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“Cara” vita

Ieri sera, insieme alla mia compagna, sono uscito per una passeggiata. Abbiamo gironzolato senza badare al tempo, finché guardando l’ora sul cellulare non ci siamo accorti che si erano fatte le 20:30. Vista l’ora abbiamo deciso, quindi, di cenare in uno dei tanti locali del centro paese.

Alla fine della cena abbiamo subito, e sì! Subito, una sorpresa.
Una sorpresa da 68 euro.

68 euro, per due secondi, una bottiglia (in plastica) d’acqua, una birra e gli immancabile coperti.

Non è un pò troppo?

Lo sento, spesso, dire in tv o lo leggo nei quotidiani, il tanto nominato: “caro vita”.
Che non è un modo dolce o affettuoso per elogiare la propria vita, ma un modo pretenzioso per declinare gli aumenti e i rincari (che poi sono la stessa cosa).

Mi chiedo? Dove finisce l’urgenza economica – LA CRISI –  e inizia la speculazione fraudolenta?

A forza di esser presi per il culo, alla fine ci si abitua a questa dolorosa azione sociale.

“È un errore frequente misurare le cose in base al denaro che costano.”
Albert Einstein

Ci sta, sempre, la citazione per rafforzare un valore e di valore si parla, il valore delle cose, per citarne un’altra:

“Qualunque sia il prezzo, si compra bene solo ciò che è necessario.”
Cicerone

La cena, al ristorante o in trattoria, non è certo qualcosa di necessario, se ne può fare benissimo a meno (per chi sa cucinare ovviamente), come si può fare a meno di tante velleità che sono spesso inutili e nocive per la nostra stessa vita. Una perdita di tempo, in molti casi, e di tempo non ce n’è mai abbastanza.
A volte persino le azioni necessarie vengono eclissate da una logica di benessere che è: superflua.
Esempio: Giorni fa ho comprato una ciotola per Frida, una ciotola per l’acqua con dispensatore da 3 litri, tra gli articoli in vendita c’era anche un dispensatore di cibo automatico. Un robot da 300 euro che erogava in autonomia al nostro cucciolo la quantità di cibo necessaria nei tempi programmati, calcolando in base all’età e al peso, dosi e qualità del cibo. Nutrire il cucciolo è una necessità che cementa il legame tra le due anime, sostituire la mano dell’uomo con un robot è qualcosa di stupido oltre che superfluo.
Questo esempio mi riporta in mente un articolo letto su Focus.

«L’intelligenza artificiale rappresenta un pericolo per l’umanità paragonabile a quello di pandemie e guerre nucleari: l’allarme di 350 scienziati.

“Mitigare i rischi di estinzione causati dall’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale, così come viene fatto per altri rischi su scala sociale come le pandemie e la guerra nucleare”.

Con questo laconico comunicato firmato da 350 scienziati e ingegneri impiegati nel campo dell’IA e pubblicato dalla no-profit Center for AI Safety, i massimi esperti del settore tornano a parlare dei rischi connessi allo sviluppo sempre più avanzato dell’intelligenza artificiale: non più soltanto deep fake e perdita di posti di lavoro, ma addirittura la scomparsa della nostra specie.
Tra i firmatari della sinistra lettera aperta spiccano i leader delle principali compagnie di IA come Sam Altman, direttore esecutivo di OpenAI, Demis Hassabis, stesso ruolo in Google DeepMind e Dario Amodei, alla guida della startup statunitense di IA Anthropic. Ci sono inoltre Geoffrey Hinton e Yoshua Bengio, vincitori di un Turing Award (l’equivalente del Nobel per gli scienziati informatici) e considerati pionieri dell’intelligenza artificiale per i loro studi fondamentali sulle reti neurali, i modelli per l’elaborazione di informazioni alla base dell’apprendimento nei sistemi di riconoscimento facciale, di guida autonoma, ecc. ecc.»

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Al di là del comunicato dal sapore apocalittico, credo che ne passare acqua sotto i ponti, prima di vedere un Terminator per le strada di Roma o Milano.

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T-1000 tra realtà e fantascienza.

È vero, però, che il rischio di vedere persa la necessità del vivere è reale.

Che cosa significa vivere?

Per me significa: Disegnare ombre e luci su un foglio di carta, dipingere una tela sentendo il colore attaccarsi alle dita, modellare la creta e scorgere un volto tra le sue pieghe, scrivere una poesia da dedicare a lei, creare con le mie mani un oggetto utile per la sua bellezza o il suo uso, che possa finire sul tavolo di uno sconosciuto cliente, nutrire e accudire Frida, cucinare per la mia compagna, guidare la domenica al sorgere del sole per fare la spesa, vedere le mani di un essere umano creare dal nulla ciò che prima era solo pensiero. Ecco!!! Tutto questo, per me, significa vivere.

Oggi, le tele, vengono stampate da computer e vendute a poche decine di euro, i vasi come soldati in uniforme, uguali in ogni dettaglio si mettono sull’attenti sugli scaffali, perfetti e indistinguibili. La torta la compri sì, non più, però, dal pasticcere, ma all’ipermercato, confezionata nel suo involucro da battaglia pronta a resistere tutto il tempo che serve al cliente per decidere che, impastarla, farcirla e cuocerla in casa, non è più conveniente, né necessario.

Questa è la società di oggi, una società contraddittoria, che crea poveri da un lato e aumenta i prezzi e i consumi dall’altro, che lascia ogni giorno sul campo di battaglia tanti lavoratori senza più sostentamento da una parte, e investe sull’A.I. e sull’automazione dall’altra.
Senza, poi, citare la più grande beffa ideologia che l’uomo ha mai concepito: Inneggiare alla pace da un lato e rifornire di armi i campi di guerra dall’altro.

Ci deve essere, però, del buono in mezzo a tutto questo caos?
Del buono e bello che non sia solo la sempre citata poesia o la melodia che abbraccia e scalda anima e cuore.

È così diseguale la mia vita
da quello che vorrei sapere.
Eppure al di là di ogni immondizia
e sutura, c’è la grande speranza
che il tempo redima i folli
e l’amore spazzi via ogni cosa
e lasci inaspettatamente viva
una rima baciata.
Alda Merini

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Alda Merini – 21 marzo 1931, Milano – 1 novembre 2009, Milano.