Kalahari B)

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Continua dopo Kalahari A) 

La foto in copertina è quella di un uccellino colorato tipico dell’Africa del centro-sud (l’ho visto anche in altri viaggi), che risalta particolarmente nel deserto del Kalahari, dopo il passaggio delle fiamme.

Poco dopo il Matswere Gate c’è un’area di sosta con un’esposizione dei crani di diversi animali, soprattutto antilopi, con degli esemplari di lunghissime corna sinuose; tra Matswere a Deception Valley diventa più probabile incontrare animali, a parte gli innumerevoli uccelli; io ho invece trovato il mio primo fuoco di boscaglia, che avanzava lentamente spinto dal vento, ma per fortuna non era alto nel tratto in cui attraversava la strada. In ogni caso, i quasi 100 km di cespugli bassi a partire da Rakops fanno risaltare ancora di più la maestosità della vallata di Deception, a cui ci si trova dinanzi all’improvviso superata un’ultima curva: la pista la attraversa, e c’è una vasta pianura su entrambi i lati, in cui spiccano rari gruppi di alti alberi.

Un termitaio vicino a un albero.
Un termitaio vicino a un albero.

È appunto in questa zona che avevano stabilito il loro campo base gli Owens, trascorrendovi anni a studiare in particolare le iene brune e la loro organizzazione familiare; è infatti piuttosto nota e ci sono vari siti per campeggiare, che ne hanno fatto in particolare nel mio caso il posto ideale per le prime notti, perché quando si è soli sapere di avere altra gente a portata di voce aiuta a superare l’ansia, che almeno all’inizio io ho provato, ritrovandomi al buio sapendomi circondata da animali di tutti i tipi. Inoltre questa vallata, e soprattutto la vici-na Deception Pan, dove l’effetto miraggio che fa sembrare la distesa coperta d’acqua nei periodi di maggiore siccità è particolarmente caratteristico, restano uno dei punti di partenza ideale per vedere proprio le iene, verso il tramonto o nelle prime ore della notte, quando escono a caccia, e si può sperare di di trovarsele davanti illuminate dalla luce dei fari. Tuttavia, almeno nella stagione secca, incontrarle non è così scontato, infatti non le ho viste, e forse sarebbe stato necessario parecchio più di qualche giorno per riuscirci, ma gli innumerevoli altri animali notturni ed il fatto stesso di trovarsi sotto un cielo stellato in cui sembra di poter nuotare meritano da soli l’esperienza. Ho visto invece, soprattutto la mattina presto e nel tardo pomeriggio, branchi di erbivori nella vallata.

Un impala nell'ambiente tipico della zona centro-settentrionale del Kalahari.
Un impala nell’ambiente tipico della zona centro-settentrionale del Kalahari.

Come in molti altri parchi africani, ed in particolare nel Krüger, l’antilope che si incontra più frequentemente è anche quì l’impala; l’altra antilope comune, di cui pure si vedono facilmente interi branchi che si spostano, riposano all’ombra dei rari alberi nelle ore più calde o pascolano nelle pianure, è l’orice, di taglia nettamente più grande, e di pelo tendente al grigio, ma anche in questo caso con zone di bianco e strisce nere; ha in particolare il muso bianco e nero, dalle lunghe corna dritte caratteristiche sia dei maschi che delle femmine; può avere piccoli durante tutto l’anno ed anche nella stagione secca è possibile vederli, senza corna e di colore più sul marrone, che saltellano qua e là giocando o inseguono le madri per prendere il latte.

Un orice nell'ambiente caratteristico del Kalahari centro-settentrionale.
Un orice nell’ambiente caratteristico del Kalahari centro-settentrionale.

Ho visto spesso dei branchi misti, di impala ed orici assieme, ed uno degli aspetti più affascinanti del Kalahari è che gli animali hanno avuto pochi contatti con gli uomini, per cui si lasciano avvicinare senza problemi; ci si trova anzi costretti a fermarsi perché un branco di antilopi sta attraversando la pista senza fretta. Ho visto anche individui isolati, più spesso orici, ed abbastanza sorprendentemente soprattutto queste antilopi sembrano non curarsi affatto della eventuale vicinanza del fuoco: un orice che bruca tranquillo al limite di una distesa nera di erba bruciata e magari ancora in parte accesa di fiamme vive a poche decine di metri è qualcosa di surreale e veramente spettacolare.

Degli orici tranquilli, a poca distanza dalla linea del fuoco, che brucia l'erba secca.
Degli orici nell’insieme tranquilli, a poca distanza dalla linea del fuoco, che brucia l’erba secca.

(Continua… )

 

Kalahari A)

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Sono stata nella zona centro-settentrionale, della parte del Kalahari appartenente al Botswana, nel 2006. Questa è la prima di alcune pagine dedicate a un viaggio particolarmente originale, tra i vari che ho fatto.

Premetto che quello che segue lo scrissi poco dopo avere fatto il viaggio stesso, quindi è un resoconto abbastanza corretto e non è mai stato pubblicato. La foto in copertina è di un uccellino caratteristico della regione, abbastanza comune, che è simile a un nostro corvo in miniatura, ma con la coda che si divarica, ed è chiamato “drongo”. Stranamente, a ripensarci, mi ricordo ancora di avere deciso di andare nel Kalahari chiedendomi se sarebbe stato l’ultimo viaggio in Africa della mia vita (per il momento infatti lo è stato), in quanto, come spiego, era dall’adolescenza che desideravo visitarlo.

Da quando, da adolescente, ho letto “Il grido del Kalahari” degli Owens sognavo di andarci e, per una volta nella mia vita, ho fatto le cose in regola e pianificato un minimo il viaggio e l’itinerario. In pratica, questo ha significato andare appunto nel deserto del Kalahari attrezzatissima, avendo affittato una jeep, portandomi dietro letteralmente un quintale di acqua nonché la riserva indispensabile di benzina, più vari ritrovati possibili della tecnologia in fatto di aggeggi da campeggio, ma da sola e nel pieno di una “stagione secca”, che per loro corrisponde al nostro inverno, che si è rivelata arida nel vero senso della parola.

Due Tockus leucomelas, i "tucani" che mi sono trovata davanti la prima mattina nel campeggio più vicino all'entrata.
Due Tockus leucomelas, i “tucani” che mi sono trovata davanti la prima mattina nel campeggio più vicino all’entrata.

Come spiegano tra gli altri appunto gli Owens, il Kalahari non è tutto un vero deserto, è in gran parte coperto di bassa vegetazione cespugliosa e ricco di isole di alberi; infatti, almeno nella parte settentrionale a volte piove, anche se non tutti gli anni e, quando succede, le distese aride si trasformano in praterie di erba alta. Il problema principale di questo clima variabile sono le conseguenti migrazioni degli animali: in particolare i branchi di erbivori, un tempo così abbondanti da riempire le pianure a perdita d’occhio, nei periodi di siccità si vorrebbero spostare verso la regione ricca di laghi che si trova più a nord, mentre si trovano la strada sbarrata dai “cordoni di difesa” veterinari, ovvero da dei reticoli di filo spinato che circondano gran parte dell’aerea protetta e che inizialmente avevano lo scopo di evitare il temuto propagarsi di epidemie tra il bestiame selvatico e quello domestico: c’erano già ai tempi degli Owens, ovvero negli anni ’70, e ci sono tuttora, non so se per un vero rischio di propagazione delle epidemie o se perché tra il Kalahari e le aeree protette più a nord passa una delle strade principali del Botswana e ci sono diverse zone abitate. In ogni caso, al momento del mio viaggio, oltre ai reticoli di filo spinato c’era anche il fatto che l’unico lago che si trovava abbastanza a sud perchè gli animali potessero raggiungerlo era completamente asciutto da anni, e che i pochi pozzi con pompe all’interno del parco erano tutti o quasi in via di riparazione per guasti; purtroppo, in gran parte del paese la scarsità dell’acqua costituisce un problema per gli abitanti prima che per gli animali, al punto che la moneta locale si chiama pula, che letteralmente, in Setswana, significa “pioggia”.

Un "tucano" sull'albero, sempre nel campeggio del primo giorno.
Un “tucano” sull’albero, sempre nel campeggio del primo giorno.

Con questa premessa, il Kalahari è un posto talmente incredibile da essere qualcosa di più che semplicemente bello, ed è difficile renderne l’idea, anche perché il mio è stato un breve viaggio di una decina di giorni, in cui ho potuto percorrere solo le strade sterrate più note della parte settentrionale del parco, il cui nome in Setswana è Kgalagadi; in realtà il deserto ricopre una regione enorme, estendendosi verso il sud del Botswana nonché in parte nella vicina Namibia; però, è stato un breve viaggio durante il quale mi è capitato di tutto, ed ho potuto vedere molto più di quanto sia capace di descrivere.

Un esempio di "effetto miraggio" dovuto ad una "Pan" arida vista da lontano.
Un esempio di “effetto miraggio” dovuto ad una “Pan” arida vista da lontano.

In particolare, ho visto le innumerevoli Pans, le distese che si riempiono d’acqua quando piove, e che nella stagione secca diventano lande di terra arida coperte a tratti da erba giallognola ma nelle quali può sembrare a distanza che vi sia ancora dell’acqua, perché c’è una forte variazione di temperatura tra giorno e notte e nelle ore più calde l’umidità che si è raccolta evapora in modo tale da creare un “effetto miraggio”; poi, mi sono trovata varie volte di fronte al fuoco vero e proprio, questo perché l’erba secca diventa così asciutta da incendiarsi per cause naturali, ed è stato affascinante ed inquietante nello stesso tempo.

Tra le situazioni un minimo "da affrontare con sangue freddo" in cui mi sono trovata. Non si deve rallentare, perché il rischio è che prendano fuoco gli pneumatici.
Tra le situazioni un minimo “da affrontare con sangue freddo” in cui mi sono trovata. Non si deve rallentare, perché il rischio è che prendano fuoco gli pneumatici.

Ho preso l’aereo fino a Maun, che è la principale città nel nord del paese, ed è infatti piacevole ed abbastanza grande; da lì, ci si reca anche in posti che devono essere almeno altrettanto spettacolari come il delta dell’Okawango, appena più a nord, in cui l’acqua abbonda e di conseguenza abbondano gli animali, anche nella stagione secca; io volevo invece vedere proprio il Kalahari. Il centro abitato più vicino ad una delle entrate nella parte settentrionale del parco si trova a circa 200 km a sud-est di Maun e si chiama Rakops: è piuttosto piccolo, e nell’insieme poco turistico, ma quando ci sono arrivata, nel tardo pomeriggio, si è rivelato accogliente, ed in particolare la proprietaria del supermercato locale è stata gentilissima, abbastanza da guidarmi con la sua auto ad un albergo che altrimenti non avrei mai trovato, perché era a pochi chilometri dalla cittadina ma perso nel nulla, con i suoi alti tetti a cono ed i bungalows sul retro.

Delle casupole, abitate, con il tetto di paglia ai bordi della cittadina di Maun.
Delle casupole, abitate, con il tetto di paglia ai bordi della cittadina di Maun.

I primi animali che ho visto, appena sveglia la mattina dopo, sono stati degli asini che brucavano in gruppo; il viaggio vero e proprio è cominciato così, tranquillamente, con diverse decine di chilometri di strada sterrata ed in parte sabbiosa che si snodava tra cespugli bassi, percorrendo la quale a volte sembrava di vedere un’antilope sfrecciare ai lati della macchina, ma succedeva in modo talmente rapido che non si riusciva a rendersi conto se fosse stata una realtà o meno.

Sono giunta all’ingresso, ovvero al Matswere Gate, di primo pomeriggio, un’alta entrata la cui cima in legno svettava nella distesa brulla, ed intorno qualche casa in cui abitavano i guardia-parco con le loro famiglie; ho compilato la lista dei pernottamenti previsti, che nell’insieme costituiva un itinerario già molto meno ambizioso di quello che avevo fornito all’ufficio del Department of Wildlife and National Parks di Maun appena un paio di giorni prima, quando avevo prenotato; per fortuna, comunque, nei giorni successivi sono in realtà stata libera di pernottare in qualunque sito a cui mi fossi trovata vicino al calare della notte.

La regione centro-settentrionale della Central Kalahari Game Reserve. A = Matswere Gate; B = Deception Valley; C = Leopard Pan; D = Sunday Pan; E = Deception Pan; F = Lekhubu; G = Letiahau; H = Piper Pan; I = Xade; L = Phokoje Pan; M = Tau Pan; N = Motopi Pan; O-Q = Passarge Valley. La linea marcata rappresenta il Veterinary Cordon Defense che segna i confini a nord del parco; le linee appena meno marcate corrispondono alle piste più frequentate, in particolare nella stagione arida, ma ci sono anche delle piste che costeggiano il Cordon Defense, che (linea sottile) collegano Xade a Matswere inoltrandosi nel deserto vero e proprio, nonché che proseguono verso sud fino al confine del parco più prossimo a Gaborone. Le due piste principali che portano fuori dalla regione nord-centrale del parco, vanno rispettivamente da Matswere a Rakops (circa 50 km) e da Xade a Ghanzi (180 km). Per avere un’idea approssimativa delle distanze: i tratti A-B e H-L sono di circa 40 km; tra Piper Pan e Xade ci sono circa 70 km di pista particolarmente sabbiosa; il bivio tra Tau Pan e l'inizio di Passarge Valley dista circa 45 Km da Motopi Pan e 60 Km dal Cordon Defense; invece i vari siti lungo le piste più seguite, ovvero lungo il tratto che parte da Deception Valley verso sud o quello che attraversa Passarge Valley, sono in media a 10-15 km l’uno dall’altro.
La regione centro-settentrionale della Central Kalahari Game Reserve. A = Matswere Gate; B = Deception Valley; C = Leopard Pan; D = Sunday Pan; E = Deception Pan; F = Lekhubu; G = Letiahau; H = Piper Pan; I = Xade; L = Phokoje Pan; M = Tau Pan; N = Motopi Pan; O-Q = Passarge Valley. La linea marcata rappresenta il Veterinary Cordon Defense che segna i confini a nord del parco; le linee appena meno marcate corrispondono alle piste più frequentate, in particolare nella stagione arida, ma ci sono anche delle piste che costeggiano il Cordon Defense, che (linea sottile) collegano Xade a Matswere inoltrandosi nel deserto vero e proprio, nonché che proseguono verso sud fino al confine del parco più prossimo a Gaborone. Le due piste principali che portano fuori dalla regione nord-centrale del parco, vanno rispettivamente da Matswere a Rakops (circa 50 km) e da Xade a Ghanzi (180 km). Per avere un’idea approssimativa delle distanze: i tratti A-B e H-L sono di circa 40 km; tra Piper Pan e Xade ci sono circa 70 km di pista particolarmente sabbiosa; il bivio tra Tau Pan e l’inizio di Passarge Valley dista circa 45 Km da Motopi Pan e 60 Km dal Cordon Defense; invece i vari siti lungo le piste più seguite, ovvero lungo il tratto che parte da Deception Valley verso sud o quello che attraversa Passarge Valley, sono in media a 10-15 km l’uno dall’altro.

La figura vorrebbe dare un’idea delle piste e delle soste possibili nella parte centro-settentrionale del Kalahari: i circuiti nel nord sono anche quelli consigliati dal DWNP ed attraversano la regione dove incontrare animali è più facile, soprattutto nella stagione secca; una deviazione possibile è rappresentata dalla visita della Motopi Pan, vicino al confine nord-ovest, tenendo conto che non ci si può fermare a campeggiare; poi, anche se il tragitto è piuttosto lungo e la pista diventa molto sabbiosa, credo valga comunque la pena di includere una sosta a Xade, l’entrata più vicina a Ghanzi, a sud-ovest di Maun, per rendersi conto di come cambia il paesaggio, con le prime vere e proprie dune, quando ci si inoltra nel centro; la zona oltre Xade, che io non ho visto, si estende fino nel vero sud del paese, ed è in questa vasta regione realmente desertica e poco accessibile che ancora vivono di caccia i boscimani, ma sono rimasti in numero relativamente piccolo, e si parla di trasferirli fuori dai confini del parco.

Un racifero (Racipherus campestris) nella boscaglia, andando verso la zona più a sud del parco.
Un racifero (Racipherus campestris) nella boscaglia, andando verso la zona più a sud del parco.

Continua in Kalahari B)