Lo sguardo stizzito d’una vecchia che farnetica

Adesso, accorgendosi che non la capivamo più, la nonna rinunciava del tutto a parlare, e rimaneva immobile. Quando mi vedeva, aveva una specie di soprassalto, come uno che, di colpo, si senta mancare l’aria; cercava di parlarmi, ma non articolava che qualche suono inintelligibile. Allora, domata dalla sua stessa impotenza, lasciava ricadere la testa, s’adagiava supina sul letto, il volto grave, di marmo, le mani immobili sul lenzuolo, o intente a un’azione puramente materiale come quella d’asciugarsi le dita col fazzoletto. Non voleva pensare. In seguito, fu invasa da una continua agitazione, dal desiderio incessante d’alzarsi. Ma le si impediva, per quanto possibile, di farlo, per paura che si rendesse conto della sua paralisi. Un giorno che, per un istante, l’avevamo lasciata sola, la trovai in piedi, in camicia da notte, che tentava d’aprire la finestra. Quando, a Balbec, una vedova gettatasi in mare era stata tratta in salvo suo malgrado, la nonna (mossa, forse, da uno di quei presentimenti che leggiamo a volte nel mistero, per altro così oscuro, della nostra vita organica, ma nei quali sembra riflettersi l’avvenire) mi aveva detto di non conoscere crudeltà peggiore di quella di strappare alla morte, per restituirla al suo martirio, una disperata che ha voluto cercarla. Facemmo appena in tempo ad afferrare la nonna, che sostenne contro mia madre una lotta quasi brutale; poi, vinta, fatta sedere a forza su una poltrona, cessò di volere, di rimpiangere, il suo viso ridiventò impassibile, e si mise a togliere meticolosamente i peli lasciati sulla sua camicia da notte da un mantello di pelliccia che le avevamo gettato sulle spalle. Il suo sguardo cambiò completamente: spesso inquieto, lamentevole, scontroso, non era più il suo sguardo d’una volta, era lo sguardo stizzito d’una vecchia che farnetica.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Bergotte e le sue opere

Ma frattanto, e inversamente, l’insieme delle sue opere – conosciute solo dai letterati all’epoca in cui Madame Swann ne patrocinava i timidi sforzi di disseminazione, ora cresciute e forti agli occhi di tutti – aveva assunto presso il vasto pubblico uno straordinario potere espansivo. Succede, certo, che uno scrittore diventi celebre solo dopo la sua morte. Ma Bergotte era ancora in vita e, mentre stava percorrendo il suo lento e inconcluso cammino verso la morte, assisteva a quello delle sue opere verso la Fama. Un autore morto, almeno, non fa nessuna fatica a essere illustre. L’irraggiarsi del suo nome si ferma alla pietra della sua tomba. Nella sordità del sonno eterno, la Gloria non può importunarlo. Ma, per Bergotte, l’antitesi s’era costituita solo in parte. Egli insisteva ancora abbastanza per soffrire del tumulto. Si muoveva ancora, sia pur penosamente, mentre le sue opere, scattanti come figlie che amiamo, ma che ci stancano con la loro impetuosa giovinezza e i loro svaghi chiassosi, trascinavano ai piedi del suo letto, giorno dopo giorno, nuovi ammiratori.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

David Richardson — Proust Ink

David Richardson, Bergotte

(La morte di Bergotte)

Volgendo altrove gli occhi

La nonna, giù, aspettava sul divano del vestibolo, ma non appena ci sentì arrivare si raddrizzò, si mise in piedi, fece alla mamma allegri cenni con la mano. Le avevo avvolto parte della testa in una mantiglia di pizzo bianco, dicendole ch’era per proteggerla dal freddo delle scale. Speravo che mia madre non notasse troppo l’alterazione del viso, la deviazione della bocca; era una precauzione inutile: la mamma si avvicinò alla nonna, le baciò la mano come fosse la mano del suo Dio, la sostenne, la sollevò sino all’ascensore, con cautele infinite nelle quali al timore d’essere maldestra e di farle male s’accoppiava l’umiltà di chi si sente indegno di toccare quel che conosce di più prezioso; ma non alzò una sola volta gli occhi per guardarla in viso. Forse lo fece perché la nonna non si rattristasse pensando, con il suo aspetto, di turbare la figlia. Forse per paura d’un dolore troppo forte che non osò affrontare. Forse per rispetto, convinta che non le fosse lecito, senza empietà, contrastare la traccia d’un qualche indebolimento intellettuale nel volto venerato. Forse per serbare più intatta, dopo, l’immagine del vero volto di sua madre, splendente d’intelligenza e di bontà. Salirono, così, l’una accanto all’altra, la nonna seminascosta nella sua mantiglia, la mamma volgendo altrove gli occhi.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

La nonna materna di Marcel Proust

 Adéle Berncastel, nonna materna di Marcel Proust