Olga Misik: sfido Putin e non mi fermerò

   Olga Misik, attivista russa, sfida Putin leggendo la Costituzione seduta per terra tra gli agenti antisommossa che non la fermano, ammutoliti dalla sorpresa. Accadeva lo scorso luglio e, pur avendo accumulato nel frattempo decine di denunce, la studentessa di giornalismo all’Università di Mgu di Mosca rilancia senza timore: “Il senso di quello che facciamo noi dissidenti non è distruggere tutto. Noi vogliamo semplicemente creare un sistema che funzioni, che sia onesto ed efficiente. Vogliamo rendiconti trasparenti delle spese, vogliamo gente che controlli, vogliamo che si metta fine alle ruberie. Persone nuove che prendano il posto degli incapaci che ricoprono ruoli di grande potere. Non è vero che il sistema attuale ha portato stabilità come molti vanno ripetendo”. E forte dell’ottimismo che connota la sua età, 18 anni, aggiunge: “Anche se nel mio paese sarà sempre più difficile protestare , prima o poi ce la faremo a risolvere questa situazione perché arriveremo a un punto di non ritorno e le cose cambieranno.  Anche in Russia arriverà questo futuro luminoso dove i diritti civili saranno riconosciuti a tutti i cittadini”.

   Mostra altrettanta sicurezza nell’esprimersi a proposito della coetanea Greta Thunberg, dalla quale il suo attivismo differisce per un particolare di non poco conto: “Greta mi piace, la supporto. In tante cose siamo simili, abbiamo la stessa età, un’immagine che ci avvicina sui media però le proteste di Greta non sono pericolose. Lei non rischia nulla. Io sì, specialmente dopo il mio viaggio in Italia perché io qui incontro giornalisti, rilascio interviste. Il rischio più grande adesso è tornare in Russia perché il governo vede negativamente le persone che lavano la biancheria sporca fuori casa. Se uno rimane in silenzio, pensano, tutti i problemi si risolveranno da soli”.

Auguri, Olga.

Leggete e fate girare. Fa bene al cuore

Era l’11 marzo del 2020

le strade erano vuote, i negozi chiusi,

la gente non usciva più.

Ma la primavera non sapeva nulla.

E i fiori continuavano  a sbocciare

e il sole a splendere.

E tornavano le rondini

e il cielo si colorava di rosa e di blu.

La mattina si impastava il pane

e si infornavano i ciambelloni.

Diventava buio sempre più tardi

e la mattina le luci entravano presto

dalla finestre socchiuse.

Era l’11 marzzo 2020

i ragazzi studiavano connessi a G Suite

e nel pomeriggio immancabile

l’appuntamento a tressette.

Fu l’anno in cui si poteva uscire

solo per fare la spesa.

Dopo poco chiusero tutto

anche gli uffici.

L’esercito iniziava a presidiare le uscite

e i confini

perché non c’era più spazio per tutti

negli ospedali.

E la gente si ammalava.

Ma la primavera non lo sapeva

e le gemme continuavano ad uscire.

Era l’11 marzo del 2020

tutti furono messi in quarantena obbligatoria

i nonni, le famiglie e anche i giovani.

Allora la paura diventò reale

e le giornate sembravano tutte uguali.

Ma la primavera non lo sapeva

e le rose tornarono a fiorire.

Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme

di scrivere lasciando libera l’immaginazione

di leggere volando con la fantasia.

Ci fu chi imparò una nuova lingua

chi si mise a studiare

e chi riprese l’ultimo esame

che mancava alla tesi

chi capì di amare davvero

separato dalla vita

chi smise di scendere a patti con l’ignoranza

chi chiuse l’ufficio e

aprì un’osteria con solo otto coperti

chi lasciò la fidanzata per urlare al mondo

l’amore per il suo migliore amico.

Ci fu chi diventò dottore

per aiutare chiunque un domani

ne avesse avuto bisogno.

Fu l’anno in cui il mondo sembrò fermarsi

e l’economia andare a picco.

Ma la primavera non lo sapeva

e i fiori lasciarono il posto ai frutti.

E poi arrivò il giorno della liberazione.

Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate

che l’emergenza era finita

e che il virus aveva perso

che gli italiani tutti insieme avevano vinto.

E allora uscimmo per strada

con le lacrime agli occhi

senza mascherine e guanti

abbracciando il nostro vicino

come fosse nostro fratello.

E fu allora che arrivò l’estate

perché la primavera non lo sapeva

e aveva continuato a esserci.

Nonostante tutto

nonostante il virus

nonostante la paura

nonostante la morte.

Perché la primavera non lo sapeva.

E insegnò a tutti

la forza della vita.

(Non so chi abbia scritto questa poesia, gira da ieri su WhatsApp).

Charles Bukowski: controverso, inarrivabile

    “Mi ci è voluto qualche decennio per avere fortuna e penso che sia stato meglio così – i lavori di merda, le donne stronze, e intanto leggevo gli scrittori e ne traevo davvero poco. Se sei uno schiavo e un servo al soldo di qualcun altro c’è qualcosa di quello che è stato scritto che delude le tue aspettative. Naturalmente la giovinezza ha il potere di farti credere di essere meglio di quello che sei. Agli inizi scrivevo troppo come Saroyan e Hemingway e un po’ anche come Sherwood Anderson. Poi ha cominciato a non piacermi più Saroyan perché mancava di humour, cazzo, quindi per me sono come svaniti. Sherwood Anderson, be’, molto di lui è rimasto nel mio modo di scrivere. A Li Po sarebbe piaciuto. Comunque, mentre facevo cilecca con la macchina da scrivere, mi avvicinavo sempre di più alla bottiglia e alle donne, era come se avessi trovato succedanei alla scrittura e mi hanno quasi ucciso ma ero pronto a essere ucciso ed è quasi successo, e anche se avevo lasciato l’altro modo di scrivere, stavo inconsapevolmente raccogliendo materiale folle e selvaggio che forse qualcuno alla ricerca del dottorato di letteratura in qualche Univ. non avrebbe mai testato di prima mano. Sai, c’è stata gente benpensante che mi diceva: “Tutti soffrono”. E la mia consueta risposta era: “Nessuno soffre come i poveri”. A quel punto mi liberavo di loro”.

   Tratto da una lettera di Charles Bukowski a William Packard, editore della rivista di poesia New York Quaterly


    Bukowski non era, come da definizione frusta, solo genio e sregolatezza. Agli eccessi, soprattutto donne e alcol, affiancava una disciplina ferrea che lo portava a scrivere “fino a notte fonda, tutte le sere dalle 18.18, ora di timbratura del cartellino del suo ex lavoro impiegatizio all’ufficio postale”. Lo scrive Simona Viciani incaricata, dalla casa editrice Harper Collins, di tradurre l’opera omnia dello scrittore a cui importava solo grattarsi sotto le ascelle.