La farfalla

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Cammino tra gli alberi che mi hanno visto crescere e diventare l’uomo che conosci, lasciando la mente libera di fuggire.

Senza nemmeno accorgermene ho raggiunto la radura dove ho lasciato un pezzo di cuore e di magia.
Era tanto che non ci tornavo, lo ammetto. Alzo lo sguardo e spazio su tutto l’orizzonte. Non è cambiata, è tutto uguale a come quando c’eri tu, mi sembra di vederti correre felice, per poi girarti e corrermi incontro. Il vento porta ancora il suono della tua voce e non posso fare a meno di chiudere gli occhi e credere che tu sia ancora accanto a me.
 La radura, la nostra radura mi ha riconosciuto e accendendo i suoi colori mi chiama…la sento, si la sento.
Corro perdifiato rispondendo a quel richiamo, sfidando il vento caldo, il sole che soffia fuoco.  Mi lascio scivolare in quel mare d’erba, tu non ci sei, non mi corri incontro..no…tu non ci sei. Ed è un  urlo, il mio, la voce che do al tempo, che non guarisce il mio dolore. Piango urlando il tuo nome finché la gola non mi fa  male.
 Esausto, ora steso, gli occhi al cielo mentre ogni respiro è un dolore sordo al petto.
Una piccola farfalla,  mi vola vicina  Mi sfiora e si allontanata, per tornare, posarsi sul mio petto e ripartire, sbattendo le ali al ritmo del mio respiro.
” Mi guardi? Sono tanto stanco ed avrei bisogno di riaverla accanto e tornare a casa con lei ”  Mi vola  davanti agli occhi, sembra che voglia guardarci dentro per comprendere …per comprendermi. “Sai dove sia? Tu che puoi muoverti nel vento …sai se sia qui accanto a me?”
 “Sono nata questa mattina e vivrò solo fino a domani ma …la cercherò per te”  risponde.
” Dille allora che… Dille che sono qui e non la dimenticherò mai”
Un battito d’ali e si allontana ma non è molto lontana quando  colpendo con le ali il vento , fece sì che il suo soffio mi dicesse
“Lo so …e non lo farò io”
L’ho guardata allontanarsi e farsi sempre più piccola.

 

 

 

Wodkah – The last butterfly

Un posto sicuro

Praia - plancton que brilha a noite (2)

Chissà cosa mi aspettavo.

Questa spiaggia avrebbe dovuto essere la mia casa sicura, vicina al mio vecchio mondo. Ora invece sono qui e le onde cancellano le mie impronte. «Perché lo fate?» chiedo ai riccioli di spuma che mi rincorrono. «Cosa ho fatto per meritare questa forma di oblìo?»

Premo con forza i piedi nella sabbia bagnata e lancio uno sguardo di sfida alle piccole onde che si avvicinano timide. Una, la più coraggiosa, prende lo slancio e mi lambisce le caviglie e sussurra:

«Non è più il tuo mondo questo».

 

 

Ólafur Arnalds – This place was a shelter

Tempo e silenzi

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Guardo il mare dalla spiaggia, come facevi tu.

La tua vecchia fotografia è ormai sgualcita tra le mie mani, sai?

Il tuo viso serio mi fissa tra le pieghe della carta.
Ne seguo con i polpastrelli le linee. Ragnatele del tempo, rughe dell’anima.

Mi spiace. Ci sto provando, davvero, ma mi manca l’oceano. Ho sognato la terraferma per anni, ma qui anche l’aria è opprimente e pesante.

La cosa peggiore però lo sai cos’è, vero? E’ il rumore. Non ricordavo che la vita qui fosse tanto rumorosa. Nulla si muove in silenzio, non la nascita, non la morte.

Anche i miei pensieri sulla terraferma urlano. Li senti?

Li senti?

 

 

 

Abel Korzeniowski- Abdication