Non per me ma per il mio libro

Quelle morti successive, così temute da un io che esse erano destinate ad annientare, così indifferenti, così dolci una volta che s’erano verificate e chi le aveva temute non era più là per sentirle, mi avevano aiutato da qualche tempo a capire quanto poco saggio sarebbe stato aver paura della morte. Ora, proprio adesso che essa mi era, da poco, diventata indifferente, cominciavo di nuovo a temerla – sotto un’altra forma, è vero, non per me ma per il mio libro, al cui dischiudersi era almeno per qualche tempo indispensabile quella vita che tanti pericoli minacciavano. Victor Hugo dice:

Il faut que l’herbe pousse et que les enfants meurent.

Io dico che è legge crudele dell’arte che gli esseri muoiano e che noi stessi moriamo, dando fondo a tutte le sofferenze, perché spunti l’erba non dell’oblio ma della vita eterna, l’erba rigogliosa delle opere feconde, su cui le generazioni verranno a fare allegramente, senza preoccuparsi di chi dorme là sotto, il loro “déjeuner sur l’herbe”.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

La colazione sull'erba di Edouard Manet - ADO Analisi dell'opera

Edouard Manet, Le déjeuner sur l’herbe

Quando dobbiamo ragionare sulla morte

Aver tanto desiderato che Albertine sapesse che avevo scoperto la storia della docce – Albertine, che non era più niente! Ecco un’altra conseguenza della nostra impossibilità, quando dobbiamo ragionare sulla morte, di rappresentarci qualcosa di diverso dalla vita. Albertine non era più niente; ma per me, era la persona che m’aveva nascosto di aver avuto, a Balbec, incontri con donne, e si figurava d’esser riuscita a farmelo ignorare. Quando ragioniamo su quanto succederà dopo la nostra morte, non è ancora la nostra persona viva quella che, per errore, proiettiamo in quel tempo? E, in fin dei conti, rimpiangere che una donna che non esiste più ignori che abbiamo scoperto quel che lei faceva sei anni fa è tanto più ridicolo del desiderare che fra un secolo il pubblico parli ancora con favore di noi, che saremo morti? Se c’è maggior fondamento reale nella seconda che nella prima, i rimpianti della mia gelosia retrospettiva derivavano tuttavia dal medesimo errore ottico in forza del quale gli altri uomini desiderano la gloria postuma.

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

L’idea che si morirà è più crudele del morire

L’idea che si morirà è più crudele del morire, ma meno dell’idea che un altro sia morto, che, nuovamente piatta dopo aver inghiottito un essere, senza nemmeno un risucchio a segnalarne il luogo, torni a distendersi una realtà da cui quell’essere è escluso, in cui non esiste più nessun volere, nessuna conoscenza, e da cui risalire all’idea che quell’essere è vissuto è tanto difficile quanto dal ricordo ancora recentissimo della sua vita al pensiero che esso sia assimilabile alle immagini senza consistenza, ai ricordi lasciatici dai personaggi d’un romanzo che abbiamo letto.

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Lo sguardo stizzito d’una vecchia che farnetica

Adesso, accorgendosi che non la capivamo più, la nonna rinunciava del tutto a parlare, e rimaneva immobile. Quando mi vedeva, aveva una specie di soprassalto, come uno che, di colpo, si senta mancare l’aria; cercava di parlarmi, ma non articolava che qualche suono inintelligibile. Allora, domata dalla sua stessa impotenza, lasciava ricadere la testa, s’adagiava supina sul letto, il volto grave, di marmo, le mani immobili sul lenzuolo, o intente a un’azione puramente materiale come quella d’asciugarsi le dita col fazzoletto. Non voleva pensare. In seguito, fu invasa da una continua agitazione, dal desiderio incessante d’alzarsi. Ma le si impediva, per quanto possibile, di farlo, per paura che si rendesse conto della sua paralisi. Un giorno che, per un istante, l’avevamo lasciata sola, la trovai in piedi, in camicia da notte, che tentava d’aprire la finestra. Quando, a Balbec, una vedova gettatasi in mare era stata tratta in salvo suo malgrado, la nonna (mossa, forse, da uno di quei presentimenti che leggiamo a volte nel mistero, per altro così oscuro, della nostra vita organica, ma nei quali sembra riflettersi l’avvenire) mi aveva detto di non conoscere crudeltà peggiore di quella di strappare alla morte, per restituirla al suo martirio, una disperata che ha voluto cercarla. Facemmo appena in tempo ad afferrare la nonna, che sostenne contro mia madre una lotta quasi brutale; poi, vinta, fatta sedere a forza su una poltrona, cessò di volere, di rimpiangere, il suo viso ridiventò impassibile, e si mise a togliere meticolosamente i peli lasciati sulla sua camicia da notte da un mantello di pelliccia che le avevamo gettato sulle spalle. Il suo sguardo cambiò completamente: spesso inquieto, lamentevole, scontroso, non era più il suo sguardo d’una volta, era lo sguardo stizzito d’una vecchia che farnetica.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Bergotte e le sue opere

Ma frattanto, e inversamente, l’insieme delle sue opere – conosciute solo dai letterati all’epoca in cui Madame Swann ne patrocinava i timidi sforzi di disseminazione, ora cresciute e forti agli occhi di tutti – aveva assunto presso il vasto pubblico uno straordinario potere espansivo. Succede, certo, che uno scrittore diventi celebre solo dopo la sua morte. Ma Bergotte era ancora in vita e, mentre stava percorrendo il suo lento e inconcluso cammino verso la morte, assisteva a quello delle sue opere verso la Fama. Un autore morto, almeno, non fa nessuna fatica a essere illustre. L’irraggiarsi del suo nome si ferma alla pietra della sua tomba. Nella sordità del sonno eterno, la Gloria non può importunarlo. Ma, per Bergotte, l’antitesi s’era costituita solo in parte. Egli insisteva ancora abbastanza per soffrire del tumulto. Si muoveva ancora, sia pur penosamente, mentre le sue opere, scattanti come figlie che amiamo, ma che ci stancano con la loro impetuosa giovinezza e i loro svaghi chiassosi, trascinavano ai piedi del suo letto, giorno dopo giorno, nuovi ammiratori.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

David Richardson — Proust Ink

David Richardson, Bergotte

(La morte di Bergotte)