Ritrovare il Tempo perduto

Allora – meno radiosa, certo, di quella grazie alla quale mi era stato rivelato che l’opera d’arte è l’unico mezzo per ritrovare il Tempo perduto – si fece in me una nuova luce. E capii che erano, tutti quei materiali dell’opera d’arte, la mia vita passata; capii che erano venuti a me nei piaceri frivoli, nell’ozio, nella tenerezza, nel dolore, che li avevo immagazzinati senza intuire la loro destinazione, la loro stessa sopravvivenza, più del seme quando mette in serbo tutti gli alimenti che nutriranno la pianta. Come il seme avrei potuto morire quando la pianta si fosse sviluppata, e mi rendevo conto d’esser vissuto per lei senza saperlo, senza aver mai supposto che la mia vita sarebbe entrata in contatto con i libri che avrei voluto scrivere e per i quali un tempo, quando mi mettevo a tavolino, non trovavo argomenti. Così tutta la mia vita sino a quel momento avrebbe e non avrebbe potuto essere riassunta sotto il titolo: Una vocazione. Non avrebbe potuto perché la letteratura non aveva svolto alcun ruolo nella mia vita. Avrebbe potuto perché questa vita, il ricordo delle sue tristezze, delle sue gioie, formavano una riserva simile all’albume contenuto nell’ovulo delle piante da cui questo trae il nutrimento per trasformarsi in seme quando ancora si ignora che si sta sviluppando l’embrione della pianta, già sede tuttavia di fenomeni chimici e respiratori segreti ma molto attivi.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori