165. il corpo, l’immagine, la persona

Nei suoi ricordi di fine anno, mia madre torna a raccontare storie a noi già note, che ascolto trovando dettagli prima sfuggiti alla mia attenzione.
Lei era giovane -dice- (e bella, dico io) ed era invitata un matrimonio, insieme a mio padre (bello anche lui, molto bello si può dire senza tema di essere smentiti).
Nell’attesa che la sposa uscisse dalla camera in cui si stava vestendo, gli invitati gustavano le buone cose del rinfresco. Mia madre scherzava con le sue amiche e, dopo tante loro insistenze, lasciò che le mettessero un filo di rossetto rosso. Lei non si truccava.
Mio padre la vide e, poco dopo, le si avvicinò e, serio, le disse: “Per favore, togli quelle ‘porcherie’ dalle labbra.” Mia madre lo tolse subito. Non si è mai truccata in vita sua, non è il suo stile.

Io adoro questo  loro momento.
Mio padre non è il patriarca maschilista padre-padrone, tutt’altro: ho in lui un bell’esempio di uomo serio, onesto, dolce-severo, collaborativo, responsabile. Quindi so bene il senso di quella sua frase detta a mia madre: è una dichiarazione d’amore poderosa, immensa. La dichiarazione a una donna amata com’è, senza trucchi e senza inganni; la dichiarazione d’amore a una “persona”. Meraviglioso. Un rapporto come piace a me: ci si ama nudi, ci si ama persone complete.
E un corpo visto come piace a me: nudo, senza sovrastrutture, così com’è.
Ma quelli erano altri tempi, meno invasi dai trucchi e dagli inganni di quanto invece accade adesso.
Era un corpo amato per come è, non per come somiglia alle proposte delle mode. Oggi, un corpo così viene definito sciatto, senza cura: è incredibile come si sia caduti nelle trappole delle economie disfunzionali e viziose.

Poco tempo fa, pranzando in una pizzeria che aveva annesso l’immancabile televisore, mi è capitato divedere una trasmissione in cui arrivano donne in versione “naturale” che vengono poi sistematicamente corrette, e cioè rese simili alle immagini prodotte dai mass media, immagini a cui dobbiamo assolutamente somigliare per sentirci a posto, giusti/e, curati/e.

Ecco un altro modo potente per sollecitare l’imitazione invece della creatività, il copiare invece che trovare e percorrere la propria strada.
E’ nota la potenza delle immagini, è nota dai tempi dei tempi, e i vari poteri ne hanno ben usufruito per indirizzare convinzioni e fedi. Ma c’era il limite della diffusione, dei mezzi di diffusione e ciò ha lasciato più “libere” le persone in passato – libere rispetto a ciò che sto dicendo, chiaramente. I mass media più potenti e diffusi sono fondati sulle immagini, le quali diventano il forte termine di riferimento e convincimento dei nostri comportamenti, se non attiviamo neanche quel minimo di senso critico che basterebbe a porci alla giusta distanza da tante “scemenze”.
E invece eccoci qua, belli incartati, truccati, vestiti, spinti, indirizzati secondo i voleri di un sistema palesemente destinato all’implosione, ma con cui collaboriamo all’insegna di illusioni di progresso, libertà, bellezza, modernità …

Non ci vediamo più per come siamo, ma per come somigliamo alle immagini di moda, e per far questo ci “alteriamo”, ma non nel senso bello e originario del termine del cambiare, dell’evolvere nell’incontro con l’Alterità, bensì nel significato di perdere la lucidità di giudizio, quindi annullarsi, e noi stessi diventiamo immagini di noi stessi.

Ecco quindi la bellezza delle parole di mio padre, l’amore che dimostrò a mia madre per come lei era, la bellezza che vedeva in lei-persona, e che le ha dimostrato in ogni attimo della loro storia, sempre. E altrettanto mia madre ha fatto con lui, sempre.
E’ così che mi sono convinta che il “sempre” non è nel Tempo, ma nell’Esser-Ci; e ciò ci salva dall’idea di un “sempre” che fa molto gioco all’illusione.

Io penso che la dichiarazione d’amore più bella ascoltata nei film (e ce ne sono di bellissime nei film, sceneggiatori fantastici) sia quella breve frase “Io ti vedo” che Neytiri dice a Jack nel film Avatar.
Se ci pensiamo bene, è quello che ci aspettiamo in generale nella vita, e soprattutto in un rapporto d’amore: essere visti per ciò che siamo, e per ciò che siamo essere amati.
Senza “porcherie”.
E quando ci si ama al punto di “vedersi”, si apre uno spazio in cui si comprende il senso profondo della reciprocità, senso che sembra perdersi invece nel mondo dei narcisi che la negano e delle vittime che la invocano, ognuno svilendola e riducendola a sostegno della propria falsificata visione del mondo.

Ché poi, se mia madre avesse voluto truccarsi, mio padre non non glielo avrebbe certo impedito, ma quel primo rossetto che vide sulle labbra di mia madre talmente offuscò la bellezza che lui vedeva in lei-persona, che in quel momento dovette chiederle di toglierlo.
Ecco, anch’io vedo la bellezza così. E vedo il rapporto d’amore così.
Ci si ama persone-nude.
Animus e Anima non hanno bisogno di orpelli.

Aspetto una canzone d’amore. Tutta per me.
E mani nude sul mio cuore.

 

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165. il corpo, l’immagine, la personaultima modifica: 2019-12-28T19:51:15+01:00da mara.alunni