Dal revenge porn non ti difende nessuno. Pensaci prima

Revenge porn: l'ère du quitte-moi, je t'affiche

Comincio a essere stanca di vedere ragazze in lacrime, ricordando la sofferenza provata all’indomani della condivisione, senza il loro consenso, di video che dovevano rimanere un trastullo per i ragazzi con i quali si erano accoppiate. Posto che il maschio che fa un’azione del genere è un bastardo che merita la galera, tutte le femmine devono capire che il mondo che vorrebbero non esiste: la carognata è sempre dietro l’angolo, giacché il rispetto non è moneta corrente. Ciò detto, è cronaca di questi giorni la vicenda della ventenne Dalia che a quindici anni ha dovuto affrontare la vergogna ingenerata da un video finito su un canale Telegram: la denuncia c’è stata, ma finora chi doveva essere punito non è stato neppure sfiorato da un qualsivoglia provvedimento. Ora, Internet e le sue derive deplorevoli non sono un segreto per nessuno, e quindi soffocare il bisogno di esibizionismo è l’unica strada percorribile perché la legge esiste ma l’iter processuale è lungo, e la lettera scarlatta si configura come insegna troppo iniqua da sopportare persino per colei che fosse mossa da travolgente sete di giustizia. Affidate i ricordi delle performance amorose alla memoria, care ragazze, fregatevene di compiacere il partner. E vedrete che a distanza di anni il ricordo non vi deluderà.