Davide Dattoli e il futuro che verrà

   Davide Dattoli, inserito da Forbes tra i 30 under 30 più influenti nel campo della tecnologia, ha fondato a vent’anni Talent Garden che oggi conta 26 campus in otto Paesi europei. Forte della consapevolezza che il futuro non si può bloccare e che l’intelligenza artificiale potrebbe anche diventare un’arma di distruzione di massa, a Nicoletta Polla-Mattiot dice: “Il rischio di arrivare a Matrix c’è ed è per questo che occorre studiare, essere formati e lavorare nella direzione di una tecnologia pensata sull’uomo e a favore dell’uomo. Di certo non si può aspettare né rimandare. Se si pensa che l’iPhone è arrivato nel 2009: in dieci anni tutto è cambiato e tutto cambierà ancora più velocemente. Dal digitale stiamo migrando al vocale e a breve al mentale. Quando si pensa all’interfaccia di domani, non toccheremo più nulla, parleremo con le cose e, il passo immediatamente successivo sarà che non avremo più neppure bisogno di dire, basterà pensare. Pensieri trasformati direttamente in azioni: non ci vorranno più di dieci anni”.

   E a proposito del lusso che verrà spiega: “Penso che un traguardo ormai vicino è quello di una personalizzazione uno a uno. Se la customizzazione risponde già adesso al desiderio di un’esperienza tagliata su misura, la tecnologia ci permetterà di assecondare questo bisogno fino alle sue estreme conseguenze: la creazione di oggetti unici, che avrà una sola persona al mondo, borse, scarpe, accessori diversi da ogni altro. È il massimo dell’artigianalità, ma studiato e governato da un algoritmo. Pensiamoci: nel digitale il concetto di elitarietà sparisce perché tutto (anche il telefono più evoluto o il dispositivo più nuovo) costa abbastanza poco. Dunque la vera elitarietà più che nell’oggetto in sé sta nella creatività che questi oggetti ti consentono di esprimere. Un altro tema chiave da considerare è la scala. Noi italiani siamo abituati a pensare che piccolo è bello, ma le nostre aziende, i nostri prodotti, la nostra classe dirigente si deve misurare con il mondo. Non c’è altra unità di misura oggi”.

Verrebbe da dire: ai posteri l’ardua sentenza, ma il futuro è già qui.

Davide Dattoli e il futuro che verràultima modifica: 2020-03-18T10:39:44+01:00da VIOLA_DIMARZO

8 pensieri riguardo “Davide Dattoli e il futuro che verrà”

  1. Sarò breve.

    “Verrebbe da dire: ai posteri l’ardua sentenza, ma il futuro è già qui.”

    Se intendi che il futuro ipotizzato da Dattoli esiste da anni, ma lui non se n’è accorto ancora, mi trovi completamente d’accordo con te. Del resto:

    “Quando si pensa all’interfaccia di domani, non toccheremo più nulla, parleremo con le cose…”

    Di amicizie virtuali, di Alexa o Google che soddisfano ogni nostra domanda, che ci ricordano tutto quello che gli chiediamo di ricordarci, che ci aiutano nel fare i compiti, che ci mettono le nostre canzoni preferite, che ad un comando vocale o telefonico ci accendono le luci, il gas o il riscaldamento, c’è solo da scegliere.

    “… e, il passo immediatamente successivo sarà che non avremo più neppure bisogno di dire, basterà pensare. Pensieri trasformati direttamente in azioni: non ci vorranno più di dieci anni.”

    Evidente che Dattoli non si è nemmeno accorto che non fa in tempo a sfogliare il web per cercare dove potrebbe portare a cena la gnocca di turno e dove portarla nel dopocena che gli sono già arrivate duecento mail dove ristoranti, locali e motel si propongono per la sua serata speciale. Gli daranno anche il percorso perché hanno anche le coordinate di casa sua.
    E’ proprio la tecnica del pensiero trasformato in azione. Alexa di Amazon come Pinterest e tanti altri, si direbbe che abbiano qualcosa di magico ma non sono altro che il cane che, senza che tu gli dia peso, conosce così bene i tuoi movimenti, le tue espressioni facciali e quindi i tuoi umori. Solo annusandoti potrebbe dirti se sei allegro, triste, incazzato o preoccupato. Sembra che dorma accucciato sul pavimento ma ti ascolta, ti osserva ed impara archiviando ogni tuo movimento nel suo database. Del resto, la frase “mi leggi nel pensiero” è vecchia come l’umanità ed il 60% almeno di quello che mettiamo nel carrello della spesa, subliminale o meno, non l’abbiamo scelto noi ma quella pubblicità che amorevolmente ci porta per mano.

    Sia chiaro, non sto dicendo che Dattoli sia un povero fesso, anzi, sarebbe non riconoscergli la bravura che i fatti gli riconoscono. Dico solo che sul futuro che ci prospetta è arrivato in ritardo di almeno 15 anni.

  2. Sarò breve anch’io: sull’argomento, che mi affascina solo a livello di curiosità intellettuale, sono impreparata. Sono una donna d’altri tempi, prediligo il materico, il rapporto diretto col bene che intendo acquistare, quindi quello che avviene tramite Amazon e compagnia bella mi è precluso; però sul concetto di lusso di Dattoli sono d’accordo: immaginare un oggetto esclusivamente mio, nel senso che è stato forgiato solo per me, farebbe la differenza.

  3. Sarò succinto.

    “però sul concetto di lusso di Dattoli sono d’accordo: immaginare un oggetto esclusivamente mio, nel senso che è stato forgiato solo per me, farebbe la differenza.”

    Una lettrice bulimica direbbe che la letteratura è lo tsunami delle cose scritte ad personam. Donne e uomini (più donne) che si sono viste dedicare biblioteche intere. Il fascino dell’oggetto esclusivo, forgiato solo e proprio per te, è qualcosa che esiste da quando esiste il mondo. Secondo una delle tante leggende metropolitane perfino il creato è stato creato solo per noi.
    L’esclusività di cui parla Dattoli, non è l’unicità di cui parli tu. E’ l’auto di serie che puoi ordinare personalizzandola nel colore, negli interni, nei cerchi ed in altre decine di variabili. Alla fine sarà solo diversa dalle altre, ma l’auto è quella, il modello è quello. Quello che dici tu, e supercalifragilisticespiralidosamente d’accordo, è l’unicità non del pezzo unico che hai comperato ma dell’oggetto forgiato esclusivamente per te. Fatto, scritto, ballato o cantato proprio per te.

  4. Ma l’oggetto come assoluto non esiste, tutto è già stato inventato, costruito, cantato, scritto e dunque non si può che rimaneggiare l’esistente. Potrei commissionare un Patek Philippe, suggerendo dimensioni, forma e pietre preziose, ma inventerei forse qualcosa? No, l’unica esclusiva che ci viene concessa è inerente ai rapporti interpersonali: se io amassi te e tu amassi me, il nostro sarebbe un amore unico, come unici sono tutti gli amori del mondo. Convieni con me che l’unicità è incorporea?

  5. Il lusso non è un oggetto ma l’avere a disposizione il pensiero o il fare esclusivo di chi lo crea, sia esso cosa situazione o sentimento.Novello mecenate o possessore di schiavi ,la differenza è solo quanto e come paghi chi si pone al tuo servizio

  6. “l’unica esclusiva che ci viene concessa è inerente ai rapporti interpersonali: se io amassi te e tu amassi me, il nostro sarebbe un amore unico, come unici sono tutti gli amori del mondo. Convieni con me che l’unicità è incorporea?”

    Esatto @Viola. Per essere succinto non sono entrato in quella che davvero è l’unicità e quindi in quel labirinto folle e meraviglioso nel quale ci si perde. Quella scatoletta ossea nella quale il processore elaborando le sue percezioni ovvero i sensi trasforma il tutto in pensiero e quindi in cultura. Quel frullatore nel quale il desiderio farà da catalizzatore per realizzare quell’orgasmo di sentimenti, amore e, in qualche caso, a seconda della follia, arte e poesia.

    Certo @Mario, l’esclusività abbraccia a 360° sia le cose che il pensiero. Non mischierei però la sudditanza o la dipendenza perché le considero patologie. Sono esclusività bulimiche derivanti dal danaro e dal potere, non fanno testo. Come il cesso in oro 24k o il Modigliani appeso nello yacht.

Lascia un commento

Se possiedi già una registrazione clicca su entra, oppure lascia un commento come anonimo (Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog).