La morte del proprio io

Legato com’era a tutte le stagioni, perché io perdessi il ricordo di Albertine avrei dovuto dimenticarle tutte, a costo poi di ricominciare a conoscerle come un vecchio colpito da emiplegia che impara di nuovo a leggere; avrei dovuto rinunciare a tutto l’universo. Soltanto, mi dicevo, una vera morte di me stesso avrebbe potuto (se non fosse anch’essa impossibile) consolarmi della sua. Non pensavo che la morte del proprio io non è né impossibile, né straordinaria; anch’essa si consuma a nostra insaputa, se si vuole nostro malgrado, ogni giorno, e io avrei sofferto della ripetizione d’ogni sorta di giornate che non solo la natura, ma circostanze artificiose, un ordine più convenzionale introducono in una stagione.

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori