupro.
Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
mi adagiò sopra l’erba
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio.
Il mio primo trafugamento di donna
avvenne in un angolo oscuro
sotto il calore impetuoso del sesso,
ma nacque una bimba gentile
con un sorriso dolcissimo
e tutto fu perdonato.
Ma io non perdonerò mai
e quel bimbo mi fu tolto dal grembo
e affidato a mani più « sante »,
ma fui io ad essere oltraggiata,
io che salii sopra i cieli
per avere concepito una genesi.
Alda Merini.
Non è la prima volta che scrivo di questo. Perché questo accade spesso. E spesso alla domanda:
Sai cos’è successo ieri? rispondo.
Un’altra donna è stata stuprata.
Un tema diventato da salotto, così tragico da essere persino bizzarro nella sua antropologica spiegazione. Eppure è cosi.
Nei miei contenuti spesso sono sopra le righe e spesso delineo confini tragici e violenti. Un modo personale di raccontare che si esiste nonostante le ferite, soprattuto per le ferite.
Ho condiviso molti disegni, ma mai opere:
Opera personale
Finché batte sai che esisti.
Solo il tuo cuore ardente
e niente più.
Il mio paradiso un campo
senza usignolo
né lire,
con un fiume discreto
e una fontanella.
Senza lo sprone del vento
sopra le fronde
né la stella che vuole
essere foglia.
Una grandissima luce
che fosse
lucciola
di un’altra,
in un campo di
sguardi viziosi.
Un riposo chiaro
e lì i nostri baci,
nèi sonori
dell’eco,
si aprirebbero molto lontano.
Il tuo cuore ardente,
niente più.
Federico Garcia Lorca
Cos’è successo ieri?
Il Premio Nobel per la Pace all’attivista iraniana Narges Mohammadi.
Per «la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti»
Oggi è stato cosi.