Frase della sera

È necessaria l’infelicità per capire la gioia,
il dubbio per capire la verità,
la morte per comprendere la vita.
Perciò affronta e abbraccia la tristezza quando viene.

dal web

Madre Teresa

Il vento purpureo di domani

 

JAN SKÁCEL

IN CIELO


In cielo si raccoglie il vento,
il vento purpureo di domani,
e di nuovo l’amore,
di nuovo da tempo immemorabile
da lontano impedisce la morte.

(da Il colore del silenzio. Poesie 1957-1989, Metauro, 2004 – Traduzione di Anna Cosentino)

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Il cielo del tramonto si riempie di colori, è la dantesca “‘ora che volge il disio / ai navicanti e ‘ntenerisce il core”, i pensieri si concentrano sulla bellezza del fenomeno e sul fatto che un’altra giornata si chiude. È tempo che lascia propensi alla malinconia, alla nostalgia, ma anche alla speranza, al futuro, al sogno, all’amore, che – come nota il poeta ceco Jan Skácel – aiuta a vivere.

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 LA FRASE DEL GIORNO
Sono solo  un poeta, un radar sotto i tigli. Non sta a me rispondere. Io domando.
JAN SKÁCEL
DIPINTO DI RICHARD BLU

Jan Skácel (Vnorovy, Moravia, 1922- Brno,1989), poeta ceco, fu costretto dal regime comunista a lasciare il giornale di cui era redattore. Dopo la Primavera di Praga, smise di pubblicare in Cecoslovacchia: la censura sovietica proibì i suoi libri, che apparvero sotto forma di samizdat.

Tra l’alba e il vento

MARIÀ MANENT

A UNA RONDINE CHE MI HA SVEGLIATO ALL’ALBA

Che ne sai tu, dolce amica di seta,
quando l’alba comincia a farsi d’oro,
che ne sai dello steccato scuro
e dell’insonnia umana?

Bagnato dall’ombra azzurra, il lichene:
vicino al nido, di certo è più chiaro:
il tuo canto lontano ha allontanato
il Sogno – uccello schivo.

Non conosci la palpebra inquieta,
né la fronte che brucia sul cuscino,
né il letto annerito dalle tenebre,
tu, tra l’alba e il vento.

(da Le acacie selvatiche, Edicions del Mall 1986)

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Il poeta catalano Marià Manent costruisce una poesia simbolista, che attraverso le sue visioni insinua l’importanza di ciò che non viene detto. Come scrive Enric Bou “ La necessità di stabilire uno schermo tra l’esperienza reale, il mondo sensibile e l’elaborazione letteraria di questo aneddoto iniziale, è fondamentale nella poesia di Manent”. Una considerazione che gli deriva anche dalle numerose traduzioni di testi orientali, che gli lasciano una trasparente eleganza, vicina alla filosofia degli haiku. Così la rondine che canta all’alba svegliando il poeta diventa un’interlocutrice con cui condividere le riflessioni.

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Rondine

IMMAGINE DA PINTEREST

https://cantosirene.blogspot.com/2018/05/

LEONARDO DA VINCI

RUTGER KOPLAND

I CAVALLI DI LEONARDO

Quanti schizzi che non ha lasciato…

Ripetizioni a non finire: fasci di muscoli, tendini,
ossa, giunture, l’intero macchinario
di cinghie motrici e leve con cui
si sposta un cavallo,

e con migliaia di sottilissime linee che quasi
invisibili scompaiono dolcemente nella carta
la pelle di orecchie, palpebre, narici,
pelle dell’anima…

deve aver voluto sapere com’era
fatto un cavallo e aver capito
che non era possibile,

quale fosse il segreto di un cavallo che prendeva forma
sotto il suo lapis.

Fece disegni splendidi, li esaminò,
li scartò.

(da Prima della scomparsa e dopo, Edizioni del Leone, 2005 – Traduzione di Giorgio Faggin e Giovanni Nadiani)

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Il 2 maggio di cinquecento anni fa uno dei più grandi geni della storia, Leonardo da Vinci, moriva nel Castello di Clos-Lucé ad Amboise, in Francia. Il suo ingegno e il suo eccelso talento illuminarono il Rinascimento, spaziando nei più svariati campi, dalla pittura alla scultura, dall’anatomia all’architettura, dall’ingegneria alle invenzioni, dove fu precursore di molti meccanismi realizzati nei secoli a venire.

L’omaggio a tante espressioni di conoscenza che Leonardo lasciò nei suoi innumerevoli scritti è affidato a Rutger Kopland, poeta olandese.

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LEONARDO DA VINCI, STUDIO DI CAVALLI – WINDSOR, ROYAL LIBRARY

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Buongiorno

Era sbocciata la rosa
alla luce del mattino,
così rossa di tenero sangue
che la rugiada si scostava;
così accesa sullo stelo
che la brezza si bruciava.
E che alta! E come splende!
Era tutta sbocciata!
(Federico García Lorca)

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