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Danzare nella pioggia

Ringrazio ancora una volte le amiche per i commenti ricevuti, commenti che danno generosamente una visione di quello che sono e di cosa significa interagire. In un mondo finto tutto questo è reale e vero.

Ora, potrei continuare la riflessione, costruendo ancora sul pensiero passato, ma rischio e rischiamo di rimanere incatenati ad un sentimento cupo, cercherò, dunque, di non prolungarmi troppo.
Il senso di quello che mi è stato scritto è racchiuso, alla fine, in quel sentimento che è l’amore, la chiave di volta di ogni riflessione.

Nelle risposte ai commento ho scritto in due occasioni di come mi ha stupito leggere che l’odio non sia un sentimento che le amiche hanno vissuto o sentono di riconoscere.
Non condanno, impietosamente, chi perde la via, perché di fondo penso che c’è, sempre, una ragione alla follia e all’odio, la cattiveria in alcuni casi può essere una deforme essenza della natura di un essere umano, ma nella maggior parte dei casi è, un insieme di fattori che condizionano le nostre vite.
Il riscatto è una virtù che ha un valore immenso alla pari dell’amore e del bene assoluto. Le seconde possibile sono la via per guarire, perché chi fa del male in fin dei conti è malato, ferito nell’anima.
Mi stupisce, come ho scritto, leggere che non si è provato sentimenti che possono portare il cuore a odiare, perché tutti prima o poi restiamo feriti e ci ammaliamo, come si ammala il corpo.
Chissà, magari, la maggior parte degli essere umani non hanno mai avuto motivi per sentire nel cuore questo sentimento, portandolo, invece, a veicolare qualcosa di meno riprovevole e più auto infliggente. Ho scritto che la natura dell’odio porta inevitabilmente a cercare espiazione, per questo si cerca di far bene, per non cadere in quel che è dolore, l’odio, in fin dei conti, non è altro che una forma di dolore, che infliggiamo a noi stessi.
Ecco volevo sottolineare solo questo.

“Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.”
Khalil Gibran

L’odio lascia profonde cicatrice, come il dolore che esso infligge. È il dolore che rende forti un’anima, la differenza, forse, è in quella profondità d’animo, in quella oscurità, che spezza lo spirito e anestetizza dalla sofferenza. Rimango dell’idea che la cattiveria è una porta e vi entra chi non sente nulla, chi non prova più dolore o mai ne ha provato.

Ora, non voglio come ho scritto all’inizio rimanere incatenato a questo pensiero, vorrei mutarlo ed evocare qualcosa di luminoso, cosa non facile visto quel che viviamo.
Persino la terra trema, ogni parte di questo mondo si scuote, come se una mano materna volesse farci fermare da quel che perseguiamo.
La storia insegna, a volte, i disastri hanno fermato guerre, unito fazioni, creato civiltà.
Oggi neanche la distruzione totale mette paura.
Ho sempre criticato il pensiero di chi per un bene supremo intimava e inculcava la paura (le chiese sono maestre in questo), oggi, il pericolo mi sa è proprio non provare paura.

“Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di un’ottantina di anni arrivò per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice. Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9:00. Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata oltre un’ora prima che qualcuno potesse vederlo. Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento che non avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io della ferita.
Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli strumenti necessari per rimuovere la sutura e medicargli la ferita.
Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altro appuntamento medico dato che aveva tanta fretta. L’anziano signore mi rispose che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie.
Mi informai della sua salute e lui mi raccontò che era affetta da tempo dall’Alzheimer.
Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po’ tardi.
Lui mi rispose che lei non lo riconosceva già da 5 anni.
Ne fui sorpreso, e gli chiesi: “E va ancora ogni mattina a trovarla anche se non sa chi è lei”?
L’uomo sorrise e mi batté la mano sulla spalla dicendo:
“Lei non sa chi sono, ma io so ancora perfettamente chi è lei”.
Dovetti trattenere le lacrime… avevo la pelle d’oca e pensai:
“Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita”.
Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà.

Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.

La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia.”

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Attese

Oggi nel rispondere ai commenti ho scritto:
[…] sta qui la saggezza riuscire ad aver pazienza e costruire piano piano il confronto, a volte rimandare non significa non dire, ma solo aspettare il momento giusto per confrontarsi e raccontare la propria verità.
[…]

Aspettare il momento giusto!

“Fino al giorno in cui Dio si degnerà di svelare all’uomo l’avvenire, tutta la saggezza umana consisterà in queste due parole: attendere e sperare!”
Alexandre Dumas  

Quando c’è da esprimere un concetto o un pensiero niente è meglio di un aforisma.
Attendere e sperare!

Attendere il momento più opportuno sperando che le conseguenza non siano mai funeste. Questa è l’essenza della convivenza o per lo meno una parte essenziale. Nella coppia si presume ci sia l’amore a legare i due cuori e l’amore è un potere che accentua, amplifica, la pazienza e la comprensione, si perdona più facilmente chi si ama.

Credo sia vero che, se mi offende la mia compagna, posso sorvolare e pure riderci sopra, per amore si può accettare (forse sbagliando) ma se mi offende uno sconosciuto o chi non amo e magari non tanto sopporto, si arriva a prendere in considerazione l’idea che un vaffanculo è dovuto e necessario e pure qualcosa in più, violentemente in più.

La saggezza è, quindi, nel saper aspettare il proprio momento.
Arriva? Non arriva? Qui, poi bisogna solo sperare.
Non lo trovo brutto sperare, per molti può sembrare una perdita di tempo. La speranza ti può tenere in vita quando tutto attorno perde valore.

Che dire? Mai avuto problemi con l’attesa, mi ha regalato, sempre, silenzi ricchi d’ispirazione.