Nella Passione secondo Matteo di Bach, ci lascia stupiti l’intensità di parole e musica, che rendono drammatica la situazione del momento in cui Giuda tradisce Gesù.
All’affermazione di Gesù: “uno di voi mi tradirà”, corrisponde da parte dei discepoli una reazione, dove le loro voci si accalcano preoccupate, cercando di sopraffarsi e la domanda: “Sono io?”, risuona undici volte, ovvero, una per ogni discepolo, tranne Giuda che farà a parte la sua domanda.
In queI: “Sono io”, è la vera angoscia dei discepoli, non tanto per il fatto che il Signore sia tradito, quanto per l’idea che il colpevole possa essere proprio io: “Io dovrei espiare”. Ma Gesù non ci chiede questo, perché soltanto Lui può compiere la salvezza una volta per tutte e per tutti. Soltanto Lui può donare gratuitamente il suo corpo e il suo sangue a noi, nell’ultima cena pasquale.
Siamo noi, sono io, ciascuno è invitato, a vivere di quel corpo e di quel sangue che dona salvezza, che ci libera dalla schiavitù del peccato.
Il suo corpo è dato per la vita del mondo, per la mia vita, perché guarisca dalle ferite, illumini il buio, conforti nella paura, perché il cuore impari la pace, sparisca la violenza nei pensieri e nelle azioni.
“Oh uomo, piangi il tuo grande peccato,
per il quale Cristo lasciò il seno di suo
Padre e discese in questo mondo.
Da una Vergine dolce e pura
nacque per noi,
volle essere mediatore.
Ha dato la vita ai morti
ha curato gli infermi,
finché gli è giunta l’ora
di essere sacrificato per noi,
di portare sulla croce
il pesante carico dei nostri peccati.” (Passione secondo Matteo BWV 244, Johann Sebastian Bach).
E in tutto, nonostante tutto, Gesù continua sempre ed ancora a chiamarci: amici, ad amarci e a perdonarci.