NOZIONI BASE

Ecco una lista delle principali fonti di finanziamento adatte, a quelle persone con difficoltà economiche che, per problemi vari, non hanno accesso al credito tramite le consuete vie bancarie. Attenzione trattandosi di operazioni di finanza innovativa applicata a situazioni complesse, le stesse vanno poste in essere con l’aiuto di consulenti seri, esperti e del settore.

Prestiti tra Privati.
I prestiti tra privati, con o senza garanzie ed in varie forme, sono oggi una realtà sempre più diffusa ed apprezzata, soprattutto perché permettono, anche a chi non può offrire le solite garanzie, richieste da banche e finanziarie, di ottenere un finanziamento.
Fondamentalmente si possono riassumere i diversi tipi di prestiti tra privati in 3 categorie principali:
• Prestito con scrittura privata
• Prestito con cambiali
• Social lending online
Prestito con scrittura privata.
Chi non può offrire le classiche garanzie (busta paga, reddito costante nel tempo, introiti fissi o contratti a tempo indeterminato) ha spesso difficoltà ad ottenere credito, per non parlare poi di chi è protestato o inserito nella lista dei cattivi pagatori. Il prestito tra privati può essere una soluzione. I prestiti personali tra privati in Italia sono legali, a condizione però, che si rispettino le regole prestabilite. La legge, non impone di redigere un contratto ma lo stesso, protegge dal rischio che i soldi prestati non vengano restituiti, quindi fa da garanzia, oltre a dimostrare all’Agenzia delle Entrate la natura e la motivazione del prestito concesso, pena l’accusa di evasione fiscale.
Prestito con interessi. Se il mutuatario è tenuto al pagamento di una quota di interessi, il prestito si definisce “oneroso” ed il valore del tasso di interesse può essere liberamente stabilito tra le parti. Attenzione però, l’art 2 della Legge 108/96 stabilisce un valore dell’interesse pagato oltre il quale si entra nel campo dell’usura. Il valore non è fisso, ma dipende da una serie di parametri che variano di mese in mese. Online esistono tanti calcolatori utili per conoscere la soglia oltre la quale l’interesse richiesto diventa usura. Se si ricevono degli interessi da un prestito personale tra privati, non è presente l’obbligo di registrazione del contratto presso l’Agenzia delle Entrate, ma è necessario la dichiarazione del valore degli interessi generati nella dichiarazione dei redditi. Quindi, anche se avviene in via del tutto occasionale, anche nel caso in cui sia presente un tasso di interesse minimo.
Prestito senza interessi. In questi casi, per evitare guai con l’Agenzia delle Entrate ed il Fisco, è bene certificare la natura dello spostamento di denaro mediante bonifico con una causale appropriata “prestito infruttifero”- in questo modo dimostreremo all’Agenzia delle Entrate la natura esclusivamente amichevole del versamento di denaro, quindi un’operazione non soggetta a tassazione, una scrittura privata e l’utilizzo della raccomandata con ricevuta di ritorno incrociata tra le parti, per certificare la natura non finanziaria del prestito privato senza garanzie effettuato. In pratica, si invia la scrittura privata al beneficiario mediante una raccomandata con ricevuta di ritorno, il beneficiario firmerà il contratto, la scrittura privata, e quindi farà la stessa cosa, inviando al creditore il tutto con raccomandata con ricevuta di ritorno.
Redditometro. Se si riceve una somma di denaro da un parente o da un amico e con quella somma si effettua una spesa incoerente con le nostre entrate, il Fisco e anche la Guardia di Finanza possono chiederci conto della cosa, grazie al redditometro uno strumento messo a punto dall’Agenzia delle Entrate per scovare le incongruenze tra stile di vita (entrate e uscite in conto corrente) e reddito dichiarato. L’obiettivo è ovviamente quello di trovare gli evasori fiscali. Nel caso di un prestito tra privati senza interessi, una scrittura privata, con data, entità e motivazione del versamento ricevuto, nei modi che abbiamo visto, ci mette al riparo dall’accusa di essere evasori fiscali.
Tassazione. Nel caso in cui la scrittura privata venga registrata come vero e proprio contratto di prestito tra privati, richiede un’imposta di bollo di 16 euro per ogni 4 facciate del contratto. È prevista anche un’imposta di registro equivalente al 3% dell’importo prestato, che va pagata entro 20 giorni dalla stipula del contratto. Se il prestito personale risulta fruttifero, l’imposta di registro si calcola sul totale del capitale più gli interessi generati. Oltre all’imposta di registro, è prevista anche una imposta dello 0,50% sulla garanzia ipotecaria e fidejussoria, con l’aggiunta di un’imposta ipotecaria del 2% sul valore dell’ipoteca, nel caso in vengano scelte queste soluzioni.
La Scrittura Privata. Il rapporto intercorrente tra creditore e debitore può essere regolato con una scrittura privata che obbliga il debitore a riconoscere quanto dovuto nei confronti del creditore e quindi la promessa di pagamento (art. n° 1988 del Codice Civile, ricognizione di debito e promessa di pagamento). La scrittura privata per legge non deve essere autenticata dal notaio nè registrata vanno inseriti: la data del documento, i dati anagrafici e di residenza, oltre al codice fiscale dei soggetti coinvolti, l’eventuale rapporto di parentela, le ragioni del finanziamento (opzionale, ma meglio precisare tutto), la somma erogata e le modalità di versamento (bonifico bancario, assegno e così via). Vanno aggiunte le date, se presenti, attestanti il periodo di rimborso del prestito e quindi la natura, fruttifera o meno, del finanziamento, compreso un eventuale piano rateale, le scadenze e se presenti gli interessi. Il contratto va completato con l’assegnazione del carico delle spese per la registrazione del contratto e la firma dei contraenti. Nel caso di mancato pagamento del debito, il creditore avrà in mano un titolo con valore legale che lo autorizza a chiedere il rimborso di quanto dovuto. Rispondendo all’articolo 1813 del Codice Civile, il contratto per un prestito tra privati con scrittura privata prevede le stesse regole del mutuo, nel caso in cui il capitale prestato non venga restituito. Dicitura obbligatoria. In testa al documento deve essere obbligatoriamente presente la dicitura “Contratto di mutuo ex art. 1813 C.C.”. Nel caso di prestito privato senza interessi, ad esempio tra parenti, va invece inserita la dicitura “Scrittura privata di prestito infruttifero tra familiari ex art. 1813 C.C”. Prestito tra coniugi. Questa particolare tipologia di finanziamento tra privati non prevede l’obbligo del beneficiario alla restituzione del capitale ricevuto, se non su base volontaria, in quanto il caso rientra nella tipologia cosiddetta “espressione di mutuo aiuto tra solidali”. Termine di prescrizione. Nella sostanza, anche nel caso di prestiti tra privati, valgono i tempi di prescrizione stabiliti per tutti i rapporti contrattuali. Quindi, il creditore può chiedere la restituzione dei soldi prestati al debitore entro e non oltre i 10 anni, sia nel caso che si tratti di persone a lui vicine, come parenti o amici, che estranei.
Prestito con cambiali.
I prestiti tra privati senza garanzie con cambiali hanno un costo non indifferente, oltre che presentare caratteristiche che espongono il beneficiario a misure immediate di riscossione del credito concesso. Certamente, tra le varie tipologie, i prestiti tra privati con cambiali sono la soluzione più adottata per chi non ha garanzie patrimoniali o di reddito, quindi protestati, cattivi pagatori, disoccupati e chiunque non possa adeguatamente garantire il creditore, come per esempio chi è senza busta paga oppure non ha adeguati introiti se è lavoratore autonomo. Non è necessaria nessuna scrittura privata, nessun contratto per intenderci, perché la cambiale offre tutte le garanzie possibili al prestatore. Una cambiale, nel caso in cui il debitore non onori il suo impegno a restituire il capitale ottenuto, permette di passare subito alla procedura di richiesta di pignoramento ed esproprio dei beni del soggetto insolvente. La cambiale è un vero e proprio titolo esecutivo, che dà la possibilità di saltare la normale trafila a cui devono sottostare banche e finanziarie quando il debitore non ripaga il finanziamento ricevuto. Nella sostanza non è necessario un decreto ingiuntivo del giudice, a patto che il documento cambiario sia stato compilato in tutte le sue parti essenziali e che sia presente l’imposta di bollo prevista per legge, diversa a seconda che si parli di tratta o pagherò, altrimenti la cambiale non è protestabile. Questo è un aspetto fondamentale. Una cambiale senza il bollo applicato sul retro non è considerata valida. Il valore della marca da bollo, da applicare al momento della firma, corrisponde al 12 per mille dell’importo della cambiale stessa, arrotondato per eccesso. A differenza di quanto avviene con i normali finanziamenti, i prestiti cambializzati risultano decisamente più flessibili. Se non si può o non si vuole pagare una rata mensile, se è stata scelta questa soluzione per il rimborso del prestito, si può semplicemente rinnovare la cambiale. Ovviamente la cosa non è gratuita, il creditore, in cambio della sua disponibilità a posticipare il pagamento, chiederà certamente un interesse aggiuntivo. I prestiti cambializzati si basano sul rimborso mediante le classiche cambiali, un tempo molto più diffuse rispetto ad oggi. Si tratta, in pratica, di veri e propri “pagherò”, con scadenze in genere mensili. La richiesta del prestito cambializzato può essere fatta anche online. Un consiglio importante, è quello di recarsi comunque prima presso la filiale della propria banca e chiedere come è possibile ottenere un prestito cambializzato, con o senza garanzie. Se guardiamo alle finanziarie, come Agos, Compass e così via, difficilmente si potrà richiedere un prestito con cambiali, in quanto queste aziende in genere rilasciano finanziamenti solo in presenza di garanzie ben precise, prime fra tutte una busta paga o un reddito costante se si è una partita iva. Diverso il discorso degli istituti di credito.
Prestito cambializzato per lavoratori dipendenti. Il requisito più richiesto per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, al fine di ottenere un prestito cambializzato, anche se sono protestati o cattivi pagatori, è il Tfr, il Trattamento di fine rapporto. Negli ultimi tempi le banche hanno cominciato a richiedere anche il modello Cud. In assenza di questo documento, a meno di impegnare qualche bene, difficilmente si potrà ottenere un prestito cambializzato da una finanziaria o banca che sia. In questi casi un qualcosa che garantisce l’istituto erogante il finanziamento è sempre richiesto come requisito, a differenza di quanto avviene tra privati.
Prestito cambializzato per lavoratori autonomi e ditte individuali. Nel caso di lavoratori autonomi viene richiesto il modello Unico, o comunque la dimostrazione di un reddito con una certa continuità. Alcune banche richiedono come requisito anche la sottoscrizione di un’assicurazione a garanzia del debito contratto.
Prestito cambializzato per pensionati. Il pensionato deve presentare il cedolino dell’ultima pensione o la certificazione INPS, oppure cercare un’alternativa nel caso in cui il credito richiesto ecceda, nel pagamento delle rate, il valore della sua pensione.
Prestito cambializzato per Disoccupati e lavoratori atipici. In questo caso, in genere, l’unico modo per ottenere un prestito cambializzato è quello di offrire la garanzia di un garante oppure di impegnare l’abitazione di proprietà, se esiste, ipotecandola. Una soluzione può essere quella del prestito tra privati, ma certo non ci si può aspettare di ottenere grandi cifre.
La cambiale pagherò. E’ un titolo di credito molto semplice nella sua struttura. Per definizione, si tratta di una promessa di pagamento che un soggetto, l’emittente, si assume nei confronti di un altro soggetto, il beneficiario. Il pagherò prevede, naturalmente, una scadenza indicata nella cambiale. Il beneficiario può o riscuotere quanto dovuto alla scadenza, oppure ha la possibilità di trasferire il pagamento ad altro soggetto effettuandone la girata. I soggetti interessati dal pagherò sono quindi due: l’emittente ed il beneficiario. La marca da bollo, va messa sul retro della cambiale al momento dell’acquisto. Di per sé il bollo non è obbligatorio, nel senso che non invalida il documento, ma ne vanifica la natura esecutiva del titolo, che è il suo maggior beneficio. Il costo da sostenere per la marca da bollo, quindi, consente di avere tra le mani un titolo di credito esecutivo, che in caso di insolvenza del debitore risulta essenziale per cercare di recuperare quanto dovuto, in quanto lo stesso risulterà protestabile. La marca da bollo si compra presso le tabaccherie che vendono valori bollati, autorizzate quindi anche alla vendita delle cambiali. Attenzione alle date: valgono le marche da bollo con data antecedente o corrispondente a quella della cambiale, non successiva. Il bollo della cambiale pagherò corrisponde all’11 per mille della somma indicata nel documento (il 12 per mille nella tratta), con un importo minimo di 0,50 euro ed un arrotondamento corrispondente a 10 centesimi per frazioni pari o superiori a 5 centesimi. Nel caso di pagamento della marca da bollo errato, il pagherò conserva la sua natura di titolo esecutivo se l’importo pagato è superiore a quanto dovuto, mentre perde questa caratteristica se l’errore è in difetto, in pratica se il costo del bollo è inferiore all’11 per mille della cifra da pagare indicata nella cambiale. Da tenete presente che il pagherò cambiario prevede la presenza obbligatoria di alcuni requisiti formali, vale a dire elementi della compilazione, che devono essere inseriti pena la mancata validità del documento esecutivo, con il rischio di non poter protestare la cambiale in caso di mancato pagamento e chiedere di escutere i beni del debitore. Gli elementi essenziali alla compilazione sono: il titolo, deve essere presente la dicitura “Cambiale”, la promessa di pagamento, va completata la formula “pagherò per questa cambiale” ed espressa la somma da pagare sia in cifre che in lettere, i dati dei soggetti contraenti, vanno inseriti nome e cognome dei soggetti coinvolti nel documento cambiario, vale a dire debitore e creditore e gli estremi identificativi del debitore, le date, è necessario inserire sia la data di emissione del pagherò che quella della scadenza del pagamento (a giorno fisso, a certo tempo data e a certo tempo vista). Se manca la data di scadenza, la cambiale si considera a vista, il luogo di pagamento, va indicato il luogo in cui avverrà il pagamento, che può essere sia il domicilio del debitore che un istituto bancario e la firma, il trattario deve apporre la sua firma.
La girata. Il pagherò cambiario si può girare utilizzando il retro della cambiale. In questo caso il beneficiario diventa il “girante” ed indirizza quanto gli spetta ad un terzo soggetto, il “giratario”. Si può effettuare questa operazione solo per l’intero importo della somma dovuta, non parzialmente. Il beneficiario deve naturalmente apporre la sua firma sul retro della cambiale, dove effettua la girata. L’avallo. Anche il pagherò può essere garantito da una terza persona, esattamente come un prestito o un mutuo. Nel caso di mancato pagamento del debito sarà il soggetto avallante ad accollarsi l’onere di pagare quanto dovuto. La marca da bollo. La mancata applicazione del bollo sul retro del pagherò, oppure una marca di costo inferiore a quanto dovuto, non inficia la validità della cambiale, ma ne invalida la natura esecutiva, quindi non si può più protestare.
Social Lendig online.
Il significato di social lending è “prestito sociale”, dove per sociale si intende una comunità di persone, privati e imprese, che salta l’intermediario finanziario e permette di accedere a risorse con un metodo peer to peer, punto per punto, dove domanda e offerta si incontrano direttamente. In Italia troviamo società come Smartika e Prestiamoci che garantiscono i loro servizi a investitori e richiedenti un prestito, su piattaforme online appositamente dedicate. Internet è infatti il terreno di conquista del social lending, in pratica non ci sono filiali e sportelli, ma comunità online. Tutto questo contribuisce a creare delle condizioni diverse dal solito mercato creditizio, il grande vantaggio, consiste nel fatto che, non essendoci dei mediatori, i tassi di interesse sono generalmente più convenienti rispetto a quelli richiesti da una banca o da una finanziaria, così come i tempi di erogazione del prestito, spesso molto veloci, anche immediati in certi casi e questo per molti è particolarmente importante. Attraverso una comunità online, ognuno può lanciare un’idea o un progetto che vuole realizzare, ed ogni investitore decide liberamente su quali progetti puntare, oppure lascia fare alla piattaforma con un sistema completamente automatizzato.
Leggi e normative. Dopo un iniziale periodo di vuoto di normative, cosa che ha portato anche ad abusi, il legislatore e la Banca d’Italia hanno deciso di occuparsi del settore dei prestiti personali tra privati online, anche se solo a grandi linee, in modo da dare garanzie ai creditori e stabilire diritti ai debitori. Per lo più si tratta di regole che le piattaforme online di p2p lending devono rispettare, mentre la normativa riguardante la restituzione delle somme erogate è quella classica dei prestiti tra privati.
Bankitalia sottolinea che per ora in Italia non esiste una normativa specifica per il mercato p2p lending, anche perché allo stato attuale non è richiesta dalla Comunità Europea. Ci sono però delle regole generali a cui il social lending deve rifarsi che normano l’operato delle piattaforme on line, dei finanziatori e dei debitori. In particolare, la Banca d’Italia ha messo in chiaro come il settore vada equiparato alle seguenti attività, ereditandone quindi leggi, regole e normative: raccolta del risparmio tra il pubblico – attività bancaria – erogazione di finanziamenti – mediazione creditizia – prestazione di servizi a pagamento – regole per le piattaforme online.
Tutte le piattaforme on line di social lending sono autorizzate dalla Banca d’Italia ad operare come istituti di pagamento veri e propri, di conseguenza con la specifica separazione tra il patrimonio dell’azienda e quello degli investitori. Inoltre, Bankitalia ha emanato una direttiva ad hoc relativa alla raccolta del risparmio di soggetti diversi dalle banche, delle regole da rispettare affinché l’attività di finanziamento, definita “collettiva”, avvenga con coerenza rispetto alle normali regole sulla raccolta del risparmio fra il pubblico. Quindi, l’equiparazione del social lendin, con il classico sistema di raccolta del risparmio tra il pubblico, inserisce il contesto dei prestiti tra privati online in un settore dove le regole e le normative sono ben presenti e chiare, sia per quanto riguarda gli investitori che i beneficiari, oltre naturalmente alle piattaforme online.
Piattaforme online Italiane autorizzate da Bankitalia.
Smartika Spa https://smartika.it/ diretta e coordinata da Banca Sella.
Prestiamoci SpA https://www.prestiamoci.it/ con ha sede a Milano, in Italia è ai primissimi posti tra le piattaforme online di social lending ed è una delle più performanti in Europa.
Prestiamoci è infatti una vera e propria piattaforma on-line di prestiti personali tra privati, dove ognuno può motivare le ragioni del capitale richiesto a seconda dei suoi bisogni. Da questo punto di vista è bene essere molto chiari e convincenti. Infatti, i Prestatori possono decidere sia di far lavorare in automatico la piattaforme sulla base di parametri scelti precedentemente (interessi, durata e tipologia del prestito, tra gli altri), che decidere personalmente a chi affidare i propri soldi.
Crowdfunding.
E’ una forma di finanziamento collettivo senza garanzie, utilizzato per finanziare nuove iniziative imprenditoriali, culturali, sociali, appartenenti al settore privato, publico o al campo del no-profit. E’ un sistema con cui più persone (folla o crowd) conferiscono somme di denaro (funding) attraverso una piattaforma online, senza quindi l’ausilio di consueti e intermediari, al fine di finanziare un progetto imprenditoriale o altre iniziative in una moltitudine di settori (immobiliare, artistico, culturale, scientifico o altruistico), ricevendo in cambio, un utile sperato o, comunque, un riconoscimento. In genere il crowdfunding, nel mondo delle imprese e delle startup, è molto legato all’innovazione tecnologica, con una forte componente ambientalista sviluppatasi negli ultimi anni.
Come funziona il crowdfunding. Non esiste un solo tipo di crowdfunding, ma sono disponibili varie forme di finanziamento collettivo, ognuna più adatta ad un contesto piuttosto che ad un altro e con un diverso funzionamento. Gli elementi che differenziano tale fenomeno dai canali tradizionali (es.: Venture Capital e Business Angels) possono essere individuati da un lato nella prevalente partecipazione di investitori non professionali e, dall’altro, nel mezzo scelto, ossia il ricorso a piattaforme on-line in cui si verifica l’incontro tra la domanda e l’offerta. Esistono diverse piattaforme, il cui numero è in continua crescita, alcune specializzate in determinati settori, chiamate “verticali” o “tematiche”, altre invece, dette “generaliste”, non specializzate in un singolo settore ma aperte a progetti di varia natura.
I diversi tipi di Crowdfunding.
Reward Crowdfunding (finanziamento collettivo per ricompensa). Si tratta in assoluto del sistema più diffuso e utilizzato per raccogliere risorse. Il significato del termine inglese “reward” è appunto “ricompensa” e prevede per chi investe, vale a dire chi contribuisce alla raccolta fondi lanciata per esempio, da una startup, una ricompensa, in genere di tipo “emozionale”, come un ringraziamento particolare o un richiamo al finanziatore con il proprio nome, in proporzione a quanto investito. Chiamata anche reward-based (tradotto dall’inglese: basato sulla ricompensa), questa soluzione offre un funzionamento con due alternative per il richiedente il finanziamento, sulle piattaforme di crowdfunding. La differenza la fa il raggiungimento dell’obiettivo o meno mediante due schemi: Keep-it-all e All-or-nothing. Keep-it-all, che significa “tieni tutto” e All-or-nothing, significa “tutto o niente”. Sono le piattaforme di crowdfunding a decidere quale schema adottare.
Keep-it-all. Lo schema “tieni tutto” prevede che il richiedente il finanziamento possa incassare quanto raccolto con il crowdfunding anche nel caso in cui l’obiettivo economico prefissato non abbia avuto successo, quindi anche se non è stata raggiunta la soglia di finanziamento richiesto. Lo schema keep-it-all prevede la percentuale corrisposta alla piattaforma (success fee) più alta in assoluto.
All-or-nothing. Lo schema “tutto o niente”, invece, dà la possibilità di incassare materialmente i fondi raccolti con il crowdfunding solo al raggiungimento dell’obiettivo economico che il richiedente si era preposto. Nella sostanza, nello schema all-or-nothing, come si evince dallo stesso significato letterale del termine, o si raggiunge la cifra richiesta sulla piattaforma oppure la raccolta fallisce ed al richiedente non spetta nulla.
Donation Crowdfunding (finanziamento collettivo per donazione). Generalmente utilizzato dalle organizzazioni senza scopo di lucro, questo sistema di crowdfunding si basa sul desiderio di un certo numero di persone di contribuire ad un progetto di carattere sociale, ambientale, umanitario o quant’altro. Per questa ragione il funzionamento del finanziamento collettivo per donazione non prevede una ricompensa. Non viene utilizzato come investimento, ma semplicemente per il piacere di dare un contributo ad una giusta causa.
Finanziamento collettivo civico. Questa tipologia di crowdfunding si sta diffondendo sempre di più e permette a vari soggetti istituzionali, come comuni, enti provinciali e altri, di raccogliere risorse per finanziare opere pubbliche, servizi al cittadino, infrastrutture e tutto quello che può essere di interesse generale. Attraverso il crowdfunding civico si può trasformare un’area dismessa in un parco pubblico, magari con annesso il parco giochi per bambini, oppure migliorare le strutture scolastiche o restaurare aree metropolitane di valore artistico.
Equity Crowdfunding (finanziamento sotto forma di capitale di rischio). Le società non quotate possono raccogliere risorse finanziarie adottando un modello di crowdfunding di questo tipo, il preferito dalle startup. Il funzionamento è relativamente semplice: l’investitore viene ripagato con una quota azionaria della società, o startup che sia, richiedente le risorse. Nella sostanza, se il Reward Crowdfunding è la soluzione migliore per le startup che cercano donatori disinteressati all’aspetto economico, l’Equity Crowdfunding è invece una soluzione valida per aziende già strutturate alla ricerca di risorse finanziarie al di fuori del classico circuito bancario, ma non mancano startup soprattutto impegnate in contesti particolarmente legati all’innovazione. Per capire meglio il discorso, riportiamo per intero la definizione di Equity-based Crowdfunding della Consob, la Commissione nazionale per le società e la Borsa. “Si parla di Equity-based Crowdfunding quando tramite l’investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.”
L’Equity Crowdfunding si avvale dello stesso sistema adottato dalle altre forme di finanziamento collettivo, quindi piattaforme online che permettono al richiedente, in questo caso una società, di raccogliere risorse dagli utenti iscritti alla piattaforma, gli investitori, anche sotto forma di piccoli finanziamenti da parte dei singoli prestatori. Una differenza importante, rispetto ad altre forme di crowdfunding, è che in questo caso, poiché assimilate ad aziende operanti nel settore della gestione del risparmio pubblico, le piattaforme web sono regolamentate nell’ambito MiFID, la direttiva dell’Unione Europea per il mercato finanziario integrato. Inoltre Consob, per quanto riguarda l’Italia, ha emanato nel lontano ormai 2013 apposito regolamento, che richiede agli operatori, in questo caso le piattaforme di Equity Crowdfunding, di possedere i requisiti necessari ad operare nel settore. Le offerte di sottoscrizione dell’investimento, sulle piattaforme di Equity Crowdfunding, possono essere presentate da soggetti societari appartenenti alle seguenti categorie: Start-up innovative – PMI (Piccole e Medie Imprese) innovative – OICR e società che investono prevalentemente in startup o PMI innovative
Lending Crowdfunding (Finanziamento collettivo per prestito). Si tratta di un’alternativa al social lending, di cui abbiamo parlato precedentemente, ma con un funzionamento leggermente diverso e più mirato alla raccolta fondi per la realizzazione di un progetto e non per un semplice prestito personale. Detto anche “peer to peer lending”, permette a persone fisiche e giuridiche di finanziarsi a vicenda senza una garanzia per il rimborso del prestito, ma solo sulla base della credibilità del progetto proposto, caratteristica distintiva del crowdfunding. Si tratta di una delle forme di finanziamento collettivo maggiormente in crescita e più adatte alle startup personali, all’avvio di una piccola attività imprenditoriale.
Invoice trading. In questo caso il richiedente garantisce il rimborso del finanziamento ottenuto mediante l’emissione e lo sconto di fatture.
Esistono poi dei modelli ibridi spesso caratterizzati da una via di mezzo tra reward e donation crowdfunding, questi modelli di finanziamento collettivo propongono la realizzazione di un progetto con la possibilità di ottenere anche una “ricompensa” dalla concessione di fondi necessari alla realizzazione di un progetto, ma permettono allo stesso tempo donazioni spontanee, senza un ritorno di nessun tipo. Il crowdfunding funziona anche sulla base di una forte componente emotiva, che porta molte persone ad effettuare finanziamenti senza scopo di lucro, non solo per tematiche sociali, ambientali e così via, ma anche per singoli progetti nei settori più disparati. Del resto, il significato stesso di crowdfunding, raccogliere finanziamenti dalla folla, tradotto letteralmente, richiama ad un impegno di una moltitudine di persone nei confronti di un singolo soggetto, di un sostegno non necessariamente legato ad un ritorno economico.
Per riepilogare, il crowdfunding migliore per una startup, dipende da una serie di fattori, ma se vogliamo capire quale crowdfunding conviene di più, possiamo sintetizzare il discorso nel modo seguente:
Reward Crowdfunding. Particolarmente adatto alle startup di settori culturali, come ad esempio case di produzione indipendenti nel settore cinematografico. In genere, il finanziatore è un appassionato di cultura e viene ricompensato con il suo nome nei titoli di coda, per esempio.
Equity Crowdfunding. La soluzione migliore per le startup fortemente votate all’innovazione e che hanno bisogno di risorse ingenti.
Lending Crowdfunding. Per chi vuole aprire una piccola attività imprenditoriale, quindi una startup nel senso di giovane azienda, il Lending Crowdfunding può essere la soluzione più conveniente per reperire le risorse necessarie, ma bisogna presentare un progetto convincente ed offrire un buon interesse al finanziatore.
Cosa rischia il debitore insolvente. Quando non si riesce ad onorare il proprio debito, si rischia il pignoramento dei beni, mobili o immobili che siano, il tutto preceduto da alcune procedure stabilite da leggi e normative, messa in mora del debitore, azione esecutiva che precede il pignoramento e l’espropriazione forzata dei beni del soggetto insolvente. Nel momento in cui contraiamo un debito, il nostro patrimonio fa automaticamente da garanzia al prestito ricevuto. Parliamo di beni come l’automobile, i mobili e gli elettrodomestici, di una quota dello stipendio o della pensione, i nostri risparmi e addirittura la casa di proprietà, anche se con una trafila burocratica piuttosto complessa, come è ovvio. La possibilità di pignorare i nostri beni, o una parte di essi, va a garantire il creditore di fronte all’insolvenza del debitore. Nel caso di debiti non pagati con banche e finanziarie, inoltre, c’è il rischio concreto di essere inseriti nelle liste dei cattivi pagatori delle banche dati che poi renderanno praticamente impossibile, almeno per un certo numero di anni, la concessione di prestiti e finanziamenti. La possibilità di pignorare i beni del debitore, è prevista dal Codice Civile, così come l’ereditarietà dei debiti. I figli sono responsabili dei debiti dei genitori se accettano un eventuale eredità, nei confronti della quale può scattare il pignoramento, parziale o totale a seconda dei casi. Se invece si rifiuta l’eredità, allora non si è responsabili dei debiti contratti dal genitore.
Se non si riesce a pagare il mutuo. Prima di arrivare al punto di non riuscire a pagare le proprie rate, occorre valutare la possibilità di surrogare il mutuo su un diverso istituto bancario, un diritto stabilito dalla legge (Legge Bersani) per ridurre il tasso di interesse, migliorare le condizioni contrattuali o aumentare la durata del mutuo per ridurre l’importo delle rate e la loro incidenza. Chiedere la surroga del mutuo può spingere anche la banca che lo ha concesso, a rivedere le condizioni del contratto esistente con la loro rinegoziazione. Due problemi diversi, quando parliamo di mancato pagamento del mutuo intendiamo due situazioni distinte, ognuna capace di generare conseguenze diverse: il salto di una o più rate oppure la sospensione totale del pagamento del mutuo. Le conseguenze variano a seconda della condizione in cui ci troviamo e saranno determinate anche dalla nostra capacità o volontà di ricominciare a pagare, ovviamente non ci sono solo automatismi, in quanto le banche cercano, nel loro interesse, di recuperare il mancato pagamento del mutuo e quindi valutano le azioni da intraprendere in modo differenziato a seconda del contesto che ha portato a sospendere il pagamento delle rate. Il ritardato pagamento del mutuo scatta solo superati i 30 giorni dal momento della scadenza. Sulle rate pagate in ritardo le banche richiedono in aggiunta al tasso del mutuo un interesse di mora. Diverso il discorso del mutuo non pagato per più mesi consecutivi. Per legge la banca può rescindere il contratto dopo 180 giorni di mancato pagamento, in pratica 6 mesi non saldati. La legislazione in materia stabilisce infatti che il cliente possa essere considerato moroso solo dopo questo periodo e che quindi l’istituto di credito possa chiedere a quel punto, conseguentemente, il saldo delle rate del mutuo non pagate con tanto di interessi di mora, che come è ovvio saranno più elevati del tasso stabilito in fase contrattuale per la stipula del mutuo.
Rata non pagata per più mesi. Nel caso in cui non viene pagato il mutuo per più di 6 mesi le conseguenze possono essere serie, in quanto per legge la banca può risolvere il contratto stipulato dal cliente mancato pagatore, quindi procedere alla richiesta immediata di quanto dovuto e se la situazione di insolvenza si protrae può esercitare il diritto di ipoteca sulla casa oggetto della stipula del mutuo, messa a garanzia del debito contratto. Attenzione, i 6 mesi che possono portare a queste conseguenze non devono essere necessariamente consecutivi, basta saltare 6 rate, anche in momenti differenti, per andare incontro alla possibile richiesta di pignoramento della casa, cioè all’inizio della procedura di pignoramento, non della messa all’asta della casa vera e propria. Questa, come stabilito dal Decreto Mutui 2017, può avvenire solo dopo 18 mesi consecutivi di mancato pagamento del prestito ricevuto, in quanto in questo caso la banca può diventare automaticamente proprietaria dell’immobile sul quale è stato stipulato il mutuo. Ovviamente le banche tendono a risolvere la questione in modo meno drastico, almeno in genere, quindi a stabilire magari un piano di rientro dilazionato nel tempo, come vedremo in seguito. Tutto però dipende dalle ragioni del mancato pagamento. Se il problema è momentaneo, la perdita temporanea del lavoro, una spesa improvvisa, un problema di salute, i mesi di stop a causa di Covid 19 e così via, la cosa migliore da fare è andare in banca ed avvisare che si è nell’impossibilità di pagare una o più rate, garantendo naturalmente che al più presto si potrà ricominciare a pagare. Il fatto di avvisare del problema comporterà una maggiore disponibilità della banca ad attendere un breve periodo prima di avviare la procedura di messa in mora, soprattutto se state agli accordi presi. Da controllare anche la possibilità che in contratto di mutuo siano state già previste dei servizi atti a risolvere determinate situazioni come ad esempio di ridurre le rate per un certo periodo, piuttosto di sospendere o altro. Se il problema non è momentaneo ad esempio una riduzione del reddito, la cassa integrazione, un nuovo lavoro che rende meno del precedente, una diminuzione del reddito per i lavoratori autonomi o per le attività d’impresa, essendo tutte situazioni che comportano l’impossibilità di sostenere le rate di un mutuo per la casa, in questo caso la soluzione migliore è quella di ricontrattare il debito con la banca, mettendo naturalmente in conto un aumento degli interessi dovuti in seguito all’allungamento del piano di ammortamento. Nel caso in cui si perda completamente il reddito, la soluzione migliore per evitare conseguenze molto gravi, spesso anche l’unica disponibile, è quella di vendere la casa. Vediamo allora quali sono le conseguenze del mancato pagamento del mutuo? I problemi seri nascono dopo 6 mesi di morosità, con la possibilità per la banca di mettere all’asta la casa di chi non paga il mutuo trascorsi 18 mesi, quindi un anno e mezzo, dal pagamento dell’ultima rata. Tra l’altro, se il cliente ha sottoscritto la “clausola di inadempimento”, che va detto non è obbligatoria, allora la banca può vendere l’immobile senza bisogno di sottostare al passaggio dell’asta giudiziaria. Una volta completato il processo di vendita della casa il mutuo verrà completamente estinto, anche nel caso in cui l’istituto di credito abbia realizzato dalla cessione dell’immobile una cifra inferiore a quanto dovuto dal cliente. Come funziona la clausola di inadempimento. Introdotta il 20 aprile del 2016 a recepimento della Direttiva Europea sui mutui, la clausola di inadempimento non è obbligatoria e può essere inserita nel contratto solo a condizione che ci sia l’accordo da entrambe le parti. Viene prevista per la banca la possibilità di procedere alla vendita dell’immobile, per cui è stato stipulato un mutuo, dopo la diciottesima rata non pagata. Le mensilità per cui si risulta morosi non devono essere necessariamente consecutive. La novità, rispetto alla legislazione passata, è che il processo di vendita può essere diretto e quindi l’istituto di credito non deve necessariamente aspettare un processo esecutivo da parte di un giudice e l’avvio di un’asta pubblica. Insomma, per le banche meno burocrazia e tempi più brevi. Se non si applica questa nuova clausola valgono le regole precedenti, quindi vendita della casa all’asta dopo 7 rate non pagate ed il mutuatario che continuerà ad avere un debito nei confronti dell’istituto di credito se dalla cessione dell’immobile si realizza una cifra inferiore al suo valore. Se invece viene sottoscritta la clausola di inadempienza si prospettano due ipotesi. Ricavo inferiore al valore dell’immobile, il debitore viene completamente esonerato dal pagamento della parte rimanente ed il muto si estingue. Ricavo superiore, la banca deve versare al mutuatario moroso il valore del surplus ottenuto.
Segnalazione alla Crif e al Sic. Una delle conseguenze più gravi e dannose, per chi non è in regola con la restituzione di un prestito, è quella dell’iscrizione in una delle banche dati esistenti in cui vengono inseriti i clienti morosi. In questo caso si avranno molti problemi ad ottenere un nuovo finanziamento da una banca o da una finanziaria, in quanto si viene considerati soggetti ad alto rischio. Una della banche dati più utilizzate dagli istituti di credito è la CRIF, acronimo di Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria, fondamentalmente una società privata che gestisce il SIC (Sistema di Informazioni Creditizie), indicato anche come Eurisc. In questa banca dati le finanziarie e gli istituti di credito inseriscono i dati dei loro clienti, che quindi vengono valutati e associati ad un preciso profilo creditizio. Cosa succede quindi per un mutuo non pagato? Rate non pagate, la prima segnalazione al Sic avviene dopo due rate del mutuo consecutive non onorate, quindi dopo due mesi di morosità. Tenete conto che la banca ha l’obbligo, per legge, di informarvi preventivamente dell’iscrizione al Sic, con un tempo minimo di 15 giorni. Se salderete le rate per cui risultate morosi entro i 15 giorni di preavviso la banca non procederà oltre. Ritardi successivi al primo, nel caso in cui il cliente risulti moroso nel pagamento delle rate del mutuo più volte la segnalazione come cattivo pagatore può avvenire senza un avviso preventivo ed il cliente viene avvisato semplicemente nella normale comunicazione periodica della banca. Tempo di permanenza dei dati, il tempo di cancellazione dei dati dal Sic dipende dalla durata della morosità. Ritardo di 1 o 2 rate, il tempo di permanenza dei propri dati nel Sic è di 12 mesi dal momento in cui si è ricevuta la comunicazione di regolarizzazione della posizione debitoria, a condizione però che tutte le altre rate del mutuo siano state pagate regolarmente. Da 3 a più rate, in questo caso la cancellazione della segnalazione avviene 24 mesi dopo la comunicazione di regolarizzazione, sempre a condizione che si paghino regolarmente le mensilità dovute nel frattempo. Mutuo non rimborsato, se il cliente ha smesso del tutto di rimborsare il prestito ottenuto per l’acquisto della casa, allora la segnalazione al Sic viene cancellata dopo 36 mesi dalla regolarizzazione della propria posizione, vale a dire dal momento in cui si estingue il debito.
NOZIONI BASEultima modifica: 2021-02-07T16:54:26+01:00da mpellerino