Alberto Genovese a processo con rito immediato

La Procura di Milano ha chiesto il processo con rito immediato per Alberto Genovese, per le presunte violenze sessuali con cessione di droga nei confronti di una 18enne lo scorso ottobre a Milano e di una 23enne lo scorso luglio a Ibiza. L’imprenditore, in carcere dal 6 novembre, interrogato dal giudice, aveva dichiarato: “Chiedo di disintossicarmi perché da quattro anni sono dipendente dalla cocaina. Quando sono sotto gli effetti della droga, non riesco a controllarmi e non capisco più quale sia il confine tra ciò che è legale e ciò che è illegale. Ho bisogno di cure“. A questa supplica tardiva, il giudice replicò scrivendo che lo stesso aveva: “manifestato una spinta antisociale elevatissima ed un assoluto disprezzo per il valore della vita umana, soprattutto di quella delle donne” e che la sua personalità era “altamente pericolosa, giacché del tutto incapace di controllare i propri impulsi violenti e la propria aggressività sessuale. È, pertanto, elevato il pericolo che tale propensione (..) possa trovare ulteriore sfogo in altri fatti illeciti dello stesso tipo o di maggiore gravità”.

Ora, seguendo le cronache di violenze sessuali avvenute in contesti nient’affatto glamour (e l’ironia ci sta tutta) come quello di Terrazza Sentimento, ho notato che chi sta dalla parte degli stupratori, che siano milionari o pezzenti poco importa, tende a usare frasi del tipo “sì, l’ha violentata ma in realtà lei era consenziente”, come se la contraddizione in termini insita in tale asserzione fosse lampante solo a me e a tutte le persone con un minimo di raziocinio. La domanda è: perché gli stupri non tendono a diminuire? e la risposta è ovvia: prospera una sottocultura che attinge non solo a retaggi patriarcali, ma anche e soprattutto ai social, dove parlare di gangbang e di tutte le perversioni sessuali è così normale che poi qualcuno prova a tradurre nei fatti ciò che al limite dovrebbe restare a livello di desiderio. Se quelli della mia generazione hanno dovuto sospirare per vedere la versione integrale di Ultimo tango a Parigi, oggi persino i minorenni hanno libero accesso a Pornhub. Ed è qui la sorgente del male, perché quei video costituiscono l’unica educazione sessuale per gran parte dei giovani, e di conseguenza l’unica strada percorribile per dar sfogo all’eros.

ALBERTO GENOVESE il vuoto in tutta la sua drammaticità

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Le nefandezze intorno ad Alberto Genovese si allargano come inchiostro versato: è dell’altro ieri la notizia di due ragazze che hanno trovato il coraggio di rompere gli indugi e raccontare la loro verità; in buona sostanza, dopo aver dichiarato di essere state violentate dal mago delle start up, hanno tenuto a sottolineare che è un errore considerarle alla stregua di escort.

A vario titolo saranno stati in molti a invidiare Genovese prima della fatidica sera dell’11 ottobre scorso, quella che segnò l’iniziò dello stupro, durato venti ore, della diciottenne che il giorno dopo, denunciando l’accaduto, consegnò l’imprenditore bocconiano all’ignominia nazionale. E lo avranno invidiato con forza, perché non è da tutti spendere centocinquantamila euro per una festa, né è da tutti allietare i convitati con piatti di cocaina e 2CB – bamba rosa da quattromila euro al grammo – serviti sulla terrazza vista Duomo il cui accesso restava precluso alle ragazze non manifestamente belle, e ai maschi che potevano essere competitor del padrone di casa.

Come ogni potente che si rispetti, anche Genovese aveva il suo cerchio magico; due le persone che facevano la differenza: la compagna, Sarah Borruso, che ha poi raccontato d’essere stata forzata dall’amato ad avere rapporti a tre, e Daniele Leali, braccio destro e amico fedele il quale, all’indomani del terremoto mediatico che li travolse, dichiarò: “Se le accuse contro Alberto sono vere, vuol dire che ha una doppia faccia che io non conoscevo“.

Della sua sfrenata libido, spalmata tra i party di Milano e Ibiza, una sorta di versione kitsch di quelli raffinatissimi di Jay Gatsby, Genovese ha raccontato poco, perché poco dice di ricordare a causa dell’abuso di sostanze; del resto non tocca a lui spiegare il disagio esistenziale che affonda le radici nel post vendita di Facile.it. Ci penseranno gli avvocati in tribunale.

Per il momento Genovese resta a San Vittore e Terrazza Sentimento al buio. Ma c’è da scommetterci, la storia si ripeterà. Con protagonisti diversi e diversi indirizzi, ma sempre orfana di senso.

Genovese: Facile.it con Sentimento

I vicini di casa di Genovese e i party a Terrazza sentimento: Anni da incubo

Alberto Genovese, creatore della startup Facile.it, con all’attivo un patrimonio stimato intorno ai 100 milioni di euro, è stato arrestato per violenza sessuale aggravata, sequestro di persona e cessione di stupefacenti. L’ex nerd con la faccia da bravo ragazzo (foto in basso), ha dato la sua versione dei fatti in questi termini: “Mi drogo da quattro anni, da quando ho perso ogni ruolo operativo nelle mie società. Ora non sono più quello di prima: un grande lavoratore che ha costruito tutto dal nulla. Quando sono sotto gli effetti della droga non capisco più niente“.

Ma chi è davvero Alberto Genovese? L’imprenditore geniale o lo sbruffone che pagava come se niente fosse le multe per disturbo alla quiete pubblica che facevano seguito alla denunce dei condòmini, sfiniti dalla musica alta che arrivava da Terrazza Sentimento con vista sul Duomo di Milano? Saccheggiando Hannah Arendt, la risposta è semplice: Genovese è la banalità del male.

Caso Alberto Genovese, quando l'imprenditore arrestato raccontava il suo successo - Corriere TV