Otto e mezzo è un programma da seguire per essere al corrente di quanto Giorgia Meloni sia invisa a Lilly Gruber e a tutta la produzione. Non che sia di vitale importanza, ma siamo alle solite: non si esula dalla partigianeria, pecca di non poco conto per chi ama annoverarsi tra i professionisti del settore.
Ad esempio, ieri sera c’era in collegamento lo storico dell’arte Tomaso Montanari, sodale della conduttrice, che a proposito del Governo ha dapprima esordito con:
“La sostanza della manovra economica era obbligata, lo sapevamo che ci sono dei margini molto stretti. Quello che cambia sono gli accenti simbolici“,
e poi ha concluso:
“è un governo che lavora per i ricchi e contro i poveri in maniera smaccata. La sostanza continua le manovre degli ultimi decenni, ma sul piano simbolico si apre a chi si può permettere di decidere cosa fare del proprio denaro e si colpisce chi quel denaro non ce l’ha“.
Peccato che a stretto giro abbia ricevuto un manrovescio da Massimo Cacciari il quale, più annoiato del solito dalla conversazione, lo ha apostrofato seccamente:
“Un po’ di onestà intellettuale, dai. Che i poveri siano sempre più poveri e non ci sia da anni una politica redistributiva non sono cose che troviamo oggi perché c’è la Meloni“.
Quello che mi chiedo è: come si può costruire un programma che pure gode di una certa credibilità su queste basi? E soprattutto, come non fare tesoro delle parole di Cacciari che notoriamente non simpatizza per la destra e di conseguenza correggere il tiro? Inviterei la signora Gruber, dacché siamo in tema, a prenderla con filosofia. Perché per almeno altri cinque anni il convento non passerà altro.