Abbiamo ricordato sopra come la liturgia sia composta da atteggiamenti, gesti che divengono segni e l’importanza che essi rivestono nello svolgimento della liturgia. Il modo di celebrare rivela lo stile di una comunità, la sua fede, la sua devozione. Ecco perché nella storia della Chiesa la pastorale liturgica ha rappresentato sempre un capitolo fondamentale ed una preoccupazione importante per ogni Vescovo, il quale è l’unico responsabile della liturgia nella propria diocesi. Le distanze imposte, a tutt’oggi anche nelle celebrazioni all’aperto, si trasformano in segno di divisione, che è diametralmente opposto all’immagine che una comunità dovrebbe dare di sé durante una celebrazione. Se, tuttavia, è possibile accettarle in un conclamato rischio epidemico, diviene totalmente inaccettabile quando quest’obbligo viene imposto verso gli stessi familiari, che convivono abitualmente. Eppure tale disposizione è stata confermata da molte Curie italiane, cosicché marito e moglie, mamme e figli sono stati separati.
Ancora, in questo periodo estivo, ricco di celebrazioni mariane in tutta Italia, giunge notizia che in molte diocesi siano state vietate le processioni in onore della Madonna che tradizionalmente, da centinaia di anni, si sono continuate a svolgere nelle città e nei paesi italiani. Tuttavia la processione, che costituisce il prolungamento della messa festiva dedicata alla Madonna o ad un santo ed insieme una manifestazione della Chiesa al mondo, si svolge ovviamente all’aperto e per sua stessa natura deve essere ordinata e distanziata. A tal proposito, solitamente vengono incaricate alcune persone dagli stessi Parroci con il compito di vigilare sul corretto svolgimento della processione, oltre alla presenza dei Vigili Urbani che intervengono di norma bloccando il traffico e quindi potrebbero vigilare all’occorrenza anche sul mantenimento delle distanze e sul divieto di assembramento. Le processioni religiose costituiscono un patrimonio culturale unico della nostra nazione, continuando a svolgersi ininterrottamente nella storia, perfino durante gli anni indimenticabili in cui l’epidemia della peste devastò la città di Milano. L’allora Arcivescovo San Carlo Borromeo, nel 1576 convinse i magistrati milanesi, governanti la città, a concedergli tre grandi processioni penitenziali, che il santo volle ardentemente per implorare il perdono di Dio e fare penitenza dei peccati del popolo. La prima processione generale si svolse il 3 ottobre, seguita da altre due il 5 e il 6 dello stesso mese. Nel luglio del 1577 finalmente la terribile epidemia abbandonò la città (G. P. Giussano, Vita di San Carlo Borromeo, Stamperia della Camera Apostolica, Roma 1610, p. 267).
Se la Liturgia riveste un ruolo fondamentale nella vita e nell’attività della Chiesa, non si può non volgere almeno uno sguardo a ciò che costituisce il fondamento stesso della fede della comunità dei Credenti: la Sacra Scrittura.
La sequela di Cristo implica il rinnegamento di se stessi per abbracciare la croce: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,34-35).
La causa di Cristo e quella del suo Vangelo, lieto annuncio di salvezza, deve precedere qualunque preoccupazione materiale, finanche il timore per la propria vita: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio” (Lc 12,20-21).
“Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. […] Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? […] Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12,22.24-26.29-31).
Mentre nell’Antico e Nuovo Testamento ricorrono molto frequentemente le parole “non temere” (Ger 1,8; Dt 31,6; Sal 27,1; ecc.) o “non abbiate paura” (Mt 10,28; Lc 12,7; Gv 6,20; Ap 2,10; ecc.), nel libro dell’Apocalisse la vigliaccheria viene condannata e posta al primo posto fra i peccati elencati, precedendo anche l’omicidio (Ap 21,8).
Gesù condanna duramente i farisei e tutti i Giudei che “non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito” (Mc 7,3), perché “non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo” (Mc 7,15). E ai suoi discepoli che chiedono spiegazioni in privato sul significato della parabola dice: “Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo” (Mc 7,20-23).
L’osservanza meticolosa dei precetti della tradizione, da parte dei Giudei, non implica una vera conversione del cuore che si traduca poi in autentico amore per il prossimo: al capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato la guarigione di una donna inferma da diciotto anni, curva ed incapace in alcun modo di “drizzarsi”, nel giorno di sabato, sacro per i Giudei e destinato al riposo, Egli risponde: “Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott’anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?” (Lc 13,15-17).
La concezione del cristianesimo, come si vede, è spiccatamente personalistica. Afferma Sant’Agostino, grande filosofo cristiano oltre che Dottore della Chiesa: “O tu buono e onnipotente, tu curi ognuno di noi singolarmente come se fosse il solo e curi tutti, come se fossero singoli”. (Sant’Agostino, Confessioni 3, 11, 19). La ricerca del bene comune, pur se legittima, non può trasformarsi in un attacco alla dignità della persona e in una limitazione dei suoi diritti inviolabili, perché ogni uomo è sacro davanti a Dio e ne porta il volto: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,27).
Il volto umano, irripetibile nella sua assoluta originalità, costituisce un modo unico di trasmettere sentimenti ed emozioni all’altro, e come tale di averne “compassione”, nel senso biblico del termine che indica intima commozione, empatia (Lc 10,25-37). Coprire il proprio volto nel rapportarsi all’altro significa negare i propri sentimenti, la propria storia, il proprio essere, in ultima analisi la propria stessa umanità, che ci rende fratelli e figli di un solo Padre celeste.
La Chiesa, Corpo di Cristo, sembra dunque ora presentarsi divisa, umiliata, in preda alla paura, e dal volto irriconoscibile. Ma come disse Papa Giovanni Paolo II nel 1980 a Fulda, in Germania, quando i cattolici tedeschi gli rivolsero alcune domande circa il Terzo Segreto di Fatima: “Dobbiamo prepararci ad affrontare fra non molto grandi prove, le quali potranno richiedere persino il sacrificio della nostra vita e la nostra totale donazione a Cristo e per Cristo […]. Con la vostra e la mia preghiera sarà possibile mitigare queste tribolazioni, ma non è più possibile evitarle, perché un vero rinnovamento nella Chiesa potrà avvenire solo in questo modo. Quante volte già il rinnovamento della Chiesa è scaturito dal sangue! Neppure questa volta sarà diverso. Dobbiamo essere forti e preparati, confidare in Cristo ed in sua Madre, e recitare molto, molto assiduamente la preghiera del Santo Rosario” (L’articolo che riferisce questa intervista al Pontefice è stato pubblicato originariamente in Germania, nell’ottobre 1981, dalla rivista Stimme des Glaubens).
E questa è la certezza della comunità dei Credenti: che rinascerà, purificata e salda più di prima, perché l’antico Avversario non può e non potrà mai fermare quell’arma potentissima che è la preghiera della Chiesa, insieme alla protezione della Madre di Dio, Aiuto dei Cristiani, “per scongiurare”, come scrive Antonio Socci, “una folle fine della storia” (A. Socci, Il segreto di Benedetto XVI [Perché è ancora Papa], Rizzoli, Milano 2018).