Albertine incitava Andrée a giochi che, senza spingersi molto lontano, non erano forse del tutto innocenti; soffrendo di tale sospetto, finivo con l’allontanarlo. Ma ne ero appena guarito che rinasceva sotto un’altra forma. Avevo visto Andrée con uno di quei movimenti graziosi che le erano particolari, posare teneramente il capo sulla spalla di Albertine, baciarla sul collo socchiudendo gli occhi; oppure s’erano scambiate un’occhiata; o qualcuno che le aveva viste insieme, sole, mentre andavano a fare il bagno, s’era lasciato sfuggire una parola: piccolezze che vagano abitualmente nell’atmosfera da cui siamo circondati e che la maggior parte delle persone assorbe da mattina a sera senza che la salute ne risenta o l’umore si alteri, ma che risultano morbose e generatrici di nuove sofferenze per chi vi è naturalmente predisposto. (…) Pensavo allora a tutto quello che avevo saputo dell’amore di Swann per Odette, del modo in cui Swann era stato raggirato per tutta la vita. In fondo, a pensarci bene, l’ipotesi in base alla quale costruii a poco a poco tutto il carattere di Albertine e interpretai dolorosamente ogni momento d’una vita che non mi era possibile controllare per intero, fu il ricordo, l’idea fissa del carattere di Madame Swann, così come m’era stato raccontato. Tali racconti contribuirono a far sì che, in seguito, la mia immaginazione giocasse a supporre che Albertine, anziché essere quella buona ragazza che era, avrebbe potuto avere la stessa immoralità, la stessa capacità d’inganno di un’ex-puttana; e pensavo a tutte le sofferenze che mi sarebbero toccate, in questo caso, se mi fossi innamorato di lei.
M. Proust, Sodoma e Gomorra II
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori