Vivi

Non lasciare che il tempo scorra ai tuoi piedi,

  come acqua di un fiume mesto…

  Sei vivo!

  …ma se resti fermo dimenticherai di esserlo…

  MM 06.03.07

Gli aneddoti de Paulì – N.2

 

“La Vacca e l’Ua”

Ma non era la Volpe e l’Uva?!? Ma no, questa è n’altra storia.

In quel de Barcajò (*1) Pippo e Tabacchì razzolavano per l’aia.

No, non erano galline, erano cagnetti da formaggio. Due simpaticissimi miscugli di non si sa quali razze, pieni di ingegno ed energia. E te credo!        A loro il calcio non mancava… oddio, forse ogni tanto prendevano anche qualche zampata (*2), ma intendevo quello contenuto nel formaggio.

Pippo e Tabacchì erano le ombre di Paulì (magari anche solo le ombre delle sue ciavatte (*3) ), ce ne erano due ad ogni generazione canina.

Sempre Pippo e Tabacchì, molti più Pippo in realtà, i Tabacchì solo all’occorrenza.

Pippo e Tabacchì andavano a pane e formaggio, come Paulì.

Questo se c’era pane a sufficienza, perché coi nipoti che merendavano a “pa’ cu l’ojo” (*4) o “pa’ e zucchero (e vi’ (*5), anche se allungato con l’acqua)”, magari a loro rimaneva solo la caciotta.

Le scorze della caciotta, s’intende.

Quando Paulì tornava dal campo, Pippo e Tabacchì si materializzavano. Pur con le loro zampette corte, erano due schegge saltellanti.                                Pura gioia, o fame, vedete voi!

Diciamo che erano un po’ viziati… le caciotte (e le scorze) non mancavano.

Il menù di mio nonno era molto vario:

Mattina prestoprima di andare nei campi

                pane (a fette fine), caciotta poco poco stagionata (a fette nerte (*6) ), un bicchiere da cantina de vi’ de casa;

Metà mattinapausa dal lavoro nei campi

                pane (a fette fine), caciotta poco poco stagionata (a fette nerte), un bicchiere da cantina de vi’ de casa;

Pausa pranzo

                pasta al pomodoro annacquato, la Domenica ragu marchigiano con le zampette dei polli, grigili (*7) e affini, ics bicchieri de vi’ de casa;

Metà pomeriggiopausa dal lavoro nei campi

                pane (a fette fine), caciotta poco poco stagionata (a fette nerte), un bicchiere da cantina de vi’ de casa;

Cenanon tanto tardi (che me svejo presto e so’ stracco (*8) ) – minestrina cotta in acqua co n’filo de sale, battuto de insalata fina fina sa un bel goccio d’ojo e …

se proprio volemo fa festa, una fettarellina fina de pa’ co n’bel pezzetto de cagio (*9).

Direte voi, pane e formaggio a colazione la mattina presto?

In effetti ce lo siamo spesso chiesti anche noi…

Nipoti:

                “Nonno, ma te non fai colazione col latte e caffè?”

Paulì, alzando la mano col panì  al formaggio,  la bocca ancora un po’ impastata e smorfia brencia (*10):

                “Io berrò il latte

                quanno le vacche magnerà l’ua!” (*11)

E questo è quanto.

Che poi tanto era lui a far cibare le mucche

e l’uva…

secondo me

…non gliel’ha mai neanche fatta assaggiare!

 

Gli aneddoti de Paulì – N.1

“Pizzigà e nu’ ride”

 

Mio nonno paterno, Paolo, per tutti da sempre Paulì, suonava l’organetto.

Lo suonava ad orecchio, ma soprattutto con il callo a punta sul polpastrello del pollice destro.

In realtà, in quasi quarant’anni l’avrò sentito suonare una o due volte,

forse giusto mezza…

ma l’ho sentito raccontare talmente spesso, che è come se ci si accompagnasse tutte le volte.

 

Mio nonno non parlava tantissimo, ma se lo faceva era con ironia, era un burlone dalla faccia seria, che se la rideva sotto i baffi.

Baffi intinti di vino, ma questo è un altro aneddoto, lo lascerò per un’altra volta!

Paulì era dispettoso, ma davvero davvero tanto, di quel dispettoso che a dir la verità… a ricordare bene, faceva venire i nervi…

Era un genio, una genio del male (fisico)… lui giocava a “pizzigà e nu ride”.

 

Ci ho messo anni per capire la sottile ironia di questa piccola frase dialettale.

Immaginate di essere bimbi dalla carne tenerella e delicata

e di avere un nonno che, seppur non proprio una scheggia (anzi piuttosto claudicante in verità),

vi rincorre per pizzicarvi strigendo la vostra bella ciccetta, tra il suddetto callo e l’incavo creato dall’indice messo ad uncino.

Insomma, per intenderci, non premendo i polpastrelli tra di loro come per fare un OK, ma premendo il pollice sul resto del pugno semichiuso.

Quel callo era talmente grande che sarebbe stato corretto dargli un nome.

Che poi secondo me non era un callo, ma proprio un osso creatosi tra la pelle e la carne sottostante.. Mah

 

Vie’ qua! Vie’ da Nonno… Giogamo a pizzigà e nu ride!

Eh caro nonno, penso di non aver mai corso così tanto come quando giocavo con te, da bambina… Neanche ai Giochi della Gioventù, alle elementari!

Che poi sono cresciuta e fortunatamente, essendo la prima nipote, è toccato alla carne più fresca dei miei cuginetti!

 

Non so se è chiaro, miei cari lettori, che il gioco di mio nonno dura praticamente una vita…

e poteva chiamarsi anche: “Giogamo a pizzigà e poi ridi dopo”,

perchè in effetti allora, coi lividi che rimanevano per qualche giorno, si rideva ben poco…

ma col senno di poi, ripensando a quel sorrisetto furbo, ce la spassiamo ancora.

 

Ciao Paulì 😉

PS: Ho sempre pensato che il callo derivasse dal suonare l’organetto, così mi è sembrato fosse sempre stato sottinteso, ma in effetti a pensarci bene, sarà vero? Mah…

Non è mai troppo tardi

Biarritz
Biarritz

Non è mai troppo tardi…
Ci si innamora, si cambia strada, ci si sposa o ci si ri-sposa!
Si diventa genitori, nonni, a volte anche contemporaneamente.
Non è mai troppo tardi per riprendere in mano la propria vita,
per essere padroni del proprio futuro, della propria felicità, per seguire le proprie passioni!
Non è mai troppo tardi per ammettere i propri errori, per dimenticare quelli altrui,
se serve a scavalcare l’orgoglio di una persona cara e riallacciare rapporti importanti.
Non è mai troppo tardi, finché non è DAVVERO troppo tardi,
per risentire un amico, perdonare, essere in pace con se stessi ed abbandonare i rancori.
Non è mai troppo tardi per essere liberi dalla monotonia, dall’abitudine, dalle scelte sbagliate,
dai condizionamenti mentali che ci poniamo o che altri provano ad imporci, perché glielo permettiamo.
Non è mai troppo tardi per perdersi, prima di trovare la propria strada,
per raggiungere le “cime più alte”, per esplorare e, perchè no? …superare i propri limiti.
Non è mai, mai troppo tardi per amare, innanzitutto se stessi…

A dire la verità… non è mai troppo presto!
Inutile stare a guardare il tempo che passa, le cose che mutano e la vita che va avanti da sola.
Magari abbiamo ancora tempo, forse. Forse non è troppo tardi…
ma perché vivere VERAMENTE solo il tempo che resta?

Parole e ph. M.M. 30/04/2015

(sempre dal mio archivio di pensieri)

IL PRINCIPE AZZURRO

 

azzurro


Lo cerchi in ogni uomo

Che il cuore t’appassiona

E quando credi sia perfetto

Il pensier non t’abbandona

.

Gli dipingi addosso un ruolo

E lo cuci a gran mandate

Non odi quanto vien detto

E scrivi pagine incantate

.

Un principe di carta bianca

Disegnato a tua misura

Potrebbe sembrar effimero

Ma talvolta non s’usura

.

L’amore è assai strano

Non fa calcoli precisi

Pensi sempre sia sincero

Ma ostinato mette in crisi

.

E ti struggi per qualcuno

Che magari lusingato

Cede un attimo e s’invola

E tu mai l’hai dimenticato

.

Apri gli occhi dolce fata

Che l’amore non ha arcani

Non è un disegno s’una tela

Ma un progetto a due mani.

MM 4/5/’19

Illogico

AnCor non mi capacito

d’un Amore così grande…

ch’è solo mio… 

MM 28/2/2019

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Come è possibile che un imperituro sentimento, così estremo e incondizionato, possa essere davvero unilaterale?

L’amore vive se alimentato, se ci si crede nel profondo e non necessita di prove tangibili…

È così che un anima sognatrice può auto-illudersi, anche illimitatamente. Essendo capace di amare più di ogni altra,   non si capacita dell’insensibilità altrui e non vede l’incuranza dietro agli occhi in cui si specchia.

L’amore che legge riflesso è esattamente il proprio.

MM 4/5/2019