Il mio amico F. detesta cordialmente la poesia, a meno che non intraveda tra gli “a capo” una prosa sotto mentite spoglie. Certa di poter arginare la sua diffidenza, se fosse qui gli chiederei: e di questa poesia di Scarabicchi che ne pensi? ti spaventa al pari delle altre o t’appare per quello che è, ovvero un domandare inconciliato? Dopo l’iniziale diffidenza a cui non riesce a sottrarsi proprio mai, converrebbe che, almeno in questo caso, la semplicità del dire apre a una forma d’arte spesso ritenuta ostica:
Nei mattini di maggio
dove crescono,
liberi dall’offesa,
la gioventù e i gerani?
C’è che i nostri tempi hanno reso la lettura della poesia un rito superstizioso, chiuso al pensiero critico. Da intendersi non come analisi metrica o ricerca di significati reconditi, ma come capacità di sconfinamento nell’oltre e nella meraviglia.