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Burrasca

Eccomi di nuovo, pochi giorni sono passati dall’ultimo post.

Un post, forse, inusuale come una cara amica ha notato. Inusuale più che altro per il contesto che si viveva quel giorno – San Valentino – una coincidenza in verità.

Non racconterò altro, se avessi voluto avrei liberato i commenti, non c’è in realtà nulla da dire, un accumulo di fattori, può capitare di dover liberare ciò che reprimi da giorni, addirittura mesi. A pagarne lo costo è stata la mia arte, sempre stato così, mi premuro d’esser sempre solo quando esplodo, non è mai stata mia intenzione far male a nessuno, se non a me stesso.

 

Come continuare, ora, posso restare nel contesto e mantenere la linea degli ultimi post.

Una pessimistica e disillusa visione di questa società, tanto per regalarvi un sorriso.

 

Ieri pomeriggio mentre uscivo Frida per la sua passeggiata quotidiana, mi sono ritrovato ad assistere ad un’altra scena d’ordinaria inciviltà.

Camminavo Tranquillo, quando imboccando una via vedo un’auto dei vigili urbani ferma a lato della strada e una vigilessa che gira attorno ad un’auto posteggiata praticamente in mezzo alla strada.

Le auto in transito riuscivano a passare, lo spazio era abbastanza per una macchina, non per qualcosa di più grande, tipo un autobus.

E di fatti un autobus era fermo, bloccato, incapace di passare. Attorno si era formata una piccola folla, vedevo la vigilessa chiedere se qualcuno conoscesse il proprietario dell’auto, persino a chi s’affacciava dal balcone richiamato di certo dal clacson del bus. Sono rimasto una 15 di minuti a osservare la rabbia dei passeggieri del bus e la rassegnazione della vigilessa costretta a chiamare il carro attrezzi.

Che dire?

Non era neanche questione di posteggio selvaggio, solo e semplice menefreghismo, un fregarsene delle regole sociali e della convivenza.

Uno stronzo che crede di poter fare quel che vuole.

 

Occupandomi di arte ho avuto la fortuna di studiare il bello e scoprire cosa può riuscire a fare una mente e un cuore se sono ispirati. Si rimane senza fiato nel contemplare il virtuosismo che possono generare.

Quando poi è l’amore a ispirare melodie e colori, i loro frutti toccano l’anima.

Ma ho visto anche il brutto. L’arte tramanda quel che l’artista testimonia. Spesso, io stesso, ho creato ispirato da eventi che la società ha vissuto. Per quale motivo sentiamo il bisogno di dare forma, colore e voce alla vita che ci circonda, non lo so?

Posso immaginarlo, intuirlo.

 

Guardando i brandelli di tela, mi sono sentito pervaso da una sensazione di stupore, come se non avessi alcuna risposta alla domanda:

Perché l’ho fatto?

 

Che cosa rimane di noi? Che peso hanno le parole che abbiamo detto?

Da tempo mi sono accorto che tra quel che dico e quel che faccio a volte c’è una distanza immensa.

Quando mente e cuore non sono sullo stesso sentiero, cosa accade all’anima?

 

 

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,

ove trovino pace.

Io son come loro,

in perpetuo volo.

La vita la sfioro

com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.

E come forse anch’essi amo la quiete,

la gran quiete marina,

ma il mio destino è vivere

balenando in burrasca.

Vincenzo Cardarelli

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Per tutta la vita

“L’amore è un maestro, ma bisogna saperlo conquistare, perché è difficile meritarlo; lo si ottiene a caro prezzo e con grande fatica e dopo lungo tempo, perché bisogna amare non per l’opportunità del momento, ma per tutta la vita.”
Fëdor Dostoevskij.
Saggio e sempre sul punto Dostoevskij: bisogna amare non per l’opportunità del momento, ma per tutta la vita. Per questa saggezza ieri non ho scritto nulla sulla festa di San Valentino.
Non voglio criticarla, voglio solo sottolineare che “per tutta la vita” è ben più impegnativo e richiede molto più di una scatola di cioccolatini regalata una volta all’anno.

L’avete mai detto o scritto? Per tutta la vita. Un impegno che suona come un sigillo, un patto di sangue, un contratto metafisico.
Mi viene in mente un proverbio: Multo quam ferrum lingua atrocior ferit.

Ne uccide più la lingua che la spada.

Le parole hanno un peso e che peso. Me ne sono reso conto fin da subito, dai primi anni di scuola, che le parole potevano fare male, oltre che dare gioia e amore. Come vittima di bullismo (oggi chiamata così la molestia e la violenza scolastica) ho imparato subito il valore delle parole e del silenzio, e sì anche del silenzio, l’ho scritto molte volte anche di recente.

Dopo aver scritto quello che avete appena letto, mi sono fermato, un blocco, non sono riuscito più a continuare il pensiero, per ore.
Il linea di massima avevo scritto quel che volevo condividere. La critica a San Valentino era stato lo sparacchiò per mettere in evidenza quell’amore fantoccio che vive nelle parole senza tempo.
La verità priva di scheletro che, ogni giorno, vive la sua vita, nell’illusione che possa reggere il peso di un’eternità di promesse.
Che diamine ho scritto? 🙂

Un giorno ero lontano,
mi sono accorto di non sapere dove fossi,
non ricordavo il perché fossi in quel luogo.
né come fossi arrivato lì.
I pensieri non avevano peso,
e la mente era leggera.
Vi è mai capitato di essere assenti?
Di non aver timbrato il cartellino dei ricordi?
Di non riconoscere il mondo attorno a voi?
Di non avere più pensieri da vendere?
Di avere la sensazione di esservi persi?

Le parole possono farci perdere l’orientamento e la consapevolezza di sé stessi, tante parole possono creare un labirinto di promesse, di speranze e paure, che possono sprofondarci in un limbo senza memoria. Una memoria che genera angoscia e preoccupazione. E pensiamo, pensiamo, pensiamo, pensiamo e pensiero fino a dimenticare l’origine del nostro pensiero e quel che rimane, è solo l’opinione altrui.

“Penso troppo ai come e ai perché, troppo a me stessa. Non mi va che il tempo mi svolazzi intorno battendo le ali.”
Virginia Woolf.

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