Mai più animali vivi nella medicina cinese

   Jared Diamond, biologo, e Nathan Wolfe, virologo, concordano: malgrado l’emergenza da Covid-19 è già tempo di pensare al prossimo virus perché l’odierna pandemia “con quasi assoluta certezza è emersa seguendo la stessa dinamica della Sars”. E in relazione alla cultura e alla politica cinesi non hanno mezzi termini: “Il governo cinese non ha vietato l’altra grande via di contatto tra l’uomo e gli animali selvatici: il commercio di animali vivi da utilizzare in medicina. È un commercio enorme che comprende molte specie animali e ha moltissimi utenti. Ad esempio le scaglie dei pangolini, piccoli mammiferi che si nutrono di formiche sono utilizzate a tonnellate nella medicina cinese tradizionale per combattere febbri, infezioni dermatologiche e malattie veneree. Dal punto di vista di un microbo ospite di un mammifero che attende l’occasione per infettare l’uomo, non fa differenza se gli umani acquistano l’animale per uso alimentare in un mercato o per uso medico tradizionale da un altro canale commerciale. A un pubblico occidentale sembra ovvio. Come può un governo capace di mettere in quarantena milioni di persone nell’arco di giorni mancare della volontà di porre rapidamente e completamente fine al commercio degli animali selvatici? Ma i prodotti tratti dagli animali selvatici sono ben più che una leccornia per certi popoli della Cina. […]  Nonostante l’impatto culturale, la Cina e altri governi mondiali devono agire in fretta e con fermezza per porre fine al commercio di animali selvatici. Se non sarà così prevediamo con certezza che né la Sars né il Covid-19 saranno gli ultimi virus a scatenare epidemie mondiali. Ce la siamo cavata con relativa tranquillità per la Sars: meno di 1000 morti, in paragone alla centinaia di migliaia che causa ogni anno l’influenza stagionale. Non ce la caveremo altrettanto bene con il Covid-19″.

fonte: la Repubblica, sabato, 21 marzo 2020