Guermantes vs Courvoisier

Il Genio era intervenuto in una circostanza che era stata tutt’altro che indifferente, non solo ai Guermantes, ma anche ai Courvoisier, parte avversa della famiglia e, sebbene di non meno nobile sangue rispetto ai Guermantes, tutto l’opposto di loro (anzi, è dalla nonna Courvoisier che i Guermantes facevano dipendere la fissazione del principe di battere sempre, nei suoi discorsi, su nascita e libertà, come se non ci fosse nient’altro al mondo). Non soltanto i Courvoisier non attribuivano all’intelligenza lo stesso rilievo dei Guermantes, ma non ne avevano la stessa idea. Per un Guermantes (foss’anche uno stupido), essere intelligenti voleva dire possedere un forte spirito critico, essere capaci di dire cattiverie, di parlare chiaro con tutti, potervi tener testa indifferentemente sulla pittura, sulla musica, sull’architettura, parlare inglese. L’idea dell’intelligenza che si facevano i Courvoisier era meno positiva e, se appena non s’apparteneva al loro mondo, essere intelligenti non era lontano dal significare “avere probabilmente assassinato i genitori”. Per loro, l’intelligenza era una specie di grimaldello, grazie al quale persone di cui non si conoscevano né padre né madre forzavano le porte dei salotti più rispettabili, e i Courvoisier non ignoravano che si finisce sempre col pentirsi d’aver ricevuto simili “arnesi”.

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D’altronde, in un certo senso, i Courvoisier mantenevano meglio dei Guermantes l’integrità dell’aristocrazia, grazie all’angustia della loro mente e, insieme, alla malvagità del loro cuore. Così, i Guermantes (per i quali, al di sotto delle famiglie reali e di poche altre come i Ligne, i La Trémoille, ecc., tutto il resto si confondeva in una vaga minutaglia) trattavano con insolenza gente di antico lignaggio che abitava nei dintorni di Guermantes, proprio perché trascuravano i meriti di second’ordine di cui si occupavano moltissimo i Courvoisier, e alla cui assenza essi non davano alcuna importanza.

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L’unico punto sul quale Guermantes e Courvoisier si incontravano era l’arte, d’altronde infinitamente variata, di sottolineare le distanze. Le maniere dei Guermantes non erano, in tutti loro, completamente uniformi. Ma, per esempio, tutti i Guermantes – quelli che lo erano veramente – quando si presentava loro qualcuno procedevano a una sorta di cerimonia, press’a poco come se il fatto di tendergli la mano fosse non meno considerevole che se si trattasse di consacrarlo cavaliere. Non appena un Guermantes – che, magari, aveva solo vent’anni, ma già seguiva le orme dei suoi maggiori – sentiva il vostro nome pronunciato dal presentatore, lasciava cadere su di voi, come se fosse tutt’altro che sicuro di dovervi salutare, uno sguardo generalmente azzurro, e sempre freddo come un acciaio pronto a penetrarvi sin nei più profondi recessi del cuore. Ed è, del resto, ciò che i Guermantes erano realmente convinti di fare, ritenendosi tutti degli psicologi di prim’ordine. Pensavano inoltre di accrescere, con tale ispezione, l’amabilità del successivo saluto, che non vi sarebbe stato elargito che a ragion veduta. Il tutto avveniva a una distanza da voi che, esigua in funzione d’un eventuale duello, sembrava enorme per una stretta di mano, e produceva nel secondo caso un effetto non meno agghiacciante di quello che avrebbe prodotto nel primo, di modo che quando i Guermantes, compiuto un rapido giro nelle pieghe più riposte della vostra anima e della vostra onorabilità, vi aveva infine giudicato degno di conoscerlo, la sua mano, dirigendosi verso di voi all’estremità di un braccio steso per tutta la sua lunghezza, sembrava presentarvi un fioretto per una singolar tenzone, ed era insomma, in quel momento, così lontana dal Guermantes, che riusciva difficile capire, quando questi chinava la testa, se stesse salutando voi o la sua stessa mano.

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I Courvoisier, ch’erano diversi nel fisico, dopo aver invano tentato di assimilare quel saluto scrutatore, avevano ripiegato sulla rigidezza altera o la negligenza frettolosa. In compenso, era dai Courvoisier che alcune rare Guermantes sembravano aver attinto il modello del saluto femminile. Quando vi si presentava a una di queste Guermantes, infatti, lei si esibiva in un grande inchino che avvicinava a voi, secondo un angolo di circa quarantacinque gradi, la testa e il busto, mentre la parte inferiore della figura (notevolmente alta), fino alla vita che faceva da perno, rimaneva immobile. Ma aveva appena proiettato verso di voi la metà superiore del corpo che già, con un brusco scarto più o meno della stessa ampiezza, la rigettava indietro oltre la verticale. Il rovesciamento consecutivo neutralizzava ciò che, in apparenza, vi era stato concesso, il terreno che avevate creduto di guadagnare non restava acquisito nemmeno secondo le regole del duello, tutto tornava alle posizioni di partenza.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Marcel Proust da giovane (1883 circa)