L’immoralità (presunta) di Albertine

Albertine incitava Andrée a giochi che, senza spingersi molto lontano, non erano forse del tutto innocenti; soffrendo di tale sospetto, finivo con l’allontanarlo. Ma ne ero appena guarito che rinasceva sotto un’altra forma. Avevo visto Andrée con uno di quei movimenti graziosi che le erano particolari, posare teneramente il capo sulla spalla di Albertine, baciarla sul collo socchiudendo gli occhi; oppure s’erano scambiate un’occhiata; o qualcuno che le aveva viste insieme, sole, mentre andavano a fare il bagno, s’era lasciato sfuggire una parola: piccolezze che vagano abitualmente nell’atmosfera da cui siamo circondati e che la maggior parte delle persone assorbe da mattina a sera senza che la salute ne risenta o l’umore si alteri, ma che risultano morbose e generatrici di nuove sofferenze per chi vi è naturalmente predisposto. (…) Pensavo allora a tutto quello che avevo saputo dell’amore di Swann per Odette, del modo in cui Swann era stato raggirato per tutta la vita. In fondo, a pensarci bene, l’ipotesi in base alla quale costruii a poco a poco tutto il carattere di Albertine e interpretai dolorosamente ogni momento d’una vita che non mi era possibile controllare per intero, fu il ricordo, l’idea fissa del carattere di Madame Swann, così come m’era stato raccontato. Tali racconti contribuirono a far sì che, in seguito, la mia immaginazione giocasse a supporre che Albertine, anziché essere quella buona ragazza che era, avrebbe potuto avere la stessa immoralità, la stessa capacità d’inganno di un’ex-puttana; e pensavo a tutte le sofferenze che mi sarebbero toccate, in questo caso, se mi fossi innamorato di lei.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Apparizioni

E ci sono, infine, apparizioni che hanno il movimento di un’icona la quale, lasciando il suo fondo figurativo, si stacca lentamente dall’insieme per definirsi nei particolari, ma una volta acquisito, per così dire, lo statuto di immagine dominante, non dissipa né scolora il legame con il resto: insomma, divenuta voce privilegiata di un coro, è solo in rapporto a quel coro che la sua forma, e dunque la sua aura seduttiva, agisce nei pensieri dell’altro. È quel che mostra Proust nella Recherche con l’apparizione di Albertine: non solo nel suo primo apparire ma anche nel movimento verso la presa di parola, e verso l’intimità, la “baccante ciclista” porta accanto alla sua immagine le immagini delle amiche “golfeuses“, al punto che il turbamento di Marcel e la fluttuante nuvola del desiderio riconosce il suo fondamento, e la sua spina, proprio nell’oscillazione del pensiero rammemorante tra la fanciulla bruna e sorridente e le altre leggere, eleganti, ragazze “en fleur“.

Antonio Prete, Carte d’amore

Il ritmo binario adottato dall’amore

Mi dichiarai costretto a farle una confessione preliminare, quella d’una grande passione che, da qualche tempo, nutrivo per Andrée; e gliela feci con una semplicità e una schiettezza degne del teatro, ma che, nella vita, abbiamo quasi soltanto per gli amori che non proviamo. Riprendendo, con varianti, la menzogna utilizzata con Gilberte prima dell’altro soggiorno a Balbec, mi spinsi – perché potesse meglio credermi quando le dicevo, ora, di non amarla – sino a lasciarmi sfuggire che in passato ero stato sul punto di innamorarmi di lei; ma era trascorso troppo tempo, ormai non era più, per me, che una buona amica, e se anche l’avessi voluto non sarei più riuscito a provare nei suoi confronti sentimenti più appassionati. D’altronde, insistendo così con Albertine su queste proteste di disamore, non facevo – a causa d’una circostanza e in vista d’uno scopo particolari – che rendere più sensibile, sottolineare con maggior forza il ritmo binario adottato dall’amore in chiunque, dubitando eccessivamente di se stesso, non riesce a credere che una donna possa mai amarlo, né che lui stesso possa amarla veramente. Individui siffatti si conoscono abbastanza per sapere che accanto alle donne più diverse essi provavano le stesse speranze, le stesse angosce, inventavano gli stessi romanzi, pronunciavano le stesse parole e, dunque, per rendersi conto che i loro sentimenti, le loro azioni, non sono in un rapporto stretto e necessario con la donna amata, ma le passano accanto, l’aggirano, la spruzzano come la marea che batte sul fianco delle scogliere, e il sentimento della propria instabilità rende ancora più acuto il loro sospetto che la donna, da cui vorrebbero essere tanto amati, non li ami. Se lei non è che un semplice accidente posto di fronte alla piena dei nostri desideri, perché mai il caso dovrebbe aver fatto sì che noi, proprio noi, fossimo l’oggetto dei suoi?

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori