Albertine nella distanza dell’immaginazione e dell’arte

Se non scendevo da Madame de Guermantes, mi mettevo – per far sembrare meno lungo il tempo in quell’ora che precedeva il ritorno della mia amica – a sfogliare un album di Elstir, un libro di Bergotte. E poiché anche le opere che sembrano rivolgersi soltanto alla vista e all’udito esigono, per essere gustate, che la nostra intelligenza si desti e collabori strettamente con quei due sensi, io facevo allora, senza rendermene conto, uscire da me i sogni che Albertine aveva suscitati un tempo, quando ancora non la conoscevo, e che la vita quotidiana aveva spenti. Li gettavo come in un crogiolo nella frase del musicista o nell’immagine del pittore, ne nutrivo il libro che stavo leggendo. E questo, certo, me ne appariva più vivo. Ma in egual misura guadagnava Albertine nell’essere così trasportata dall’uno all’altro dei due mondi cui abbiamo accesso e nei quali possiamo volta a volta situare un medesimo oggetto, nello sfuggire alla schiacciante pressione della materia per librarsi nei fluidi spazi del pensiero. Mi ritrovavo di colpo, e per un istante, capace di provare per la fastidiosa fanciulla sentimenti appassionati. Albertine, in quei momenti, assumeva l’apparenza di un’opera di Elstir o di Bergotte, e io ero trascinato verso di lei da una momentanea esaltazione, vedendola nella distanza dell’immaginazione e dell’arte.

M. Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Gelosie perniciose

Esistono dei gelosi che lo sono solo degli uomini cui la loro amante si conceda lontano da loro, ma permettono ch’ella lo faccia con altri purché autorizzata da loro, accanto a loro e, se non proprio sotto i loro occhi, perlomeno sotto il loro tetto. Questo caso è abbastanza frequente negli uomini anziani innamorati d’una donna giovane. Sentendo la difficoltà di piacerle, a volte l’impotenza d’accontentarla, all’essere ingannanti preferiscono il lasciar venire a casa loro, in una camera vicina, qualcuno che considerano incapace di consigliare male la donna amata, ma non di darle piacere. Per altri, è tutto il contrario: mentre non lasciano che l’amante esca neppure per un minuto da sola in una città che conoscono, e la tengono in uno stato di vera e propria schiavitù, le consentono d’andare per un mese in un paese che non conoscono e dove non possono rappresentarsi quello che lei farà. Io avevo, nei confronti di Albertine, queste due specie di mania calmante. Non sarei stato geloso se si fosse presa dei piaceri accanto a me, incoraggiati da me, tenuti da me per intero sotto la mia sorveglianza, risparmiandomi così il timore della menzogna; e non lo sarei stato, forse, neppure se fosse andata in un paese per me abbastanza sconosciuto e lontano perché io non potessi immaginare, né avere la possibilità e la tentazione di conoscere il suo genere di vita. In entrambi i casi, il dubbio sarebbe stato soppresso da una conoscenza o da un’ignoranza ugualmente totali.

M. Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Il nulla che lei era per me, che io dovevo essere per lei

Di Albertine, in compenso, non avevo più niente da scoprire. Mi sembrava ogni giorno meno bella. Soltanto il desiderio che accendeva negli altri tornava – quando, apprendendolo, ricominciavo a soffrire, e volevo contenderla loro – ad innalzarla trionfante ai miei occhi. Poteva essermi causa di sofferenza, mai di gioia. Solo di sofferenza si nutriva il mio increscioso attaccamento. Non appena spariva, e con essa il bisogno di lenirla che assorbiva tutta la mia attenzione come una distrazione atroce, sentivo il nulla che lei era per me, che io dovevo essere per lei. Il protrarsi di quello stato mi rendeva infelice, e m’auguravo a volte di scoprire qualcosa di spaventoso che lei avesse fatto e che potesse farmi rompere con lei fin tanto ch’io non fossi guarito, cosa che ci avrebbe poi permesso di riconciliarci, rendendo diversa e più lieve la catena che ci legava.

M. Proust, La Prigioniera

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori