In una piccola cittadina sperduta tra le montagne viveva una bella fanciulla di nome Felicia; aveva lunghi capelli biondi graziosamente ondulati, occhi verde chiaro e un gran sorriso sempre stampato sul viso spruzzato di lentiggine rosee.
Felicia non era una ragazza ricca; viveva con l’anziana nonna in questo villaggio dimenticato dal mondo, dove non c’erano altri ragazzi della sua età e dove non aveva alcuna possibilità di frequentare la scuola, di fare sport, di andare a ballare.
Tuttavia, Felicia non era triste, anzi, era sempre allegrae sorrideva sempre. Aveva qualcosa che purtroppo nel suo villaggio mancava da molto tempo; era felice.
Da che lei riuscisse a ricordare, nel suo villaggio, infatti, la tristezza aveva sempre regnato sovrana; nessuno riusciva a sorridere, tutti erano tristi e scorbutici l’uno con l’altro. Felicia soffriva molto; voleva aiutare i suoi amici e restituire loro il sorriso così una mattina salutò la nonna e partì alla ricerca della pianta della felicità.
Un’antica leggenda narrava infatti l’esistenza di una pianta dai fiori arcobaleno che aveva la magica proprietà di infondere felicità nell’animo degli uomini, ma che poteva però essere colta soltanto da una persona felice.
Felicia si mise in viaggio; camminava ormai da due giorni quando incontrò un cane grigio cenere, rognoso e peloso e con gli occhi iniettati di sangue, che, digrignando i denti, le sbarrò la strada e le intimò: “ti avverto, fanciulla torna indietro; tempo fa lanciai un sortilegio sul tuo villaggio condannando gli uomini all’infelicità e non ti permetterò di riportare la felicità tra la tua gente a costo di ucciderti; io mi nutro delle loro lacrime e dei loro sospiri; se torneranno felici io morirò ” .
Il cane se ne andò ma da quel momento Felicia ebbe paura; si guardava continuamente le spalle nel timore che il cane tornasse, e stava ormai per rinunciare all’impresa, se pur a malincuore, quando dall’erba spuntò un gatto tutto blu con due vispi occhietti gialli e lunghi baffi argentati, che le disse: “Felicia non puoi arrenderti proprio ora; io so dove è la pianta e se vuoi posso portartici, ma devi essere coraggiosa, la tua gente ha bisogno di te! “.
La ragazza allora titubante decise di seguire il gatto, che la condusse su per una stretta via, fino ad un’ampia vallata; lì cresceva una pianta rigogliosa dai bellissimi fiori arcobaleno e le foglie verdi e rosse come gemme preziose. “La pianta della felicita” urlò la ragazza felice ma mentre si avvicinava all’improvviso il cane rognoso ricomparve “ti avevo avvertito” ululò e si gettò sul gatto azzannandolo violentemente alla gola. “NO !” urlò Felicia e cominciò a piangere disperata.
“Ora sei triste, non potrai cogliere la pianta e io mi nutrirò delle tua lacrime e sarò sempre più forte” disse soddisfatto il cane con un ghigno malvagio che gli scoprì i denti gialli.
E infatti Felicia non poteva più neanche avvicinarsi alla pianta né tantomeno di toccarla o di coglierla. La sua innata allegria sembrava averla ormai abbandonata ed era seduta a terra, le larime che le rotolavano dagli occhioni verdi, quando all’improvviso il gatto si rialzò in piedi ridendo “pensavi di avermi ucciso” miagolò rivolto al cane “ma ti sbagliavi; io sono lo spirito della pianta e finché anche un solo bambino in qualsiasi angolo del mondo sorriderà, io sarò immortale” .
La ragazza urlò di gioa,e per la felicità scoppiò in una fragorosa risata; la pianta crebbe a dismisura e le volò tra le mani; Felicia portò la pianta al suo villaggio, dove tutti tornarono felici e contenti: il cane non poté più nutrirsi della tristezza degli uomini e finì per morire divorato dalla fame e dalla rabbia e di lui non si sentì più parlare.
https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/varie/2217-pianta-felicita.htmlda