Sono forse io?

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27 MARZO 2024

MERCOLEDÌ DELLA SETTIMANA SANTA

Nella Passione secondo Matteo di Bach, ci lascia stupiti l’intensità di   parole e musica, che rendono drammatica la situazione del momento in cui Giuda tradisce Gesù.

All’affermazione di Gesù: “uno di voi mi tradirà”, corrisponde da parte dei discepoli una reazione, dove le loro voci si accalcano preoccupate, cercando di sopraffarsi e la domanda: “Sono io?”, risuona undici volte, ovvero, una per ogni discepolo, tranne Giuda che farà a parte la sua domanda.

In queI: “Sono io”, è la vera angoscia dei discepoli, non tanto per il fatto che il Signore sia tradito, quanto per l’idea che il colpevole possa essere proprio io: “Io dovrei espiare”. Ma Gesù non ci chiede questo, perché soltanto Lui può compiere la salvezza una volta per tutte e per tutti. Soltanto Lui può donare gratuitamente il suo corpo e il suo sangue a noi, nell’ultima cena pasquale.

Siamo noi, sono io, ciascuno è invitato, a vivere di quel corpo e di quel sangue che dona salvezza, che ci libera dalla schiavitù del peccato.

Il suo corpo è dato per la vita del mondo, per la mia vita, perché guarisca dalle ferite, illumini il buio, conforti nella paura, perché il cuore impari la pace, sparisca la violenza nei pensieri e nelle azioni.

“Oh uomo, piangi il tuo grande peccato,

per il quale Cristo lasciò il seno di suo

Padre e discese in questo mondo.

Da una Vergine dolce e pura

nacque per noi,

volle essere mediatore.

Ha dato la vita ai morti

ha curato gli infermi,

finché gli è giunta l’ora

di essere sacrificato per noi,

di portare sulla croce

il pesante carico dei nostri peccati.” (Passione secondo Matteo BWV 244, Johann Sebastian Bach).

E in tutto, nonostante tutto, Gesù continua sempre ed ancora a chiamarci: amici, ad amarci e a perdonarci.

“Signore,

“sono forse io?”.

Non hai neanche il coraggio di dirmi si,

perché il dolore che ti ho provocato

ti rattrista.

Lo so, sono io quando

ti metto da parte

e rinnego chi sia Tu per me,

e tratto gli altri con la misura del mio dolore,

ma soprattutto ciò che ti addolora,

è che rinnego chi sono io per Te:

tuo figlio, l’amato

per cui Tu dai la vita.

Perdonami,

lo hai già fatto,

allora insegnami a perdonarmi,

perché io non l’ho fatto.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

La profondità della croce

 

La profondità della croce

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 50,4-9a

Salmo: Sal 68 (69)

Vangelo: Mt 26,14-25

 

“Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?»”

L’immagine di oggi è: la profondità della croce.

Nel testo del Vangelo di questo mercoledì Santo, leggiamo da parte dei discepoli una profonda contrizione, data dal timore di aver tradito Gesù. C’è una sincerità che proviene dal cuore in queste parole:

“Sono forse io, Signore?”

È la sincerità di chi si riconosce peccatore, è l’affetto di chi teme di aver ferito una persona cara, ma in questa domanda troviamo anche una professione di fede: lo chiamano Signore. Gesù viene identificato come il loro Signore, ed è per questo che sono rattristati di averlo deluso, è un vero atto di dolore.

“Sono forse io, Signore?”

Questa domanda parte dal cuore e arriva al Signore. È quasi dichiarare implicitamente che Egli sa, ci conosce più di noi stessi. Nell’affermare Gesù come Signore c’è un cammino di verità, dove nel corso della vita si svela pian piano a noi, ovvero: individuare il nostro errore, scoprire che Lui ne era già consapevole e nonostante tutto ci ama, e dalla forza di quest’amore poter ricominciare. Solo il Signore può amarci così, perché Egli ha cura di noi.

“Sono forse io, Signore?” Siano per noi parole di ripartenza, dove lo sguardo non si ferma sul nostro errore, sul peccato, ma nel Suo perdono, in quella profondità della croce, che da sempre ci ha amato.