Tag : futuro

post image

Nulla tornerà come prima

Stamattina – è passato un giorno, quindi ieri mattina – ho passato la periodica visita oculistica, un occhio risponde bene alla cura, l’altro, come ha specificato il medico, è in sofferenza.

Un nuovo farmaco più potente, la cura da seguire.

La situazione è per il momento sotto controllo, se così può si può dire. Rimane, però, la sensazione che con l’età e il tempo che passa le cose sono destinate a degenerare. Inevitabile sembra l’idea che:

 

Nulla tornerà come prima!!!

 

Non saprei se vestire questa frase di bene o male? Forse dipende dal contesto. È certo, però, un pensiero, quando qualcosa si rompe, rimangono solo frammenti e cocci.

A volte non sapere è conciliante, come il sonno di un giusto.

 

In queste settimane non ho scritto.

Ed oggi non mi dilungherò con i miei soliti pensieri.

 

Mi limiterò e concluderò con la frase che avete letto pochi istanti fa:

 

Nulla tornerà come prima.

 

post image

Futuro prossimo

Nella precedente riflessione ho scritto di mio nipote. A Dicembre dello scorso anno ha compiuto 18 anni, è un adulto oramai. Un mese fa l’ho sentito al telefono per sapere com’erano andati gli esami, mi ha raccontato che è un pò confuso e che non sa che cosa fare, a quell’età è normale essere confusi e impreparati alla vita che deve arrivare.
A Novembre ha la seconda prova del concorso per entrare nell’arma dei Carabinieri, non è convinto di superarlo e credo neanche di volerlo fare, in questo momento come ho scritto nel precedente post è nel siracusano per un corso da saldatore.
Un buon corso. Il saldatore è una figura che trova sempre riscontro nel mondo del lavoro, potrebbe anche decidere di unirsi al padre, che da anni oramai lavora fuori Italia, nella ditta del fratello, il posto è sicuro, non è certo quello che ci aspettavano o egli stesso aspirava.
I suoi genitori speravano nell’università, lui, però, non vuole più studiare, non fa per lui lo studio, così dice.

Si è anche fidanzato, una ragazza carina mi ha mostrato la foto, ancora non ho avuto modo d’incontrala, si sono frequentati e solo da qualche settimana ha deciso di presentarla a mia sorella.

Mio cognato sono oramai quasi 18 anni che lavora fuori Italia, non ha visto crescere i suoi figli o meglio gli ha visti da lontano, attraverso le foto e le telefonate, vendendoli le poche volte che scendeva per le ferie e le festività, a volte per mantenere la famiglia servono penosi sacrifici.

Prima di andare a vivere con la mia compagna, ero molto presente nella vita di mio nipote.
Non mi sono sostituito al padre, mai, però gli sono stato molto vicino, ogni settimana uscivano per fare una passeggiata, lo portava alla villa comunale, nonostante la mia riservatezza ho cercato di essere un buon zio, forse ci sono riuscito, forse no. La riservatezza mi porta alla mente una frase di Ovidio:

“Ha vissuto bene chi è vissuto ben nascosto.”

Direi che ho vissuto bene allora. Chissà cosa intendeva, veramente, Ovidio? Cosa bisognava nascondere per vivere bene? O da chi bisognava nascondersi?
Forse nascondersi al male? O nascondere il male che vive in noi?

Ho vissuto nascosto e credo d’aver perso parecchio, non dico dal punto di vista professionale, ma relazionale, forse persino affettivo, avrei potuto dare di più, a tanti, di più a mio nipote, a mia sorella, agli amici e forse oggi ne avrei avuti di amici.

“Un artista è uno che produce cose di cui la gente non ha bisogno, ma che egli, per qualche ragione, pensa sia una buona idea darle.”
Andy Warhol

Mi è sempre piaciuta questa frase per la sua fredda e cinica logica, mostra come l’artista viva una realtà distorta, portandomi alla conclusione che l’artista è, nel bene o nel male un essere, strano.

Condannato a descrivere la realtà, mai viverla.

senzafuturo

post image

Futuro

La situazione che viviamo oggi non è una delle migliori, per lo meno dal mio punto di vista.
I ceti sociali, le classi, le caste sono sempre esistite, esistono da decine di secoli. Conseguenza? Alcuni diranno che le cose vanno bene, altri male, altri ancora che le cose potrebbero andare meglio o peggio.

Ora!!! Finché le cose vanno bene tutto è perdonabile, comprensibile, condivisibile, le cose cambiano prospettiva se, invece, vanno male.
La resilienza diventa un gioco al logoramento.
Mesi fa scrissi in un post quel che vivo professionalmente al momento, una fase d’incertezza e transizione. Sono stato dipendente e piccolo imprenditore, oggi cerco di ricollocarmi, cosa non facile per tanti motivi, l’età, l’ambiente, ecc. ecc.

Nei post passati, parlando della mia compagna, ho scritto spesso come sia pungente e sarcastica.
A volte mi dice che devo smettere di perseguire i miei progetti, che il lavoro è lavoro qualunque sia e che contribuire alla famiglia porta a fare sacrifici. Sacrifici che obbligano a rinunciare ai propri sogni.
Un fondo di verità c’è nelle sue parole, non si può persistere in un’idea che non porta a nulla, che non da i risultati sperati.
Il problema di fondo è che l’artista è, un mestiere povero, un mestiere che dona tanto, ma riceve poco. Tutti amano guardare l’arte, ammirarla. Tutti apprezzano un bel oggetto, ma poi? Tutti si circondano di oggetti che sono imitazioni, costruzioni industriali senza valore e anima.
Non è una condanna a nessuno. Non è uno sbaglio comprare oggetti industriali, quasi.
Osservo semplicemente la realtà e quella che vivo porta a riflessioni dolorose.

La cosa che mi rattrista è che, le volta che racconto alla mia compagna quello che ho in mente e quello che sto mettendo in pratica per realizzarlo, lei sfiduciata mostra, seppur non con le parole non sempre per lo meno, una disillusione che mi ferisce.
È ovvio che si deve fare i conti con la realtà che si vive e con essa fare i conti con tutti coloro che ne fanno, vuoi o non vuoi, parte. Non posso dare torto alla mia compagna, da dipendente guadagnavo ogni mese, oggi! Guadagno un mese sì, tre no e non va bene. A fine anno dovrei (devo) riaprire la partita iva e rientrare in un sistema che di fatto non funziona.

Mi chiedo quanto devo persistere prima di mollare tutto e andare a raccogliere arancia? O partire per qualche località sperduta a fare l’operaio in un cantiere edile?
Anche qui, però, la mia campagna sarcasticamente mi prende in giro, le volte che preso dallo sconforto le dico: “ora chiamo il mio amico e vedo se c’è posto nel cantiere in cui lavora, per un manovale.
Lei risponde: “Ma che chiami a fare, dureresti due giorni, hai sempre lavorato in un ufficio.” Ecco che vengo etichettato e nella sua mente nasce un’idea di quel che sono.

A volte si crea un’immagina, un’idea (appunto) di chi abbiamo accanto e nel bene e nel male si è per sempre quell’idea.

Sorpresa, poi, quando ti accorgi che lui o lei non è come l’avevi immaginato.

foto-varie-145657.large

“L’unico modo per evitare di essere depressi è non avere abbastanza tempo libero per domandarsi se se si è felici o no.”
George Bernard Shaw
   

post image

23

Ecco, il primo pensiero del 2023 o meglio, il primo donato a questo spazio.

La prima riflessione è stata se seguire la falsariga degli ultimi post e continuare a declinare un ottimismo da 25 Dicembre o tagliare il velo che cela la realtà (la cruda realtà) e scrivere quel che nasconde veramente il mio cuore.

Le feste, a dire il vero, ancora, non sono finite, manca la vecchia signora per porre fine alle vacanze natalizie e tornare alla quotidianità di tutti i giorni. Quotidianità che si spera sia migliore di quella, cronologicamente parlando, appena conclusa.
In Argentina, allo scoccare della mezzanotte, per tradizione, tutti fanno un passo avanti con la gamba destra per iniziare l’anno nuovo con il piede giusto.

Questo, oggi, credo sia il pensiero più ricorrente, visto gli eventi degli ultimi anni.

Una cosa è certa? Nei nostri cuori (nessuno escluso) è viva la speranza. Gli auguri donati e ricevuti, auguri di felicità, di ricchezza, d’amore, sono un esempio di questa presenza, che non vuole e non deve morire. Persino nelle anime più burbere e disilluse e qui un’anima all’apparenza burbera l’ho incontrata 🙂 hanno dispensato auguri e buoni propositi per il nuovo anno.

Speranze che si scontrano con una realtà che certo ha motivo d’esser Faustiniana per molti.

Sapete che vi dico?
Oggi, voglio rompere un pò le scatole a chi ancora sorride. 🙂
Nel suo compendio Schopenhauer scriveva così:

IMG_8210
Difficilmente il 2023 sarà l’anno che ci aspettiamo, il numero che desideriamo esca da quei dati immaginari. Toccherà a noi correggere (come sempre) il lancio.

Spesso agli inizii di un’avventura, di un cambiamento e il nuovo anno è un cambiamento abbastanza rilevante, si ricorda chi sta peggio, si dona una preghiera, un pensiero.

Il mio pensiero non voglio donarlo agli ucraini, né al papa morto, né al numero 10 morto, né ai cattolici, né ai migranti che testardamente tentano di raggiungere le nostre rive, né agli italiani che presto si troveranno senza nulla in mano, lo dono alla ragazze iraniane, le uniche ad aver il diritto, oggi, di combattere.

Come primo pensiero del 2023 può andare. Né troppo cupo, né troppo lieto, né troppo sintetico, né troppo prolisso. Né troppo, né niente.

Buona giornata.

post image

Il valore di una foto

C’è chi afferma che tra passato, presente e futuro, solo il presente ha veramente importanza, l’unico che deve essere sempre presente (scusate il gioco di parole) nei nostri gesti e pensieri.

Spulciando tra le citazioni, si trova sempre quella giusta per dare un sostegno a quel che si vuole esprimere. Direi che non c’è nulla di più efficace di una citazione per giungere al punto di una riflessione.
“Io non vivo né nel mio passato, né nel mio futuro. Possiedo soltanto il presente, ed è il presente che mi interessa. Se riuscirai a mantenerti sempre nel presente, sarai un uomo felice. La vita sarà una festa, un grande banchetto, perché è sempre e soltanto il momento che stiamo vivendo.” Paulo Coelho.

In questa frase, ha senso ogni parola, ha valore ogni significato, ma se devo dare un senso personale, tale che posso far mio il significato, allora, la sento limitata.

Il presente è sì, la realtà viva della nostra quotidianità, ma a mio parere, il suo valore è dato dal passato e dal sentimento che avvolge il futuro, che è l’unico tesoro reale dell’esistenza, espresso attraverso quel che conta veramente di più: Il tempo. Quel che resta del nostro tempo, per esser precisi, che da sempre è: l’unico valore che non ha prezzo.

Quel che sono è frutto del passato.
A dire il vero, tutto quello che è parte di me, nel bene o nel male, è frutto dell’esperienze che ho vissuto.

È parte, è frutto, è. Niente è più presente del verbo essere nella terza persona singolare dell’indicativo presente.

Un pò contorto? Probabilmente. Tutto questo ragionamento è in realtà frutto di una foto che stamattina mi sono ritrovato fra le mani:

Anni 80′

Carino eh? 😀
Questo sono io, tanto, tanto tempo fa.
Osservandola non posso non provare un certo disagio e al tempo stesso una certa indefinita emozione.
I motivi? Che ora che sono un uomo maturo, con qualche ombra di bianca esperienza, so e comprendo cosa nascondeva quell’aria che per tutti era timidezza.

Il valore di una foto.

Fin da quando studiavo, tra le mie materie preferiti c’era la filosofia.
Una frase mi è sempre stata particolarmente amica, frase che ho capito, veramente, nel tempo:
“I tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Questi tre tempi sono nella mia anima e non li vedo altrove. Il presente del passato, che è la storia; il presente del presente, che è la visione; il presente del futuro, che è l’attesa.”  Sant’Agostino.
È significativo l’uso del presente, in tutte le diramazioni del tempo, che sia passato, presento o futuro, si è sempre nell’attimo, nel respiro. Che sia il primo giorno di vita o l’ultimo, si avrà tra le mani sempre e comunque, la storia, la visione e l’attesa.

E questi valori li trovo in quella vecchia foto, come in tante altre foto. Vi trovo storia, la mia storia, che prende vita e forma dalla visione che percorre il tempo fin ad oggi e vi trovo l’attesa, che ieri come oggi è: la speranza, la Dea che a volte è fiducia, a volte desiderio, a volte semplice e pura emozione.

Un pensiero articolato, forse, troppo retorico e artificioso per esprimere un sentire. Ma è questo che sto facendo, indipendentemente da tutto e tutti, dare valore a quello che sento e a quello che sentivo, condividendo un modo di percepire le cose, senza pretendere, poi, nulla, perché neanche io leggendo tanta ostentazione avrai, forse, qualcosa da dire. Chi accende il pc e si siede davanti a questo schermo, nella maggior parte dei casi cerca: leggerezza a volte comprensione.
Troppe volte, purtroppo, cupidigia e volgarità. Ad alcuni “Ciao, come va?” può andare bene e di lì iniziare un dialogo, ad altri può sembrare, invece, il sintomo grave di una perdita, la perdita dell’intelligenza.
La libertà d’essere come si vuole, alla fine è l’unico valore che si cerca in questo anonimato. Ed io sto navigando nel mio mare con la compagnia delle onde (a volte calme a volte tempestose) e di un diario di bordo che scivola tra passato e futuro.