Bridgerton, dramma in costume che si ispira ai romanzi di Julia Quinn e che nelle intenzioni avrebbe voluto emulare la grandezza delle opere di Jane Austen, è poco più di una macchietta, con le matriarche pettegole pronte a tutto per maritare le figlie, la regina Charlotte che compete in grazia con uno scaricatore di porto, e i nobili arroganti pronti a prevaricare sui più deboli. Sullo sfondo la sempiterna lotta tra perbenismo e anticonformismo, anche se va detto che la serie si connota per essere sessualmente esplicita.
Non sarei qui a scriverne se non avessi letto che Regé-Jean Page che interpreta il duca di Hastings, non ci sarà nel cast di Bridgerton 2 per via di un mancato accordo economico: l’attore, bello quanto incapace, aveva preteso più di 50 mila euro a puntata, ma Netflix gli ha dato il benservito. Niente di personale giacché la presunzione è un male comune, ma qualcuno prima o poi dovrà rendere edotto l’affascinante Page che se passerà alla storia delle serie tv è solo per aver leccato un cucchiaino come nessuno prima. I fan in rivolta dovranno farsene una ragione.
Ma perché non ci indigniamo anche dei nostri attori e attrici cani che ne percepiscono 150 se non 200mila a puntata senza sapere neanche leccare un cucchiaino e inanellando un insuccesso dopo l’altro.
Il problema però non è quanto percepiscono gli attori ma chi decide, a differenza di netflix, di pagarli così tanto, naturalmente con i soldi pubblici.
Se proprio vogliamo ricorrere a un verbo abusato, mi indigno eccome per i compensi spropositati di chiunque e oltre agli attori definiti impropriamente tali, aggiungerei alla lista nera i one man show che come sottolinei giustamente sono pagati dai soldi pubblici. Resta il fatto che Page è un gran presuntuoso, perché ognuno di noi dovrebbe avere la capacità di autovalutarsi prima di pretendere.