ALBERTINE NON È PIÙ

Dimisi ogni fierezza nei confronti di Albertine, le mandai un telegramma disperato chiedendole di tornare a qualsiasi condizione, che avrebbe fatto tutto quel che volesse, che chiedevo solo di baciarla un istante tre volte alla settimana prima che andasse a dormire. E se avesse detto: “Una volta soltanto”, avrei accettato una volta. Non tornò mai. Il mio telegramma era appena partito che ne ricevetti un altro. Era di Madame Bontemps. Il mondo non è stato creato una volta per tutte per ciascuno di noi. Nel corso della vita vi si aggiungono cose che non potevamo immaginare. Ah! non fu certo la soppressione della sofferenza a prodursi in me per effetto delle prime due righe del telegramma: MIO POVERO AMICO, LA NOSTRA PICCOLA ALBERTINE NON È PIÙ, PERDONATEMI SE VI DICO QUESTA COSA TERRIBILE, VOI CHE L’AMAVATE TANTO. È STATA GETTATA CONTRO UN ALBERO DAL SUO CAVALLO DURANTE UNA PASSEGGIATA. TUTTI I NOSTRI SFORZI NON SONO VALSI A RIANIMARLA. VORREI ESSER MORTA AL SUO POSTO!

No, non soppressione della sofferenza, ma una sofferenza ignota, sapere che non sarebbe tornata mai più. Ma non me l’ero detto tante volte che forse non sarebbe tornata? Me l’ero detto, in effetti, ma adesso m’accorgevo di non averlo creduto per un solo istante. Poiché avevo bisogno della sua presenza, dei suoi baci per sopportare il male che mi facevano i miei sospetti, avevo preso, dopo Balbec, l’abitudine di stare sempre con lei. Anche quando lei usciva, quando ero solo, continuavo a baciarla. Né avevo smesso da quando era in Touraine. Avevo molto meno bisogno della sua fedeltà che del suo ritorno. E se la mia ragione poteva, qualche volta, metterlo impunemente in dubbio, la mia immaginazione non cessava un solo istante di rappresentarmelo.

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori