Il sovraindebitamento definizione e fonti normative.
La normativa di riferimento nasce con la Legge 3/2012, che ha introdotto le “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”.
Viene introdotta, dunque, nel nostro ordinamento la definizione di sovraindebitamento come “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.
In altri termini, si trova in sovraindebitamento chi, nonostante gli sforzi, non riesce a sostenere i propri impegni economici e a rimborsare finanziamenti o debiti.
Il sovraindebitamento può derivare, per esempio, da diversi acquisti rateizzati o da un imprevisto dovuto a questioni di mercato, di lavoro, familiari o di salute. Per far fronte a queste situazioni e con l’obiettivo di creare le condizioni perché debitori e creditori possano uscire da situazioni di blocco, il Decreto ministeriale 202/2014, con il “Regolamento recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento” istituisce gli “Organismi di composizione delle crisi da sovraindebitamento e per la liquidazione del patrimonio”.
Che cosa è un OCC – Organismo di composizione delle crisi da sovraindebitamento e per la liquidazione del patrimonio.
Si tratta di un’istituzione, imparziale ed indipendente, che gestisce le procedure legate al sovraindebitamento, valuta le richieste di chi vuole attivare la procedura e nomina i gestori delle crisi. Solo gli enti pubblici iscritti all’apposito Registro del Ministero di Giustizia possono fornire il servizio e possono farlo solo nel proprio territorio di competenza.
E’ a tali organismi che il debitore imprenditore o cittadino, tra quelli legittimati dalla legge, può rivolgersi, al fine di far fronte all’esposizione debitoria con i propri creditori.
Chi può accedere: solo il debitore che si trova in stato di sovraindebitamento può prendere l’iniziativa di attivare la procedura.
I creditori non possono farlo al posto del debitore. In particolare, secondo la legge i soggetti legittimati sono: il consumatore; l’ imprenditore agricolo; c.d. start up innovativa; imprenditore sotto soglia art 1 LF (negli ultimi 3 esercizi prima del deposito della istanza di fallimento: un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad € 300.000,00 (trecentomila), ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila, ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila); l’imprenditore sopra soglia art 1 Legge Fallimentare ma con debiti inferiori ad € 30.000,00 (trentamila); l’imprenditore cessato; il socio illimitatamente responsabile; i professionisti, gli artisti e gli altri lavoratori autonomi; le società professionali ex L. 183/2011; le associazioni professionali o studi professionali associati; le società semplici costituite per l’esercizio delle attività professionali; gli enti privati non commerciali.
Non possono accedere: l’imprenditore soggetto ad altre procedure concorsuali; chi, nei 5 anni precedenti, ha già fatto ricorso ad una procedura per sovraindebitamento; chi ha subito provvedimenti di revoca, risoluzione o annullamento dell’accordo di ristrutturazione o del piano del consumatore; chi presenta una documentazione incompleta o insufficiente a ricostruire la situazione economica. Per l’attivazione del procedimento è necessario fornire tutti i dati necessari per ricostruire la situazione economica. Il costo complessivo del servizio è determinato sulla base dell’effettivo valore della crisi.
Come funziona il procedimento.
L’Organismo di gestione delle crisi riceve le domande di avvio del procedimento e, valutato il rispetto dei presupposti normativi, nomina un professionista definito dalla legge “Gestore della crisi”.
I Gestori della Crisi sono esperti con una specifica formazione, giuridica ed economica e una concreta esperienza di gestione e pianificazione economico-finanziaria.
Il Gestore ha il compito di studiare la situazione di chi è in sovraindebitamento e trovare, insieme al debitore e al suo consulente, delle possibili soluzioni.
Dunque, a seguito dell’esame della documentazione prodotta, il Gestore affianca il debitore nella ristrutturazione dei debiti e conseguente soddisfazione dei crediti.
L’elenco dei Gestori è stato costituito attraverso una selezione pubblica. Nuovi gestori potranno essere nominati solo attraverso selezioni pubbliche, indette a seconda delle esigenze di servizio.
Tre possibili procedure e risultati.
Il procedimento si potrà concludere in tre modi diversi o con un accordo di composizione della crisi, o con un piano del consumatore o con la liquidazione del patrimonio del debitore.
L’OCC, il Gestore della Crisi e un Giudice delegato valutano la fattibilità delle soluzioni possibili in ogni caso concreto. In particolare:
1) Accordo di composizione della crisi e ristrutturazione: ai creditori viene proposto un progetto con importi e tempi definiti per saldare in tutto o in parte i debiti. L’accordo è raggiunto se sono favorevoli creditori che rappresentano almeno il 60% del debito.
2) Piano del consumatore: funziona come l’accordo ma non è necessario il parere favorevole dei creditori ed è riservato esclusivamente a debiti che non riguardano una attività professionale.
3) Liquidazione del patrimonio del debitore: il debitore e il Gestore individuano i beni da vendere e destinano il ricavato al pagamento in tutto o in parte dei debiti. All’esito della procedura di gestione della crisi il debitore che abbia operato con impegno e correttezza può beneficiare, previa verifica delle condizioni, dell’esdebitazione.
L’esdebitazione comporta la possibilità di lasciarsi alle spalle i vecchi debiti anche se attraverso la gestione della crisi sono stati pagati solo in parte.
Le recenti novità in materia di sovraindebitamento
La L. 176/2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, con entrata in vigore dal 25 dicembre 2020, reca la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.
Il provvedimento, oltre a convertire in Legge, con modificazioni, il c.d. Decreto Ristori (D.L. 137/2020), abroga espressamente i Decreti Ristori bis (D.L. 149/2020), Ristori ter (D.L. 154/2020) e Ristori quater (D.L. n. 157/2020), con salvezza degli atti e dei provvedimenti adottati, nonché degli effetti prodotti e dei rapporti giuridici sorti nel frattempo sulla base degli stessi.
La L. 176/2020 introduce importanti novità in relazione alla Legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012) prevedendo, all’articolo 4 ter, una semplificazione delle procedure di accesso per le imprese e per i consumatori, applicabili anche alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore della stessa Legge.
In particolare, è fornita una definizione più estesa di “consumatore”, sostituendo l’articolo 6, comma 2, lett. b), L. 3/2012: deve considerarsi tale non solo la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta ma anche l’eventuale socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III (s.n.c.) IV (s.a.s.) e VI (s.a.p.a.) del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali.
L’articolo 7 L. 3/2012 è stato modificato, in particolare, con la previsione di ulteriori circostanze a causa delle quali il debitore sovraindebitato non può formulare la proposta (comma 2):
- se ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte
- se, limitatamente al piano del consumatore, ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode;
- se, limitatamente all’accordo di composizione della crisi, risulta abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
È inoltre stato espressivamente previsto che l’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
La L. 176/2020 prevede l’inserimento nella L. 3/2012 del nuovo articolo 7 bis che disciplina le procedure familiari, di fatto anticipando un istituto innovativo previsto con il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza.
Il nuovo articolo 7 bis disciplina la possibilità che i membri di una stessa famiglia possano presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, quando siano conviventi o quando il sovraindebitamento abbia un’origine comune.
Possono essere considerati membri della stessa famiglia, oltre al coniuge, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti di un’unione civile e i conviventi di fatto.
In questi casi, comunque, le masse attive e passive rimangono distinte.
All’articolo 8 L. 3/2012 è stata prevista la possibilità che la proposta di piano del consumatore preveda la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto, del trattamento di fine rapporto o della pensione nonché quelli derivanti da operazioni di prestito su pegno.
È stata prevista anche la possibilità che la proposta di piano del consumatore preveda il rimborso alla scadenza convenuta delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore, se lo stesso, alla data del deposito della proposta, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito.
Quando invece l’accordo è proposto da un soggetto diverso dal consumatore e contempla la continuazione dell’attività aziendale, è stata ammessa la possibilità di prevedere il rimborso alla scadenza convenuta delle rate del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa, a condizione che il debitore abbia adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo abbia autorizzato al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.
L’articolo 4 ter L. 176/2020 rivede altresì i contenuti della relazione particolareggiata dell’Occ che deve essere allegata alla proposta di piano del consumatore ex articolo 9, comma 3 bis, L. 3/2012.
La stessa deve indicare:
- le cause dell’indebitamento, la diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni;
- le ragioni dell’incapacità di adempiere le obbligazioni assunte;
- la completezza e attendibilità della documentazione depositata;
- l’indicazione presunta dei costi della procedura; l’indicazione della valutazione del merito creditizio da parte del soggetto finanziatore.
È stato previsto l’inserimento di un ulteriore comma 3 bis 1 all’interno dell’articolo 9, secondo il quale anche alla domanda di accordo di composizione della crisi deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’Occ che deve indicare tra l’altro: percentuali, modalità e tempi di soddisfacimento dei creditori; indicazioni dei criteri adottati nella formazione delle classi ove previste.
All’articolo 12 L. 3/2012 è stato inserito l’importante comma 3 quater, che prevede che il Tribunale omologhi l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione dell’Amministrazione finanziaria, quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali previste dall’articolo 11, comma 2 e quando, anche sulla base di quanto risulta dalla relazione dell’Occ, la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
Fra le novità di maggior rilievo apportate dalla L. 176/2020 alla L. 3/2012 si cita anche l’inserimento dell’articolo 14-quaterdecies, relativo al debitore incapiente, che anticipa un istituto previsto col Codice della Crisi.
Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai propri creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice, nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10 per cento. A tal fine non sono da considerarsi utilità eventuali finanziamenti ricevuti.
Vediamo dunque un riepilogo della Legge in sette punti:
1) Sovraindebitamento familiare. È possibile presentare una procedura unica di composizione delle crisi da sovraindebitamento come membri di una stessa famiglia, se si tratta di conviventi o quando la situazione di crisi ha un’origine comune. Si considerano familiari i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, le parti dell’unione civile e conviventi di fatto. Si evitano così superflue ripetizioni di adempimenti procedurali e si riducono i costi che saranno suddivisi proporzionalmente tra i vari soggetti sovraindebitati, in proporzione ai rispettivi debiti.
2) Socio come consumatore. È incluso nella definizione di “consumatore” anche il consumatore che sia socio di una società di persone, purché il suo sovraindebitamento riguardi solo debiti personali.
3) Potere sostitutivo del giudice. Il giudice, anche quando l’amministrazione finanziaria non aderisce all’accordo, può omologarlo quando l’adesione sia decisiva ai fini della maggioranza e la proposta risulti comunque più conveniente per il fisco rispetto all’alternativa liquidatoria. Si tratta, quindi di un vero e proprio potere sostitutivo del giudice.
4) Disciplina di favore per il debitore incapiente. È stata introdotta l’esdebitazione (liberazione dal debito) per il debitore incapiente, cioè la persona fisica che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità neppure in prospettiva futura, purché risulti meritevole e fatto l’obbligo di pagamento del debito entro 4 anni qualora sopravvengano utilità rilevanti che consentano di soddisfare i creditori almeno per il 10%.
5) Meritevolezza. Vengono rimarcate le condizioni soggettive: il debitore-consumatore deve essere meritevole, cioè non deve avere determinato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode; mentre il debitore-imprenditore, per accedere all’accordo di composizione, non deve aver commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
6) Sanzioni per il creditore che ha causato il sovraindebitamento. Si applicano sanzioni agli operatori del credito che lo concedono senza avere verificato il merito creditizio: il creditore che ha colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento non potrà presentare osservazioni al piano né reclamo verso l’omologazione né far valere cause di inammissibilità a meno che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.
7) Norme transitorie. Le nuove norme contenute si applicano anche alle procedure di sovraindebitamento pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione.
Crisi da Sovraindebitamento indicazioni pratiche.
Indicazioni pratiche per la presentazione dell’istanza per il piano del consumatore, l’accordo del debitore e la proposta di liquidazione del patrimonio ai sensi della Legge 3/2012.
La Legge n. 3 del 27 Gennaio 2012, più conosciuta come “legge cancella debito”, stabilisce norme in materia di soluzione delle situazioni di sovra indebitamento dei soggetti non fallibili. È una legge ormai in vigore da alcuni anni, ma non è ancora ben conosciuta, né dai cittadini, né dagli operatori del diritto. Questo documento vorrebbe consentire di capire se e come ci si può avvalere degli istituti previsti dalla Legge 3/2012 per risolvere la propria situazione debitoria.
Per prima cosa sgomberiamo il campo da alcune false idee:
1) La Legge 3/2012 non è una “legge cancella debito”, non è uno strumento a disposizione di furbetti che vogliono eludere gli impegni presi. È, invece, uno strumento che consente al debitore di fare fronte ai propri debiti in modo coerente con le proprie attuali risorse, sollevandolo dalla pressione psicologica che il sovra indebitamento crea, ma tendendo anche a garantire ai creditori la migliore soddisfazione possibile.
2) La Legge 3/2012 non è uno strumento per contrastare le azioni esecutive dei creditori e, in particolare, non serve per farla in barba ad Equitalia. Può anche servire a interrompere le procedure esecutive in corso, ma non la si può utilizzare solo per questo. Il debitore deve ripensare complessivamente la propria situazione e pianificare la propria gestione finanziaria, in modo coerente con le attuali possibilità.
3) La Legge 3/2012 non può essere utilizzata da chi non ha un patrimonio e/o un reddito, anche piccolo, con il quale fronteggiare la propria situazione debitoria. In alternativa, occorre che un terzo, solvibile, si impegni a finanziare e garantire il debitore.
Tutto ciò premesso, esponiamo in modo sintetico il contenuto della Legge 3/2012 descrivendo gli aspetti operativi che ci interessano.
Chi può utilizzare la Legge 3/2012?
I soggetti non fallibili. Cioè i privati consumatori (vale a dire, soggetti che non svolgono, ne hanno mai svolto, attività professionale o imprenditoriale; oppure soggetti che svolgono tali attività, ma che hanno assunto debiti soltanto per scopi estranei a essa) e gli enti e le imprese che sono esclusi dalle previsioni della Legge Fallimentare (enti che non svolgono attività commerciale e soggetti sotto soglia).
Quali sono le procedure previste dalla Legge 3/2012?
La Legge prevede due procedure che consentono di non liquidare l’intero patrimonio del debitore:
Il piano del consumatore, che può essere presentato dai privati consumatori. Essenzialmente, si tratta di una proposta fatta dal debitore, di pagamento rateizzato dei propri debiti. Può prevedere anche la cessione di una parte del patrimonio e, eventualmente, anche uno stralcio dei debiti. E’ approvato e reso esecutivo, mediante omologa, dal Giudice, con propria autonoma decisione.
L’accordo del debitore, che può essere presentato da enti e imprese non fallibili. Ha caratteristiche simili al piano del consumatore, con l’unica, grande differenza, di richiedere che l’accordo sia accettato da tanti creditori che rappresentino il 60% di tutti i debiti del soggetto. Quindi, non decide soltanto il Giudice, ma votano i creditori.
Infine, la Legge 3/2012 contempla una procedura che prevede la liquidazione del patrimonio del debitore. Con la liquidazione del patrimonio, il debitore (privato o soggetto non fallibile) mette a disposizione tutto il suo patrimonio per il pagamento dei suoi debiti. Un liquidatore nominato dal Tribunale provvederà a vendere tutti i suoi beni e pagare, pro-quota, tutti i suoi debiti.
In questo caso, il debitore, perde tutti i suoi beni, potendo mantenere soltanto:
1) i beni che, per Legge, non possono essere pignorati
2) i crediti di carattere alimentare e di mantenimento
3) i crediti che non sono pignorabili ai sensi dell’art. 545 del Codice di Procedura Civile
4) i frutti derivanti dall’usufrutto dei beni dei figli e i beni costituiti in fondo patrimoniale e i loro frutti
5) gli stipendi, i salari e le pensioni che il debitore guadagna con la propria attività, nei limiti di quanto occorre al mantenimento della famiglia, così come stabilito dal Giudice.
Ci sono soggetti esclusi dall’utilizzo della Legge 3/2012?
Si, ci sono. Si tratta dei seguenti soggetti:
- soggetti sottoposti a procedure concorsuali;
- soggetti che hanno già utilizzato la Legge 3/2012 negli ultimi 5 anni
- soggetti che erano stati ammessi ai benefici della Legge 3/2012, ma che, per fatti a loro imputabili, si sono visti revocare il provvedimento
- soggetti che non hanno fornito tutta la documentazione necessaria a ricostruire la loro situazione patrimoniale e economica.
Quest’ultima categoria è, a nostro parere, la più importante e ci consente di sancire una regola aurea di chi si avvicina alla Legge 3/2012: dire tutto e dire la verità su tutto.
Nel corso delle diverse procedure, infatti, ogni problema può essere affrontato e risolto, se conosciuto.
Se, invece, emergono elementi che erano stati tenuti nascosti, il debitore può veder revocato il provvedimento a suo favore e rendere vano ogni sforzo, correndo anche il rischio di commettere reato.
Come presentare la domanda di ammissione alla Legge 3/2012?
Per rispondere a questa domanda, occorre fare una piccola premessa. L’art. 15 della Legge 3/2012, prevede la costituzione degli Organismi di Composizione della Crisi (O.C.C.), che sono promossi da Enti pubblici, Camere di Commercio o Ordini Professionali e hanno le competenze professionali necessarie ad accompagnare il debitore nella redazione della proposta di composizione della sua situazione di sovraindebitamento e nell’esecuzione della stessa. Gli O.C.C., ad oggi, non sono presenti in tutta Italia ma solo in alcune città. Dove gli O.C.C. non sono ancora stati costituiti, il Tribunale provvede alla nomina di un professionista (avvocato, commercialista o notaio) che ne svolge il ruolo. La domanda deve essere presentata presso il Tribunale di competenza del Comune di residenza o alla sua sede principale (per il consumatore vale la residenza).
Il soggetto, quindi, dovrà verificare se nella circoscrizione del Tribunale competente per il proprio Comune di residenza sono stati costituti uno o più O.C.C.
In questo caso egli dovrà presentare la propria domanda ad uno degli O.C.C. a sua scelta, altrimenti, dovrà presentare al Tribunale competente (Cancelleria della Volontaria Giurisdizione) una domanda per la nomina di un professionista incaricato di svolgere le funzioni di O.C.C. Con la presentazione della domanda, all’uno o all’altro ente, ha inizio la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.
C’è bisogno di avvocato o commercialista?
La Legge 3/2012 non prevede vincoli e, quindi, niente impedisce al debitore di presentare la propria proposta senza alcuna assistenza tecnica. Un’esperienza ormai pluriennale, però, ha dimostrato che questa non è una scelta molto saggia. Le procedure di composizione, infatti, hanno un contenuto e un linguaggio tecnico molto pregnante, che, quasi mai il debitore è un grado di fronteggiare da solo. Il soggetto sovraindebitato, infatti, può decidere di presentare una domanda molto semplice, oppure, molto più opportunamente, può accompagnare la domanda con una relazione, corredata da documentazione, con la quale fornisce tutte le informazioni generali e delinea i contenuti della proposta di composizione della crisi.
Questa scelta ha molti vantaggi:
1) Consente al debitore di raccogliere con calma tutta la documentazione necessaria, di riflettere sulla propria situazione finanziaria e di calibrare al meglio la proposta;
2) Accorcia i tempi della procedura;
3) Consente al debitore di ricevere dall’O.C.C. o dal professionista incaricato una indicazione attendibile dei costi della procedura;
4) Consente di concentrare il lavoro dell’O.C.C. o del professionista incaricato su una proposta di soluzione della crisi che il debitore ritiene accettabile. È improbabile che un soggetto non esperto sia in grado di fare tutto questo in modo efficiente.
Bisogna tenere conto che la proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento richiede di analizzare dal punto di vista giuridico e economico–finanziario, tutte le poste a credito e a debito del patrimonio del soggetto e, inoltre, per il consumatore, richiede anche di esaminare le ragioni che hanno condotto alla situazione di sovraindebitamento al fine di valutare la assennatezza dei comportamenti tenuti e la meritevolezza del debitore.
Tutto questo richiede il supporto di un team che comprenda almeno un legale e un commercialista e, per il consumatore, anche un minimo di sostegno psicologico, perché l’impatto della procedura sugli aspetti della vita privata del soggetto rischiano spesso di essere molto pesanti. Inoltre, nella maggior parte dei casi le poste di debito più rilevanti sono quelle nei confronti degli istituti di credito e delle società finanziarie.
Per questi debiti, è sempre opportuno effettuare una verifica sulla correttezza delle condizioni applicate, infatti, situazioni di anatocismo/usura o, addirittura, di usura, devono essere evidenziate nel corso della procedura per richiedere ed ottenere stralci del debito.
Qual è il contenuto della proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento?
Il contenuto della proposta di accordo del debitore o di piano del consumatore prevede, in sostanza, una ristrutturazione dei debiti.
Questa ristrutturazione si concretizza essenzialmente in una rateizzazione del pagamento (è possibile prevedere anche una moratoria per un massimo di un anno) spalmandolo su un periodo di tempo che può essere anche molto lungo.
Lo scopo è quello di ricreare un equilibrio tra le rate mensili dei debiti da pagare e il flusso delle entrate del soggetto. Spesso, per fare questo, è necessario prevedere anche la cessione di alcuni beni (per esempio immobili) e/o crediti (tipicamente il TFR), in modo da ridurre la massa dei debiti da gestire.
Si tenga conto che con il deposito della proposta, sono sospesi gli interessi convenzionali o legati sui crediti non assistiti da ipoteca, pegno o privilegio e che, in molte occasioni è stato possibile ottenere rateazioni lunghissime (anche 30 anni) e senza interessi.
Unitamente alla proposta, devono essere presentati i seguenti documenti:
1) Elenco di tutti i creditori, con indicazione delle somme dovute (serviranno copia di tutti i contratti di finanziamento e di tutti i documenti da cui originino debiti);
2) Elenco di tutti i beni di proprietà del debitore (beni immobili, mobili, crediti), con indicazione di una loro valutazione (serviranno visure ipotecarie e catastali, visure P.R.A., documentazione fotografica dei beni mobili, sintetiche valutazioni dei beni);
3) Elenco eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni (vendite, donazioni, ecc…);
4) Dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni;
5) Attestazione sulla fattibilità della proposta rilasciata dall’O.C.C. o dal professionista facente funzioni;
6) Elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia, come risultante dal certificato di stato di famiglia (servirà copia della documentazione comprovante le spese mensili).
Per il debitore che ha svolto attività di impresa devono essere allegate ancora:
7) Le scritture contabili degli ultimi 3 esercizi, unitamente ad una dichiarazione che ne attesta la conformità agli originali.
Per il consumatore, invece, deve essere allegata:
8) Una relazione particolareggiata, redatta dall’OCC o dal professionista incaricato, che deve:
- spiegare perché il consumatore ha assunto debiti che non è stato in grado di fronteggiare e se nel farlo ha tenuto un comportamento diligente;
- spiegare per quale ragione il consumatore non è in grado di far fronte ai propri debiti (magari perché nel frattempo ha perduto il lavoro);
- dare un resoconto sul comportamento del consumatore negli ultimi 5 anni, in termini di solvibilità e rispetto degli impegni presi;
- evidenziare se ci sono atti posti in essere dal consumatore e impugnati dai creditori;
- fornire un giudizio sulla completezza e sulla attendibilità dei documenti presentati dal consumatore;
- fornire un giudizio sulla probabile convenienza, per i creditori, del piano rispetto alla liquidazione del patrimonio del consumatore.
Gli ultimi due punti dell’elenco ci consentono di fornire altre due precisazioni importanti, che vanno nella direzione della necessità di una assistenza tecnica per il sovraindebitato:
- i documenti e le dichiarazioni fornite nel corso della procedura debbono essere complete e veritiere. Sono previste ipotesi di reato per dichiarazioni incomplete e/o mendaci.
- l’interesse principale per la procedura è, e rimane sempre, quello di garantire ai creditori la migliore soddisfazione possibile.
È vero che questo obiettivo deve essere contemperato con la sostenibilità dei pagamenti per il debitore, ma va sempre dimostrato che la proposta presentata consente di soddisfare i creditori meglio rispetto alla vendita di tutti i beni del debitore.
Come si svolge la procedura?
Il Giudice, con proprio decreto, fissa la data dell’udienza che deve tenersi entro 60 giorni dalla data di presentazione della proposta.
Con il proprio decreto il Giudice determina anche i primi elementi della procedura.
In particolare:
1) può disporre che, sotto pena di nullità, non possano essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali;
2) dispone la comunicazione della convocazione dell’udienza ai creditori.
Nel caso dell’accordo del debitore (quando il sovraindebitato non è un consumatore), i creditori devono far pervenire all’O.C.C. (o al professionista facente funzioni), entro 10 giorni da quello fissato per l’udienza, la propria decisione in merito alla proposta. Vale in principio del silenzio assenso: chi non risponde accetta la proposta.
I creditori per i quali la proposta prevede il pagamento integrale, non hanno diritto di voto e non sono computati ai fini del calcolo della maggioranza. Fatte tutte le verifiche in tema di meritevolezza del debitore e di fattibilità del piano (e nel caso dell’accordo del debitore, se è stato ottenuto il voto favorevole del 60% dei crediti) e valutate eventuali opposizioni da parte dei creditori, il Giudice, nel corso dell’udienza, omologa la proposta di composizione della crisi.
In questa sede, il Giudice può prendere provvedimenti aggiuntivi quali, per esempio:
- stabilire particolari forme di pubblicità degli esiti della procedura (es. pubblicazione sui quotidiani locali);
- limitare la possibilità del debitore di intrattenere rapporti con il sistema creditizio (es. divieto di apertura di conti correnti bancari non controllati dall’O.C.C. e/o divieto di ricorrere al credito);
- prevedere particolari modalità operative di esecuzione dell’accordo/piano. Dopo l’omologa, l’accordo del debitore o il piano del consumatore vengono eseguiti sotto la vigilanza dell’O.C.C. o del professionista facente funzione.
Eventuali azioni poste in essere dal debitori in violazione dell’accordo/piano, non sono opponibili ai creditori e possono condurre anche alla revoca del provvedimento omologato, con tutte le conseguenze negative del caso (ripresa delle azioni esecutive, impossibilità di ricorrere nuovamente alla Legge 3/2012).
Mentre, se l’esecuzione dell’accordo/piano diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore (per esempio perché perde il lavoro), quest’ultimo, con l’aiuto dell’O.C.C., può modificare la proposta.
Con la completa esecuzione di quanto previsto nell’accordo/piano, il debitore viene liberato dai propri debiti.
Questo effetto di liberazione dai debiti (esdebitazione) avviene anche se l’accordo/piano non prevedeva il pagamento integrale di tutti i debiti stessi.
Quanto costa il ricorso alle procedure di cui alla Legge 3/2012?
Per prima cosa ci sono dei costi fissi, da sostenere all’inizio della procedura.
Questi costi variano a seconda che la domanda sia presentata a un Organismo di Composizione della Crisi oppure al Tribunale (laddove l’O.C.C. non è ancora stato creato).
Per la presentazione della domanda a un O.C.C. o in Tribunale,, servirà il versamento di un acconto sul compenso del professionista incaricato, che solitamente è non inferiore di € 400,00 oltre al versamento del diritto unificato ordinario di €. 98,00 ed una marca da bollo di €. 27,00.
Ulteriore diritto unificato e marca da bollo all’atto della presentazione della proposta in Tribunale.
Per l’assistenza tecnica, che abbiamo visto essere necessaria, consigliata ma non obbligatoria, per la presentazione della proposta, ci saranno da prevedere i compensi per i professionisti che prestano tale assistenza.
Ovviamente questo può differire secondo il mercato, ma esistono organizzazioni che forniscono questi servizi per costi, che possono variare dalla complessità della proposta e, spesso, dal numero dei soggetti coinvolti, a partire da € 1.600,00 sia per un piano del consumatore che per un accordo del debitore.
Infatti, se ci sono dei soggetti che a qualunque titolo sono co-obbligati con il debitore, essi non vengono liberati dalla definizione della proposta di composizione della crisi e corrono il rischio di vedersi richiedere il pagamento dai creditori garantiti.
In questi casi occorre estendere la presentazione della proposta di composizione anche ai soggetti co-obbligati.
Infine, sono previsti i compensi per l’O.C.C. (o per il professionista facente funzioni).
Tali compensi dipendono dalla massa attiva e passiva della proposta e vengono così:
– Per il piano del consumatore e per l’accordo del debitore e per la liquidazione del patrimonio del debitore sono pari al compenso del commissario liquidatore di un concordato preventivo, ridotto dal 15% al 40%
È evidente, quindi, che le procedure di cui alla Legge 3/2012 possono avere un costo significativo, ma occorre tenere conto del fatto che compensi per assistenza tecnica e compensi per O.C.C. (o professionista facente funzioni) non devono necessariamente essere pagati prima della procedure e in un’unica rata, ma possono essere inseriti nella rateizzazione del piano, all’interno del quale saranno pagati in prededuzione.
Il sovraindebitamento e il Piano del consumatore.
Il piano del consumatore ha un ruolo centrale nella risoluzione delle situazioni di sovraindebitamento.
Il Gestore deve consigliare il debitore a formulare una proposta che ritiene omologabile e, laddove le disponibilità patrimoniali messe a disposizione o la situazione concreta non lo consentano, deve proporre al debitore di accedere ad un’altra procedura, oppure rinunziare all’incarico.
Occorre cioè che egli abbia già appurato l’ammissibilità, la diligenza/meritevolezza del debitore e la fattibilità del piano.
In definitiva l’illustrazione del piano del consumatore esposto nella relazione del Gestore conterrà:
- l’indicazione della proposta in termini di messa a disposizione di elementi patrimoniali e reddituali;
- l’eventuale intervento di terzi; le garanzie offerte e gli eventuali depositi cauzionali;
- l’eventuale necessità della nomina del liquidatore, da effettuare col decreto di omologa o successivamente;
- la tempistica prevista per l’esecuzione degli eventuali atti di liquidazione e dei pagamenti;
- l’eventuale divisione in classi;
- le somme che vengono attribuite a ciascun creditore.
Contenuti della relazione particolareggiata nel Piano del consumatore
L’articolo 9, comma 3-bis, della l. 3/2012, prescrive che al piano del consumatore deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’OCC.
La relazione dell’OCC (o, meglio, del Gestore) nell’accordo con i creditori, si limita all’eventuale attestazione del minor valore di mercato dei beni rispetto ai crediti muniti di privilegio sui beni stessi (art 7, comma 1) ed alla fattibilità del piano (art. 9, comma 2).
Il contenuto è costituito da:
- Dichiarazioni preliminari
- Narrazione di fatti e notizie, desumibili dall’esame della documentazione prodotta dal debitore e da quella acquisita dal Gestore della crisi
- Valutazioni del Gestore
- Elenco dei creditori indicati dal debitore nel ricorso per l’apertura della procedura
- Dichiarazioni fiscali degli ultimi tre anni – contenzioso pendente – ricostruzione della posizione fiscale del richiedente
- Atti di disposizione patrimoniale compiuti negli ultimi cinque anni
- Composizione del nucleo familiare del debitore – spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia
Di seguito esaminiamo nel dettaglio i punti che il Gestore è chiamato a relazionare.
Dichiarazioni preliminari.
Fanno parte delle dichiarazioni preliminari:
- l’indicazione del numero di procedimento iscritto al Registro degli affari ex art. 9 del d.m. 202/2014;
- il richiamo degli estremi del provvedimento di nomina del Gestore della crisi da parte del Referente dell’OCC (o del Tribunale);
- se il Gestore è iscritto da un OCC, la sua dichiarazione circa il possesso dei requisiti di professionalità e di onorabilità; l’indicazione degli estremi della polizza a copertura dei rischi di responsabilità civile professionale;
- il richiamo dell’accordo sul compenso, raggiunto dall’OCC col debitore;
- la dichiarazione del Gestore che sia nei confronti del debitore che dei suoi creditori, non versa in una situazione prevista dall’articolo 51 c.p.c., che ne comprometta la propria indipendenza, imparzialità o neutralità rispetto all’incarico conferitogli.
Narrazione di fatti e notizie, desumibili dall’esame della documentazione prodotta dal debitore e da quella acquisita dal Gestore della crisi.
La narrazione dei fatti e delle notizie emerse dall’esame della documentazione che è stata consegnata al Gestore, o da lui acquisita successivamente nell’ambito della sua attività di indagine, è finalizzata all’espressione delle sue valutazioni e delle attestazioni finali circa i presupposti di ammissibilità del debitore al piano, l’inesistenza di cause ostative, le cause dell’indebitamento, l’incapacità del debitore di adempiere alle sue obbligazioni, la solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni, l’eventuale esistenza di atti impugnati dai creditori, la completezza e attendibilità della documentazione, la convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria e l’assenza di atti in frode ai creditori.
La narrazione deve fornire al giudice delegato gli elementi che gli consentano di valutare l’iter adottato dal Gestore per giungere alle sue conclusioni e la completezza della relazione, affinché possa assumere il provvedimento sull’ammissibilità del ricorso, l’apertura della procedura e la fissazione dell’udienza prevista dall’articolo 12-bis della l. 3/2012.
Valutazioni del Gestore.
Le valutazioni del Gestore riguardano i fatti e le notizie esposti nella sua relazione ed hanno per oggetto:
- elenco dei creditori indicati dal debitore nel ricorso per l’apertura della procedura;
- dichiarazioni fiscali degli ultimi tre anni;
- contenzioso pendente;
- ricostruzione della posizione fiscale del richiedente;
- atti di disposizione patrimoniale compiuti negli ultimi cinque anni;
- composizione del nucleo familiare;
- spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia;
- cause dell’indebitamento e diligenza spiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni;
- ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte;
- solvibilità del debitore nel quinquennio anteriore alla presentazione del ricorso;
- atti del debitore impugnati dai creditori;
- completezza e attendibilità della documentazione;
- piano del consumatore proposto dal debitore;
- convenienza del piano rispetto all’ alternativa liquidatoria;
- giudizio professionale sulla fattibilità del piano;
- attestazione dell’assenza delle cause ostative previste dall’articolo 7, comma 2, della l. 3/2012.
Esdebitazione del sovraindebitato incapiente.
Una norma del nuovo Codice della Crisi che sta sollevando un ampio dibattito in dottrina è quella rubricata come “Esdebitazione del sovraindebitato incapiente” contenuta nell’art. 283 del D.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019.
Come per la maggior parte delle norme del Codice della Crisi anche l’articolo 283 dovrebbe entrare in vigore il 1 settembre 2021.
La dottrina più attenta ha affermato che l’istituto in questione presenta una notevole conformazione di carattere sociale, poiché permetterà al debitore ormai “bruciato” dal punto di vista economico e lavorativo di “ripulirsi” e di rimettersi competitivamente sul mercato, potendo produrre nuovi redditi, fondamentali, anche, per adempiere, nel quadriennio successivo, al pagamento dei creditori concorsuali.
Venendo all’analisi dettagliata dell’istituto, si evidenzia come il primo comma dell’articolo reciti: “Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore complessivamente al dieci per cento.
Non sono considerate utilità, ai sensi del periodo precedente, i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati”.
Dalla lettura si evince immediatamente come l’istituto sia fruibile esclusivamente dal soggetto persona fisica. Il legislatore ha voluto escludere, pertanto, società, associazioni ed enti di qualsiasi natura o genere.
Il debitore incapiente persona fisica deve essere in una situazione tale da non poter mettere a disposizione dei propri creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura.
La valutazione circa l’impossibilità di porre a disposizione dei creditori un’utilità diretta o indiretta dovrà avere necessariamente una stima ex ante, svolta al momento del deposito della domanda.
Come si vedrà nell’analizzare il secondo comma dell’art. 283, l’assenza di utilità dirette o indirette non deve essere interpretata come la mancanza assoluta di reddito o patrimonio in capo al soggetto incapiente.
Il debitore, infatti, non dovrà necessariamente essere privo di qualsiasi reddito o patrimonio ma, seppur presenti, non dovranno essere tali da costituire alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura, per i creditori.
Fermo, quindi, quanto si dirà in merito al secondo comma del citato articolo, una lettura corretta della norma pare ammettere che anche un soggetto titolare di un modesto ed irrilevante patrimonio immobiliare potrebbe richiedere l’applicazione della norma, ma sempre a condizione che lo stesso non produca alcuna utilità diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, ai propri creditori.
Si pensi ad esempio, comune nella pratica, ad un debitore titolare di una quota, insieme ai propri fratelli e sorelle, di un immobile completamente diroccato ubicato in uno sperduto borgo di montagna precedentemente di proprietà dei genitori defunti del sovraindebitato.
La quota del citato immobile non avrebbe alcuna utilità per i creditori, i quali, anche se venduto all’asta, proprio a causa del valore pressoché nullo dell’immobile e della quota, non vedrebbero nemmeno coperte le spese della procedura liquidatoria. Il secondo periodo dell’art. 283 fa salvo comunque l’obbligo per il debitore di pagare i propri debiti se, entro quattro anni dal decreto di esdebitazione, sopraggiungano utilità, comunque denominate, che se liquidate consentano il soddisfacimento dei creditori nella misura non inferiore, complessivamente, al dieci percento dei propri debiti. Tale assunto è ovviamente una precisazione di buon senso, poiché non è detto che un debitore che ad oggi risulti totalmente incapiente non possa, anche per effetto dello stesso decreto di esdebitazione, conseguire utilità che gli permettano di pagare almeno in parte i propri debiti.
Il primo comma si conclude poi con un inciso che evidenzia come non possano considerarsi utilità, finanziamenti in qualsiasi forma erogati. Tale disposizione appare quanto mai opportuna, ma forse sarebbe stato più utile vietare al debitore incapiente di sottoscrivere nuovi finanziamenti nell’arco del periodo cosiddetto “di controllo” dei quattro anni previsti dalla normativa Il secondo comma dell’articolo 283 precisa, invece, che “La valutazione di rilevanza di cui al comma 1 deve essere condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159”.
Il citato comma offre due chiavi di lettura dell’istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente.
Da un lato, infatti, precisa che le utilità rilevanti che sopraggiungano nel corso del periodo di controllo devono essere valutate su base annua e che alle stesse devono essere dedotte le spese per la produzione del reddito e quanto necessario al mantenimento del debitore stesso e della sua famiglia nella misura, preordinata per legge, dell’assegno sociale aumentato della metà e moltiplicato per il parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE.
Dall’altro lato, invece, conferma che un soggetto che in futuro sarà titolare esclusivamente di un reddito da lavoro o da pensione potrà accedere all’istituto e che le somme percepite dovranno essere messe a disposizione dei creditori, al netto delle spese per la produzione del reddito e nella misura eccedente quanto necessario per il mantenimento proprio e della propria famiglia secondo il calcolo previsto dalla norma stessa.
Al comma 3 l’articolo in commento evidenzia le modalità di accesso all’istituto. Il legislatore precisa che la domanda dovrà essere presentata tramite l’OCC al giudice competente, escludendo in questo modo la necessaria assistenza di un avvocato e dovrà allegare la seguente documentazione:
- elenco di tutti i creditori con l’indicazione delle somme dovute;
- elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;
- copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
- l’indicazione degli stipendi, pensioni, salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo famigliare.
L’elenco dei documenti previsti dalla normativa da allegarsi alla domanda presuppone che l’OCC abbia previamente svolto un’approfondita istruttoria circa le passività e le attività del debitore.
Tale attività, se svolta in maniera corretta, richiederà comunque del tempo e ciò fa sì che venga escluso che questo istituto possa ritenersi un possibile stratagemma mediante il quale i debitori possano meramente giungere a bloccare eventuali azioni esecutive già pendenti in attesa di verificare l’effettiva meritevolezza dell’incapiente.
Al comma 4 la norma richiede che l’OCC alleghi, oltre alla documentazione che abbiamo appena visto, anche una relazione particolareggiata con la quale si indichi la causa dell’indebitamento e la diligenza del debitore nell’aver assunto le obbligazioni; le ragioni dell’impossibilità per il debitore di adempiere alle obbligazioni assunte; l’esistenza di atti del debitore impugnati da creditori; una valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata con la domanda.
Come poco sopra accennato, l’attività richiesta all’OCC e la redazione della relazione di accompagnamento necessitano un’istruttoria completa della posizione del debitore così che possa essere accertata la complessiva situazione attiva e passiva dello stesso. Il comma 5 prevede, inoltre, che l’OCC non si limiti a verificare la meritevolezza del debitore e la sua posizione attiva e passiva, ma che valuti anche se l’eventuale soggetto finanziatore (Banca e/o finanziarie), al momento dell’erogazione del credito ad un soggetto in gravi difficoltà finanziarie, avessero tenuto conto del merito creditizio del soggetto richiedente, mediante una valutazione del reddito disponibile dello stesso al netto delle spese per la sua produzione, unitamente a quanto necessario per il mantenimento proprio e della propria famiglia, secondo i parametri previsti nel secondo comma.
Seppur non si possa negare che la previsione del legislatore sia innovativa e interessante anche al fine di stigmatizzare il comportamento di quegli enti creditizi, soprattutto finanziarie, che per troppo tempo hanno concesso finanziamenti a soggetti del tutto incapaci di restituire il credito, non risulta aver previsto una sanzione nel caso in cui tale condotta venga concretamente accertata.
A differenza dell’art. 69 in tema di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che espressamente esclude per il creditore che abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento la possibilità di proporre opposizione o reclamo in sede di omologa del piano, l’art. 283 tace completamente sul punto.
Non sono state previste dal legislatore nemmeno sanzioni pecuniarie e/o “pubblicitarie” per quei soggetti finanziatori che non abbiano tenuto conto del merito creditizio del debitore nella concessione del finanziamento. Una sanzione che di certo avrebbe indotto gli enti finanziatori ad una maggiore cautela nell’erogazione del credito sarebbe stata quella di una segnalazione presso l’ABF per l’avvio di una decisione dello stesso e una pubblicazione sul sito istituzionale.
Al comma 6 il legislatore pare manifestare un orientamento di sfavore nei confronti dei professionisti che dovranno seguire queste procedure in quanto, a spregio della comunque elevata attività che l’OCC è chiamato a svolgere e della sua complessità, ritiene di dimezzare i già non elevati compensi dell’OCC.
Il comma 7 evidenzia, invece, l’attività che dovrà compiere il giudice una volta presentata la domanda con i relativi allegati e la relazione di accompagnamento dell’OCC.
Il magistrato assunte, anche d’ufficio, le informazioni che ritiene utili, valutata la meritevolezza del debitore, l’assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nell’indebitamento del soggetto ricorrente concede con decreto l’esdebitazione.
Il decreto dovrà contenere anche le modalità e il termine annuale per la presentazione della dichiarazione sulla sopravvenienza di utilità rilevanti pervenute.
Tale dichiarazione è considerata necessaria a pena di revoca del decreto di esdebitazione, ma dalla lettura attenta del comma sembrerebbe non essere necessaria nel caso in cui non vi siano state sopravvenienze nel corso dell’anno. A parere di chi scrive sarebbe stato più utile imporre in ogni caso il deposito di una relazione annuale attestata dall’OCC in merito all’assenza di utilità sopravvenute, ma tale verifica è – a oggi – rimessa ai sensi del comma 9 esclusivamente nel caso in cui il Giudice lo ritenga necessario nel corso dei quattro anni.
Il Decreto del Giudice dovrà poi essere comunicato si presume, nel silenzio della legge, dall’OCC, ai creditori e al debitore i quali potranno proporre opposizione nel termine di trenta giorni.
Anche in questo caso parrebbe che l’opposizione possa essere presentata senza l’ausilio di un avvocato.
Il secondo periodo del comma 8 rimane, invece, in parte ambiguo poiché non si comprende, sebbene così sembrerebbe, se lo stesso disciplini il procedimento di opposizione. Il predetto comma recita: “[…] decorsi trenta giorni dall’ultima comunicazione, il giudice, instaurato nelle forme ritenute opportune il contradditorio tra i creditori opponenti ed il debitore, conferma o revoca il decreto […]”.
Non si comprende l’inciso “decorsi trenta giorni dall’ultima comunicazione” in quanto non è detto che opposizioni vi siano. In ogni caso, la decisione è soggetta a reclamo ai sensi dell’art. 50 del Codice della Crisi e, anche in questo caso, parrebbe non essere necessaria l’assistenza di un avvocato: diversamente non si comprenderebbe il motivo per cui se la difesa tecnica non sia stata considerata utile e necessaria fino a questa fase del procedimento dovrebbe esserlo in questa fase finale, dove ormai tutta la documentazione è già stata prodotta ed è, pertanto, immodificabile. Due considerazioni conclusive.
La prima riguarda la novità intrinseca dell’istituto che non ha precedenti nell’ordinamento italiano. L’orientamento del legislatore, ormai quindicinale e consolidato, che propende per offrire una seconda chance o un free restart al debitore onesto, ma sfortunato, si è spinto fino ad ammettere, per ora solo sulla carta, una completa esdebitazione per il debitore che non abbia alcuna utilità da offrire ai creditori per il soddisfacimento dei propri debiti.
Quanto previsto dall’art. 283 potrebbe avere un ambito di applicazione vastissimo e permettere ad una serie di debitori di liberarsi dai propri debiti, ma affinché tale rivoluzione sia veramente compiuta sarà necessario attendere le effettive applicazioni pratiche dell’istituto.
Un esempio su tutti: ci si chiede se l’esdebitazione del debitore incapiente varrà anche per tutti i debiti tributari e per quelli da fatto illecito extracontrattuale, oggi esclusi dall’esdebitazione ex art. 142 e ss L.F.
Una prima lettura della norma farebbe propendere per l’esclusione dei debiti da fatto illecito contrattuale trovando applicazione all’istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente quanto previsto nell’art. 278 CCI. Sarebbe, viceversa, certamente un importante ausilio per il debitore il poter liberarsi da debiti provenienti da responsabilità extracontrattuali o per sanzioni amministrative non derivanti da mancati pagamenti di tributi ma da violazioni di norme amministrative.
Solo in quest’ultimo caso l’istituto potrebbe esplicare tutta la sua forza. In caso contrario rimarrà imbrigliato e la sua portata, seppur innovativa, verrà certamente ridimensionata.
La seconda considerazione riguarda il ruolo dell’OCC che viene chiamato ad un compito gravoso e a un’istruttoria completa affinché si scongiurino abusi dell’istituto da parte di debitori immeritevoli.
Dalla lettura della norma, però, il ruolo di questo organismo, quale ausiliare imprescindibile del Tribunale e dei debitori, ne viene “mortificato” sancendo che, i già obbiettivamente bassi compensi previsti dalla normativa, vengano ulteriormente dimezzati.
Nella siffatta ottica sorge il dubbio che molti professionisti competenti e preparati rinunceranno a svolgere un ruolo all’interno degli OCC in quanto, da un lato, gli adempimenti da svolgere risultano complessi, gravosi e non privi di responsabilità e, dall’altro, vedranno il loro lavoro sminuito con compensi che nulla hanno a che vedere con quell’equo compenso che da più parti si chiede venga riconosciuto.
Equo compenso che altro non è che il legittimo riconoscimento a non vedere sminuite le competenze acquisite nel corso di svariati anni di studi, approfondimenti e di pratica concreta.