Era un devoto cattolico, molto legato all’Arcivescovo di Firenze Angelo Elia Dalla Costa.
Dopo l’occupazione tedesca in Italia nel settembre 1943, Bartali – che era un corriere della Resistenza – giocò un ruolo molto importante nel salvataggio degli ebrei da parte della Delegazione per l’assistenza agli immigrati (DELASEM), rete avviata dallo stesso Dalla Costa e dal rabbino Nathan Cassuto.
Il ciclista toscano fingeva di allenarsi per le grandi corse a tappe che sarebbero riprese dopo il conflitto, ma in realtà trasportava documenti falsi, nascosti nel sellino della bicicletta, per circa 800 ebrei nascosti in case e conventi tra Toscana e Umbria. Centinaia di km percorsi in bici avanti e indietro, da Firenze ad Assisi, per consegnare nuove identità alle famiglie ricercate con feroce determinazione dai fascisti della RSI e dai nazisti.
Quando veniva fermato e perquisito, chiedeva espressamente che la bicicletta non venisse toccata, dicendo che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità.
Giorgio Goldenberg, piccolo ebreo fiumano, raccontò di essere stato nascosto con la famiglia in un appartamento di proprietà del campionissimo in via del Bandino a Firenze. “Sono vivo perchè Bartali ci nascose in cantina”, spiegò.
Ricercato dalla polizia fascista, Bartali sfollò a Città di Castello, dove rimase cinque mesi, nascosto da parenti e amici.
Con la sua azione Bartali ha contribuito al salvataggio di 800 persone fra il settembre 1943 e il giugno 1944. Giusto tra le Nazioni.
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