Ethos, il cui titolo originale è Bir Başkadır che significa “è un altro/a”, è una produzione turca che pone al centro della narrazione Meryem, giovane donna musulmana con hijab d’ordinanza, afflitta da improvvisi svenimenti; l’incontro con la psicologa Peri svelerà che l’incerto stato di salute è dovuto a tutta una serie di proibizioni e vincoli culturali che abitano la mente della giovane. Guarirà Meryem, e per vie traverse anche la stessa terapista, non così sicura di sé come appare. Sullo sfondo la Istanbul delle periferie rurali e della gente semplice che lì ci vive e s’arrangia, ma pure la Istanbul della borghesia laica, non del tutto scevra da condizionamenti arcaici.
Se di primo acchito Ethos può suscitare, negli spettatori occidentali, una sorta di rifiuto per scene in cui l’uomo comanda, letteralmente, e la donna obbedisce, col dipanarsi della narrazione la riluttanza farà posto all’empatia: davanti ai loro occhi sfileranno tipi umani a vario titolo traumatizzati dalla complessità della società contemporanea turca. Perché Netflix abbia scelto di negligere, a livello di battage pubblicitario, questa ottima serie, resta un mistero.
P.S. È probabile che io stia eccedendo col binge watching ma, benché non sia una scusante, a livello numerico sono in buona compagnia. Del resto, finché non verranno riaperti sale cinematografiche e teatri, l’alternativa è il centro commerciale. E per quanto mi riguarda no, grazie.
IO CERCHERO’ DI SEGUIRLA TUTTA QUESTA SERIE.PERCHE’ IL CONFRONTO CON INDIVIDUI E CIVILTA’ DIFFERENTI DALLE NOSTRE, CI APRE LA MENTE E TUTTO SOMMATO CI FA APPREZZARE COME VIVIAMO NOI EUROPEI.