Sono buono

sono buono

24 SETTEMBRE 2023

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Is 55,6-9

Salmo: Dal Sal 144 (145)

Seconda lettura: Fil 1,20c-24.27a

Vangelo: Mt 20,1-16

“Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Una domanda forte, quella che Gesù fa a quell’uomo e contemporaneamente a noi.  Una domanda diretta, che apre già alla chiarezza: l’invidia non è riversata su chi ha ricevuto un bene, ma su Dio datore di ogni bene.

La bontà di Dio ci spaventa e disarma, poiché se da un lato ci riempie di pace, dall’altro è lontana dai nostri schemi.

La domanda di Gesù in fondo, serve a farci comprendere che c’è forse un altro modo di intendere la bontà. Dio è buono e la sua bontà è il mezzo che ci conduce a Lui, perché se basta un’ora di lavoro, se ne bastano due, o tutto il giorno, ciò che riceverò è e sarà sempre: amore infinito.

Dio chiama, ci chiama; secondo il metodo di quei tempi, i lavoratori verranno pagati a giornata, ma fino a quando? Non c’è scritto, perché la chiamata è per sempre. Egli da sempre ci vuole con sé. Lavorare nella sua vigna, è il tempo in cui renderci conto di essere nel campo dell’amore e non più nella logica della retribuzione materiale.

Il campo dell’amore è il luogo dove ciascuno dà tutto quello che può per amore e Dio, Dio amore straripante, custodisce il nostro cuore, lo porta fuori dalla logica del denaro e vi dona una moneta simile a quella della vedova del vangelo: tutto quello che ha, tutto se stesso.

Egli ogni giorno dona tutto se stesso e possiamo averlo pensato, pregato un’ora, mezz’ora, un minuto Lui si consegna totalmente a noi ed il Suo amore sarà sempre per sempre.

“Signore,

donami il Tuo amore,

affinché il mio cuore trovi ristoro.

Donami la Tua bontà

per perdonare ed amare.

Donami i Tuoi occhi,

per vedere oltre le fatiche e le sofferenze,

il Tuo volto risplendere,

così che io possa risollevarmi dalla polvere

e vivere con lo sguardo rivolto al cielo,

e respiri quell’amore che sempre mi riversi

e di cui io non smetterò mai di aver sete”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Che cos’è la bontà?

che cos'è la bontà

 

17 AGOSTO 2022

MERCOLEDÌ DELLA XX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ez 34,1-11

Salmo: Sal 22 (23)

Vangelo: Mt 20,1-16

 

Leggendo questo brano di Vangelo, subito ci viene in mente quanto il regno dei cieli sia il luogo dove poter sperimentare la bontà del Signore, indipendente se siamo arrivati primi o ultimi, nella relazione con Lui. Il Suo amore è così grande da esserci per tutti i Suoi figli.

Il testo ci invita a comprendere che cos’è la bontà e soprattutto cosa possa generare: l’invidia. Il gesto generoso di quel padrone viene contestato dai primi arrivati, perché hanno ricevuto la stessa moneta degli ultimi, ed egli risponderà: “non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Dobbiamo chiedere al Signore di purificare il cuore da questo sentimento, che può condizionare la nostra idea di giustizia.

Gesù ci insegna la vera bontà del regno dei cieli, capace persino di sopportare critiche e andare avanti attraverso la sofferenza che esso comporta.

C’è un seme di bontà, al di là di quella moneta, un’esperienza profonda a cui attingere per cui è necessario liberare il cuore per riconoscerla.

Probabilmente quegli uomini abituati a non far nulla, ora riconosceranno quanto è buono il suo signore, non per la moneta ricevuta, ma perché ancora prima egli è venuto a cercarli, è uscito di ora in ora a prenderli.

Così Dio fa con noi, ci viene incontro per farci vivere quell’esperienza di bontà che darà un senso alla nostra vita, non sarà eclatante, ma quotidiana, semplice, come quella del racconto di oggi, e quando arriverà sapremo riconoscerla?

“Signore,

dammi un cuore che Ti ascolta.

Le sofferenze della vita

mi hanno rinchiuso in me stesso,

alla ricerca di una soluzione o di un riscatto.

L’unica cosa di cui però mi accorgo di aver bisogno,

è della Tua bontà, per trovare pace.

Non importa quanto abbia sofferto,

ma cosa io ne abbia fatto di quel dolore;

insegnami a portarlo,

perché la Tua bontà sa superare ogni male,

e farne luogo di dono.

Fa che non abbia sofferto invano

e da quella fatica sia riuscito,

grazie al Tuo amore e alla Tua forza,

a farne qualcosa di buono”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)