Sul Mussolini che dopo il sesso pensava al cappello (e su chi gli somiglia)

MEMORABILE La mia vita. Diario di guerra di Benito Mussolini - Ferraraitalia.it - Quotidiano glocal indipendente

A fronte di un successo immenso, M. Il figlio del secolo, con cui Antonio Scurati ha vinto lo Strega nel 2019, diventerà uno spettacolo teatrale che certamente non deluderà chi il libro l’ha letto, e neppure lo spettatore che se ne accosti a digiuno. Ora, sulla valenza letteraria di Scurati c’è poco da dire: il suo Mussolini, solo per restare al libro in oggetto, surclassa quella pantomima di romanzo che anche Vespa ha dedicato al Duce, ma qui riporto l’onestà con cui Scurati ha affrontato l’argomento maschio contemporaneo, in un’intervista di Antonio Carioti e Laura Zangarini per il Corriere. Cito:

“Uno degli aspetti di M. che si riverberano sulla nostra sensibilità odierna è che, se noi maschi siamo onesti con noi stessi, leggiamo in noi residui di quel machismo, di quel maschilismo, della misoginia soggiacente a quel modo di pensare – un misto di paura, terrore e odio nei confronti del sesso femminile. Se noi maschi, dicevo, siamo onesti e guardiamo dentro noi stessi, nel nostro abisso, quelle parole, le parole del fascismo, le sentiamo riecheggiare. (…) Cito sempre un appunto di Mussolini, uno dei pochissimi testi privati che il Duce lasciò, a fronte di numerosi volumi pubblici di scritti e discorsi, nel quale dice: “Nessuna donna potrà mai dirsi soddisfatta dall’intimità con il sottoscritto“, e con intimità intendeva quella sessuale, “perché pochi istanti dopo averla goduta, io vengo irresistibilmente attratto dall’immagine del mio cappello“. All’epoca tutti gli uomini indossavano il cappello: evocarlo in questo modo, esprime la pulsione a indossarlo e andarsene. (…) Oggi, per la nostra sensibilità, questa dichiarazione è quasi una professione di impotenza; per la mentalità dell’epoca invece era un pronunciamento di virilità, perché anche nell’atto sessuale il maschio guardava sempre e solo al proprio piacere, non prendendo minimamente in considerazione – non volendo nemmeno riconoscere, ammettere, l’esistenza di una sessualità femminile con i relativi piaceri, disgusti, dinamiche. Quindi molto è cambiato. Nessuno di noi oggi direbbe pubblicamente una cosa del genere. Se ascoltiamo però la voce del profondo, quella mentalità misogina la sentiamo riecheggiare – tra i più onesti – in noi. C’è ancora molta strada da fare. E, senza voler fare lo psichiatra d’accatto, nelle centinaia di omicidi di donne che si consumano ogni anno sono sicuro che è quella stessa voce, o qualcosa di assonante, che parla”.

E già me li immagino, tanti maschietti, scambiarsi cauti cenni d’intesa, mossi da quel degradante retaggio culturale di cui sopra.