La bellezza delle “nature morte”

Mi trattenevo volentieri a tavola, adesso, mentre sparecchiavano, e se non era un momento in cui potevano passare le fanciulle della piccola banda, il mio sguardo non si volgeva più soltanto dalla parte del mare. Da quando li avevo visti in certi acquarelli di Elstir, cercavo di rintracciare nella realtà, amavo come qualcosa di poetico, il gesto interrotto dei coltelli ancora di traverso, la gonfia rotondità d’un tovagliolo disfatto in cui il sole intercala un frammento di velluto giallo, il bicchiere mezzo vuoto che rivela meglio, così, la sua forma nobilmente svasata e, in fondo al vetro traslucido e simile a una condensazione del chiarore diurno, un avanzo di vino cupo ma scintillante, lo slittare dei volumi, il trasmutare dei liquidi per effetto della luce, l’alterarsi delle prugne che passano dal verde all’azzurro all’oro nella fruttiera ormai semispoglia, la passeggiata delle vecchie sedie che, a due a due, vanno a sistemarsi attorno alla tovaglia, stesa sul tavolo come su un altare dove si celebrino le solennità della buona cucina, e sulla quale, in fondo alle ostriche, qualche goccia d’acqua lustrale indugia come in piccole acquasantiere di pietra; tentavo di cogliere la bellezza là dove non avevo mai sospettato che si trovasse, nelle cose più usuali, nella vita profonda delle “nature morte”.

M. Proust, Nomi di paesi: il paese

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

ODSAN Cesto di prugne, Bottiglia, Vetro di acqua e cetrioli, da Jean-Baptiste-Simeon Chardin – Senza Cornice, Stampe su tela, 28" by 25" : Amazon.it: Casa e cucina

Jean Siméon Chardin, Cesto di prugne, bottiglia e bicchiere d’acqua mezzi pieni, e due cetrioli. Chardin fu uno dei pittori amati da Proust.

Tutto ciò vi sembra ora bello da vedere perché a Chardin apparve bello da dipingere. E gli sembrò tale perché lo giudicava bello da vedere.
Il piacere che vi dà la sua raffigurazione pittorica d’una stanza in cui si lavori, d’una cucina, di una credenza è, colto al suo passaggio, affrancato dall’istante, approfondito, eternato.
Seguitemi ora sino alla cucina, il cui ingresso è severamente guardato dalla tribù dei recipienti di ogni grandezza, servi abili e fedeli, razza laboriosa e bella. Sulla tavola, i coltelli attivi, che vanno dritti al loro scopo, riposano in un ozio minaccioso e inoffensivo. Ma, sopra di voi, pende dalla parete un mostro strano ancora fresco come il mare in cui ondeggiò, una razza, la cui vista mescola, al desiderio della ghiottoneria, il fascino singolare della bonaccia o dei fortunali di cui fu la formidabile testimone. Essa è sparata; e voi potete ammirare la bellezza della sua architettura delicata e grandiosa, colorata di sangue rosso, di nervature turchine e di muscoli bianchi, come la navata d’una cattedrale policroma. Accanto a essa, nell’abbandono della loro morte, dei pesci giacciono bocconi, con gli occhi sporgenti dalle orbite, piegati in una contorsione rigida e disperata.
Poi, ostriche e un gatto che muove con una fretta lenta il velluto delle sue zampe sulle ostriche, palesando a un tempo la prudenza del suo carattere, la cupidigia del suo palato e la temerità del suo tentativo. L’occhio, cui piace giocare con gli altri sensi e ricostituire, con l’aiuto di alcuni colori, più che tutto un passato, tutto un avvenire, sente già la frescura delle ostriche che stanno per bagnare le zampe del gatto; e già si avverte, nel momento in cui l’ammasso precario delle fragili madreperle rovinerà sotto il peso dell’animale, il lieve stridore del loro fendersi e il tuono della loro caduta.

Marcel Proust, Pittori – Traduzione di  Paolo Serini

Proust e la pittura italiana