Poesia – Il dolore dei ricordi

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Un bisogno di amore
di poter partecipare aiutare
che resta soffocato
tra doveri e paure
La responsabilità di una madre anziana
che mi ha amato, che ho amato, che amo
il cui disturbo diventa un peso
in tempi di tragedia
Un mio carattere estroverso
che non riesce ad esprimersi ed è incredulo
di non riuscirci una volta di più
Una mia capacità di comunicare
di risultare simpatica se volevo
che mi si è come ritorta contro
Un amore passionale
che mi si è come ritorto contro
anche quello
Dei lati positivi che pensavo di avere
che non riesco tuttora
a vedere come difetti
riflessi al contrario nello specchio della vita
non so perché
non so sulla base di quale misinterpretazione
forse lo sapevo ma non lo so più
Dimenticare a volte è indispensabile
per poter continuare non a vivere
a tentare di andare avanti

NOTA: La foto astratta in copertina, “Spruzzi di luce capovolti”, è ottenuta da dei piccoli preziosi cristalli illuminati, fotografati attraverso una biglia di vetro, regalo di Mattia Achler.

Solitudini che si esprimono

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Tra le persone che ho conosciuto con problema psicologico, ci sono in particolare il mio compagno ed un mio caro amico. Mi prendo la libertà di dedicare un po’ di spazio all’esposizione anche di un paio delle loro opere artistiche.
Il disegno in copertina è mio, di una donna che non è mai tornata ad essere infantile, ma è stata obbligata al ruolo per quasi 20 anni, per rendersi accettabile / simpatica alla società al di là del pregiudizio psichiatrico, con qualche discreto successo. Che sa, su sé stessa, quanto ha sofferto, perché nella migliore delle ipotesi si fanno battute ironiche come se una non fosse in grado di capirne il senso, che a differenza di quanto succede a una bambina feriscono, alle quali invece non si può rispondere,
Da un’accentuazione della tensione di questi ultimi anni nasce il disegno, in cui veramente il sogno vorrebbe solo poter evadere pacificamente dal soffitto e viene bucato. Ho avuto un’infanzia felice, nella quale sono stata amata e non ho subito traumi, e forse in particolare per questo non sono disposta ad arrendermi facilmente. Il sogno cerca nuove forme espressive, nuove strade.

Un antico papiro in una lingua sconosciuta. Da un'opera originale di Cosimo Angeleri.
Un antico papiro in una lingua sconosciuta. Da un’opera originale di Cosimo Angeleri di inizio 2022.

Come esprimersi, se si ha paura, se è negata la possibilità di farlo esplicitamente? Viene fuori un’arte contemporanea nuova, che ha dei lati affascinanti. Un’assoluta mancanza di mezzi, rispetto alla cultura ed all’intelligenza potenzialmente espressiva di chi si trova in questo tipo di situazione come prima caratteristica pratica. Qui non si vuole impietosire nessuno. E’ forse un antico papiro in una lingua sconosciuta, che gli storici non si sono mai preoccupati di classificare tra quelle antiche note. Dice qualcosa? Si. Cosa? Qualcosa di sufficientemente interessante da spaventare, che non si vuole venire a sapere. Questo, lo sa anche l’autore, ma forse non se ne rende conto, infatti non oserei neanch’io tentare una traduzione.

Un'esposizione di arte povera archeologica.
Un’esposizione di arte povera archeologica. Da un’opera originale di Mattia Achler recente.

L’ultima foto è un’opera del mio compagno. Quindi potrei osare spiegare il significato  dei singoli pezzi, iniziando con l’introdurre stupefatti lettori alle leggende di Sirio (una stella doppia, intanto ben nota agli antichi Egiziani in quanto in corrispondenza con le piene del fiume Nilo). Non è il mio scopo e non avrei il diritto di provare a farlo.

Vorrei solo sottolineare che il mio compagno era appassionato di archeologia, e che ognuno di questi oggettini di arte povera, esposti come in una bacheca di un museo, è stato raccolto passando diverso tempo chino ad esplorare il marciapiede o la ghiaia di un giardinetto, magari facendosi venire mal di schiena e sudando sotto il sole. Lui lavora, e vorrebbe poterne essere orgoglioso.

 

Bambini Felici

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Ho avuto modo di viaggiare, da adolescente e da giovane, in vari paesi del mondo e mi piaceva farlo con relativa calma. Cercavo di percepire l’atmosfera, di calarmici un po’ dentro, anche se restavo una qualsiasi turista. Facevo tante foto, all’epoca, forse già allora mi nascondevo un po’ dietro l’apparecchio fotografico,  e ne facevo anche alle persone, niente di eccezionale ma alcune belline.

Qualche anno fa, in un momento di nostalgia per quei viaggi spensierati, sono andata alla ricerca sul web di foto di bambini, che a me piaceva fotografare sorridenti, felici, che stavano bene, quando mi riusciva. Queste foto, che scelsi all’epoca, sono particolari, evidentemente, una selezione tra tante, di altri fotografi.

Mi sembrano adatte, in questo periodo, in cui non si sa più  fino a che livello dei bambini rischino di morire di fame, di sete, di malattie tremende (che poi potrebbero essere curate, in teoria). Mi sembrano adatte per ricordare che veramente i bambini felici ci possono essere, ci sono sempre stati, ci sono, anche in situazioni di povertà e di rischio magari difficili da accettare in Occidente. Bambini che hanno comunque un’infanzia felice, in cui da neonati sono tenuti vicino dalle mamme, bambini non ancora sfiduciati, capaci di regalare con spontaneità un sorriso.

Questi bambini c’erano, ai tempi in cui viaggiavo (anni ’80-’90), li ho ritrovati in queste foto, penso veramente che dovremmo tenerne più conto di quanto facciamo, in questo periodo, perché comunque è in Occidente che si sta decidendo in gran parte il destino del Pianeta Terra.

Marruta

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La cagnolina ha espressioni da Walt Disney, le aveva già da cucciola. Avevo avuto varie esperienze con cani da piccola ma non pensavo che mi sarei mai decisa a prenderne uno. E’ impegnativo, ed è una delle cose belle della vita. Poi, ho avuto fortuna, penso perché ho potuto prenderla nel periodo giusto in una cucciolata di campagna e lei è una meticcetta, originale e sensibilissima.
E’ relativamente piccola di corporatura ed ha qualche difetto fisico, in particolare la gola un po’ stretta, per cui a volte tossisce. Ha qualcosa alla lontana del levriero e qualcosa alla lontana del cane da tartufo. Le piace giocare e correre, sfogarsi, ma quando la presi pensavo di trattenermi in campagna e in città non è purtroppo così facile. Ho avuto problemi recentemente, con il Covid, in quanto hanno chiuso ai cani molti spazi verdi, tra cui quello più vicino, dove la portavo abitualmente.
Ci ha reso felici, a me e al mio compagno, nei primi mesi di vita, che sono coincisi con un bel periodo per noi in generale. Ovviamente non siamo riuscite a impedirle di dormire nel nostro letto (mettevo la mano nella cesta con golf di lana in cui guaiva e immancabilmente finiva che la tiravo su nel dormiveglia). Soprattutto, ricordo me stessa in auto, su una bella stradina di campagna tranquilla e poco trafficata, e lui che con un gesto che gli è venuto spontaneo se l’è tirata sul sedile, quindi Marruta con le zampe davanti appoggiate al volante che ammirava il panorama, molto soddisfatta. E’ stato anni fa.
Ad ogni modo aveva dall’inizio una personalità spiccata, per esempio si è sempre rifiutata di riportare un bastoncino o una pallina. La nonna (mia mamma) ha provato anche con la psicologa per cani e fu un fallimento deciso. Però si abitua facilmente a tornare a un mio richiamo, se mi ci metto, e soprattutto nelle situazioni di tensione partecipa e aiuta d’istinto.
Fino a qualche anno fa, mi limitavo a stupirmi intenerita, appoggiata a un tronco d’albero, di Marruta che correva un po’ ansiosa tra mia mamma, seduta in panchina, e il mio compagno che si sfogava allontanandosi lungo un sentiero in una passeggiata solitaria. Non voleva perdere di vista nessuno dei due.
Più recentemente, la salute di mia mamma è purtroppo peggiorata, quindi cammina molto piano, e per la cagnolina, anche se capisce e aspetta già da prima, è stressante stare al passo con lei. Ci sono però le varie notti in cui mi ha svegliata abbaiando, perché mia mamma si era alzata in preda ad una crisi d’ansia e camminava avanti e indietro da sola in un’altra stanza. Dà l’allarme, me ne posso fidare, anche se naturalmente questo non risolve del tutto i problemi che ci sono.
Il mio compagno, lo vediamo più raramente, sta attraversando anche lui davvero un brutto periodo, che si spera non sia troppo lungo. A Marruta manca, quando viene a trovarci protesta, “come ti sei permesso di lasciarci tanto tempo sole!”. E’ dolce. Poi, all’ora dei nostri pasti, è sempre la solita, abituata a partecipare con la sua scodella in cui mia mamma mette una forchettata di pasta che lei divora, ad afferrare al volo il pezzetto del qualcosa che sto mangiando io. E rompe la monotonia, facendoci inevitabilmente sorridere.

Amore per il mare

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L’amore per il mare lo devo a mia madre. Piaceva a lei, moltissimo. Mio padre ci portava in posti stupendi, quando ero bambina e anche dopo. Alla ricerca di calette appartate tra gli scogli, di spiagge su cui si potessero fare lunghe passeggiate sul bagnasciuga. Poi, spesso, ci lasciava sole, andava a dedicarsi alla sua passione, le zanzare, di cui era studioso.

Noi, si camminava sul bagnasciuga, si raccoglievano sassolini e conchiglie, a volte già con un piccolo foro dovuto all’andare e venire delle onde. Il momento più bello era la mattina presto, quando l’acqua era ancora un po’ troppo fredda per farsi il bagno. Mia madre sapeva nuotare bene, ma si limitava a fare lunghi avanti e indietro sul dorso. Le piaceva stare sdraiata a prendere il sole, ad occhi chiusi, ed era capace di restarci per ore.

Non ricordo i miei primi bagnetti, da paperottola un po’ cicciotta con il cappellino per il sole, la ciambella, i bracciali. Ricordo vagamente la nonna paterna, che ci accompagnava, a me e a mamma, e le sue insistenze nel tentare di farmi restare all’ombra, di non bagnarmi neanche i piedini dopo mangiato. Me la ricordo felice, anche lei, sulla sua sdraio, ed io con paletta, secchiello, formine.

Poi, nell’acqua mi trovavo a mio agio, ed imparai a nuotare presto. A differenza dei miei, mi piaceva andare al largo, e mentre mamma prendeva il sole passavo ore con la maschera e le pinne, lungo gli scogli, fino alla punta più lontana, a volte arrampicandomi un attimo a riprendere fiato ed a scaldarmi.

Mattia e Barbara in due foto

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Casa dei Misteri nel Museo Archeologico di Napoli
Casa dei Misteri nel Museo Archeologico di Napoli
Casa dei Misteri nel Museo Archeologico di Napoli
Casa dei Misteri nel Museo Archeologico di Napoli

Se avessimo avuto più fortuna, per noi sarebbe forse adatta una bellissima poesia che ho trovato oggi sui blog di libero, in particolare “Brezza” dal blog “Emozioni vitali” de Ilcorrierediroma . Comunque lo è stata, in parte, per un periodo.