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Assenza

Eccomi di nuovo.

——— Parte 1 ———

Domani visita oculistica.
Qualcuno potrebbe domandarsi, e allora?
Me lo sono chiesto? A chi può interessare il problema medico di uno sconosciuto?
Avete certo i vostri di problemi, e non è mai consigliabile ascoltare i lamenti di altri.

“Soffrire senza lamentarci è l’unica lezione che dobbiamo imparare in questa vita.”
Vincent van Gogh

Vincent potrebbe aver ragione.
In realtà piccoli e semplici dimostrazioni di gentilezza li ho ricevuti in questo mondo fatto di bit.

Al di là della percezione che ho delle persone, sempre, poco positiva.

Mi rimetto e mi sono sempre rimesso alla buona fede di chi scrive.

Voglio credere, posso credere, ho bisogno di credere.

Perché questo nuvoloso pensiero?
Un motivo c’è?
Un motivo che ha radici nella quotidianità dei contatti personali.

Esiste un detto tragico e spietato che riflette un mondo personale. Un mondo che in una logica eticamente sana non avrebbe possibile di esistere.

Parenti serpenti.

Ieri, come spesso accade la domenica, io e la mia compagna siamo andati a trovare mia madre e di conseguenza mia sorella (stesso palazzo piani diversi).

Come certo avete avuto modo di scoprire dalle tante lucette che tappezzano i balconi delle nostre vie, sta per arrivare Natale.

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Sapete che succede quando arriva? Si inizia a discutere del 25, del 26, del 31 e 1, in termini di pranzo e cene.
Ieri seduto nel divano, totalmente pacioso e sornione, mi sono ritrovano ad ascoltare i dialoghi tra mia madre, mia sorella ed una zia venuta in visita.

Se viene lei io non vengo.” o “quando mi vede neanche mi saluta, quindi non c’è alcun motivo di invitarla alla cena di Natale.
Non vi sto a raccontare i dettagli sarebbe tedioso e inopportuno, vi scrivo solo che ci sono quattro sorelle, due non si parlano, direi anzi che si odiano a morte, di conseguenza si sono create due fazioni, perché le altre due sorella vanno d’accordo una con una di quelle che non sopporta l’altra sorella, l’altra con l’altra litigiosa (scusate il gioco di parole) le due che non si odiano naturalmente si vedono anche con le altre sorelle litigiose, senza però la presenza di quella con cui vanno d’accordo… avete capito qualcosa?
Un casino, che non ha molto senso dal mio punto di vista.
La cosa che rende tutto ancor più stupido è che anche i figli delle sorelle litigiose per solidarietà non si salutano e di conseguenza non si parlano.

Uno (anche più di uno) per giunta a volte fa finta di non vedermi, pur di evitare il contatto e salutarmi (e mia madre non è neanche una delle sorelle litigiose). Quando non può farne a meno, perché inevitabile, fa il seriamente gentile. E qui torno al pensiero iniziale. Quanto è vero questo semplice atto di gentilezza?
La falsità del buonismo è vera quanto la verità della cattiveria.

Sinceramente non mi creo e non mi sono mai creati questi problemi. Di mio sono sempre stato solitario e riservato, non salutarmi cosi come salutarmi, per me è uguale, non mi offendo, né provo risentimento, qui purtroppo subentrano le mie ridotte capacità comunicative e di socializzazione dovute allo spettro asperger.
Trovo anzi tragicomico questo cercare di prendere le parti dei genitori e commettere lo stesso errore.

Piccoli atti di gentilezza. Neanche il Natale è capace di dispensarli certe volte.

Non posso, quindi, non ripensare a chi mi scrive e mi ha scritto qui.
Agli abbracci (scritti) che accompagnano i piccoli atti di gentilezza nel prendere a pensiero la mia vista e la sua problematica.
Ognuno a suo modo, Ely, stella, OGR (sempre più menestrello di sensazioni), Rosy, Alf, realizzano quello che il sangue non riesco a fare a dire o semplicemente sentire.

Ed è triste questa cecità, questa sordità che il sangue cede alla vita.

E poi surfinia: “Penso ai familiari lontani. A pericoli o minacce possibili e imprevedibili. Sono stufa di vivere in un mondo pericoloso e vedo cose belle in quantità troppo esigua per compensare anche in minima parte tutto questo orrore. Tu, caro amico, fai parte di queste ultime. La tua sensibilità, la tua empatia e la tua intelligenza. Mi spiace tanto per quello che stai passando.
Bellissimo attestato di stima che rivela la grande sensibilità di una donna che avrebbe motivi per essere più che dura con la vita e il falso buonismo così difficile da scovare a volte cosi vicino che ti accarezza e sorride.
Non che le altre anime non abbiano un altrettanto istinto sensibile. La materna impronta, quella che solo l’amore riesce a generare è visibile in ogni piccolo atto di gentilezza che offrite.
La differenza è nella natura della parole, nelle storie che si raccontano.

Esporsi al giudizio è un atto altrettanto gentile e amorevole, un atto di gentilezza e amore verso la storia che è condivisione, a volte, persino, esempio.

“Spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall’opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa.”
Lucio Anneo Seneca
   

Finora ho scritto opinioni che sono riflessi di pensiero. Come giungere alla sostanza delle cose?
Come oltrepassare il limite del giudizio e giungere all’assenza?

Assenza.

“Essere mezzo cieco è peggio che esser cieco, perché si vede quel che ci manca.”
Victor Hugo

È Natale, cosa manca?

La risposta a questa domanda apre un mondo che per adesso tengo da parte.

——— Parte 2 ———

Frida.

Sapete cosa non manca in questo periodo? Le giornate piovose.

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E lei è pronta per lunghe e solitarie passeggiate.

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Numeri primi

Il Natale è passato, il 25 è passato, ma è ancora festa per molti.
Ieri il pranzo l’abbiamo passato (io e la mia compagna) con mia madre, mia sorella, mio cognato e i miei nipoti (come quasi ogni domenica). Ma niente festeggiamenti, niente giochi, quei giochi tipici del Natale.

È stato il primo anno senza mio padre. Mia madre non ha voluto, non si è sentita di festeggiare.
Dopo il pranzo siamo andati da soli al centro (il centro storico della mia città), girato per le bancarelle natalizie, poi abbiamo deciso di optare per qualcosa di non molto natalizio: il Cinema.
Pensavo di trovare pochissime persone. Al centro le vie erano gremite di famiglie, era logico pensare che al cinema, non avrei trovato la solita moltitudine, invece, un pò di gente c’era, più di quel che pensavo. Vedendo quei piccoli nuclei familiari isolati l’uno d’altro, pragmatici anti simbolo di quel che la riunione natalizia rappresenta, mi è venuta in mente la frase:
Esiste, quindi, ancora la solitudine dei numeri primi. Ironia, ovviamente, la mia.

Questo mio post è un pensiero post natalizio, post 25 Dicembre, non ha alcuna velleità se non descrivere una mia sensazione, l’attuale sensazione.
Il Natale? Se c’è stato, io non l’ho visto, né sentito.
E direi che tutto sommato, tutto questo, non mi ha creato e crea disagio. La conquista della normalità, la vittoria dei numeri primi.

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Un amico d’infanzia

Come ho scritto nel precedente post: Preferisco celebrare questa settimana (natalizia), ricordando l’infanzia e l’adolescenza, per quanto posso riuscire. 🙂
Per questo breve periodo, per questi giorni di arrivo al Natale, vorrei provare, sempre, raccontato emozioni e ricordi a riportare alla mente il bambino che non c’è più.

E stamane un’idea mi è balenata nelle mente. Esiste un legame tra un personaggio o meglio una figura importante del Natale e l’adolescenza. L’adolescenza di chi ha qualche capello bianco in testa.
Nel presepe, tante, sono le figure importanti, ma ce n’è sono due non sempre ricordate con le dovute gratitudini, sfruttate oserei dire per il bene della scena:

Il Bue e L’Asinello.

Ed è l’Asinello che voglio ricordare, o meglio il figlio di un asinello e di una cavallina. Un amico che ha accompagnato la mia infanzia. Chi ha un pò di anni negli occhi, forse, lo ricorderà: Francis il mulo parlante.

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Posso scriverlo con coquizione di causa, ho sempre avuto un bel rapporto con gli amici asinelli.

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Io e il mio amico asinello

Uno spunto, un’occasione per ricordare i simboli della nostra vita. Oggi è facile trasformare in bandiere colori e forme senza significato, sfruttare come un asinello indifeso, simboli di pace e amore per giustificare egoismi e violenze.
Esiste un detto che dice: Siamo quel che mangiamo.
Posso declinare questo detto e farlo diventare: Siamo quel che difendiamo.
Che cos’è, chi difende la guerra?

Scusate, come mi ha affettuosamente scritto un’amica, non posso non brontolare. 🙂

BUON ARRIVO AL NATALE da ME e dal MIO amico ASINELLO.

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Tradizioni

Sicuramente ci avrete fatto caso ma manca poco a Natale :-)))
Ho letto da qualche parte che è una delle feste più controverse. Tanto amata e al tempo stesso tanto odiata.

Da quel che dicono è colpa delle luci. Una metafora ovviamente. Le luci hanno il pregio di mettere in risalto ciò che è in ombra e in questo periodo di riunioni, di convivialità, chi è solo, chi soffre di solitudine, si sente ancor più solo, chi ha poco e non può dare e fare tanto, sente di esser ancor più povero.
Poi c’è l’assenza di chi se ne andato per colpa di questi due anni, anche questa è un’ombra che la luce mette dolorosamente in evidenza. Questo è ciò che soffre chi non ama, tanto, questo periodo.

Oggi, voglio, però, soffermarmi sulle tradizioni e i ricordi che esse tramandano.
Il legame più forte che ho con questo periodo è legato al presepe.
La mia spiccata creatività e manualità, mi ha sempre messo nelle condizioni di poter e saper fare lavoretti artistici. Il presepe è una costruzione tutto sommato, molto vicina alle creazioni artistiche.
Composizione, decorazione, elementi che sono alla base di qualunque lavoro creativo, compreso il presepe.

Da tradizione mia madre usciva le decorazioni e gli addobbi, l’8 Dicembre, e negli ultimi 48 anni si è sempre fatto così ed ho continuato a far così, anche quando ho lasciato casa dei miei genitori.

L’8 Dicembre, quindi, ho uscito addobbi, pastori e luci e insieme alla mia compagna abbiamo iniziato a rendere il nostro appartamento più natalizio. Lei si è adoperata sull’alberello, io sul presepe.

Al di là del significato religioso che è relativo, da piccolo, infatti, non capivo la natività e la fede che viveva dietro quel piccolo bambino di plastica, oggi, al di là del significato, è il ricordo che mi spinge ogni anno a prendere i pastori e posizionarli in quel piccolo scenario fatto di carta e cartone. Mi ricorda i nonni, le mie nonne per esser precisi. Per esser corretti, più che precisi, una nonna, l’altra in verità era la prozia di mia madre, per me era la nonna, sempre chiamata nonna e sempre resterà la mia nonna.
Perse da giovane. Le uniche, in particolare la pro pro zia, ad avermi dimostrato amore.
Quell’amore fatto di piccoli atti di gentilezza.

Mia madre mi ha avuto molto, molto giovane. Dietro aveva ed ha una storia triste e dolorosa. Molto giovane, troppo giovane per saper crescere un bambino, troppo ignorante (non lo cito come un difetto, né con disprezzo, ma come una condizione sociale comune dalle mie parti)  per capire le necessità di un bambino.
Mio padre poi, il maschio siciliano. Non era neanche colpa sua, uno stereotipo sociale che purtroppo per lungo tempo ha marchiato gli uomini siciliani. Non sono stati capaci, non sapevano come fare, non avevano l’educazione, mia madre, in particolare, non ha avuto l’esempio di come si dava affetto, si davano carezze, baci, non le ha avute lei, non le ha sapute dare. Ha fatto il possibile, più di quando poteva per prendersi cura di me e mia sorella, ha dato l’immenso amore che aveva nell’unico modo che sapeva fare.

Non voglio rattristare me, né chi legge, quindi, abbandono il racconto e il passato. Ho un ricordo ed insieme ad esso un’emozione, una delicata emozione. Quel ricordo e questa emozione è quel che voglio condividere.
E lo faccio attraverso questa immagine.

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Ciao Nonna