Non c’è nulla di più crudele che usare i propri figli per raccogliere denaro. Anzi, non c’è nulla di più crudele che fingere che questi abbiano un malattia terminale per promuovere una catena di solidarietà e riempirsi le tasche. Negli Usa una donna di trentaquattro anni ha finto che sua figlia, una bambina di undici, avesse una malattia letale. Lo scopo? Raccogliere donazioni per le cure. Nel giro di tre anni ha racimolato migliaia di dollari più viaggi di beneficenza e alloggi gratuiti. La piccola bambina, ovviamente, non sapeva nulla della messinscena della madre ed era davvero convinta di dover morire e aveva cominciato a seguire anche delle sedute da uno psicologico per prepararsi alla morte. La storia è andata avanti fino a quando il padre della bambina, divorziato dalla moglie, non ha scoperto la finzione, denunciando l’ex consorte alla polizia. La autorità hanno confermato che la bambina era sana come un pesce e hanno privato la donna della patria potestà. La piccola adesso è stata affidata al padre. La donna incriminata aveva cominciato a raccontare frottole prima ai vicini e agli amici, innescando la solidarietà di questi ultimi. Poi è passata sui social network, moltiplicando i fondi come i pani e i pesci. Naturalmente, per mantenere in piedi il gioco, la donna si rifiutava di mostrare le cartelle cliniche o di rivelare ai media in quale ospedale la bambina fosse in cura. Si era solo limitata a dire che i medici avevano fatto molti esami, ma non erano mai riusciti a capire la fonte della sua malattia. Un gioco scellerato, messo in piedi da una madre scellerata che, pur di far soldi, ha simulato una malattia terminale della figlia, facendola vivere nell’angoscia per tre anni. La donna è stata denunciata per truffa e adesso i soldi incassati dovrà spenderli in avvocati. Ma, aldilà di questo, tale vicenda dimostra ancora una volta come l’amore per il denaro abbia cancellato tutti i valori morali, spingendo perfino una madre a “sacrificare”  la propria figlia a quel gioco perverso alimentato dallo “sterco del Diavolo”.